Omicidio di Rosolina, il dna del romano anche nell’auto del delitto di Pian D’Alma
Nella Lancia Ypsilon al centro dell’indagine sull’uccisione di Mercy Igbinova trovato il materia genetico della stessa persona che perseguitava Elisea Marcon uccisa 27 anni con la figlia Cristina De Carlo

Mercy Igbinova era una prostituta nigeriana di 25 anni. Il suo cadavere è stato ritrovato ai margini della pineta di Pian d’Alma, in provincia di Grosseto, il 25 aprile del 2003. Ad oggi il suo assassino è ancora senza nome.
Il dna nel mozzicone di sigaretta
Il dna rinvenuto in un mozzicone di sigaretta esaminato nell’ambito delle indagini sull’omicidio di Pian D’Alma, collega il delitto del 2003 con quello di Rosolina, avvenuto la notte del 29 giugno 1998 quando Elisea Marcon e la figlia Cristina De Carli vennero uccise a sprangate mentre dormivano nella stanza nel retro del loro chiosco sulla spiaggia polesana.
Il dna repertato sul mozzicone di una sigaretta all’intero di una Ypsilon 10 ricollegata al delitto Igbinova appartiene al misterioso «romano», come lo chiamava la Marcon, che nei giorni precedenti il delitto aveva minacciato madre e figlia proprietarie del chiosco Ai Casoni. «Questi prima o poi mi faranno chiudere» avrebbe detto la Marcon ad una testimone dopo l’ennesima visita ricevuta da questo personaggio sinistro che avanzava continue richieste economiche.
Una fedina penale da record
Una fedina penale da record (si parla di una settantina di precedenti penali), un passato dentro e fuori dalla galera - da cui è anche evaso - e legami consolidati con ambienti malavitosi della Capitale. Il romano, come era noto a chi frequentava il chiosco delle due donne di Paese, è un nome conosciuto alla procura di Rovigo che tuttavia non l’ha mai formalmente indagato. Eppure questo personaggio era a Rosolina nei giorni precedenti l’uccisione di Cristina e Elisea e per la sera del delitto non ha un alibi.
Lo confermano i testimoni sentiti all’epoca dei fatti. La mattina del 29 giugno fu la cameriera a trovare i corpi delle due donne massacrati sul letto. Lo stesso giorno la polizia, su richiesta degli investigatori che lavoravano sulla scena del crimine, fermò l’uomo a Roma al volante di una Ypsilon 10 a bordo della quale venne trovata della valuta ceca.
Ai poliziotti riferì di aver trascorso la notte precedente in un locale dove era un habitué, i cui gestori tuttavia non confermarono mai di averlo visto. Nessuno si prodigò di fare approfondimenti. Cinque anni dopo il suo nome spunta fuori durante l’indagine sull’omicidio di Mercy Igbinova, ma ancora una volta, il romano non viene iscritto sul registro degli indagati.
Tutte le strade portano a Roma
A 27 anni dall’omicidio dei Casoni gli indizi raccolti nel corposo fascicolo in mano alla procura di Rovigo riportano ancora una volta a Roma. Prima di raggiungere Rosolina, Karel Dusek, attualmente unico imputato per il duplice omicidio, si trovava nella capitale. L’ex lavapiatti del chiosco, originario della Repubblica Ceca e ora irreperibile, aveva lasciato Roma per lavorare - e già questo è insolito - in uno dei luoghi più isolati del litorale veneto. Ad un romano appartiene anche il dna di un soggetto tutt’ora ignoto che ricollega quello dei Casoni al delitto di Patrizia Silvestri, ammazzata e decapitata dall’ex consorte, Gaetano Tripodi che per l’omicidio fu condannato all’ergastolo.
Durante le indagini nel camion del Tripodi venne ritrovata una maglietta con piccole tracce ematiche. Il sangue apparteneva ad un uomo, di Roma, il cui dna è stato trovato sull’orlo di un bicchiere repertato sulla scena dell’omicidio di Rosolina. —
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