Una scia di terrore lungo il Nordest: esce il libro sui serial killer di casa nostra

Il quinto e ultimo volume della collana True Crime dedicato agli assassini seriali: da Profeta a Succo, da Bergamo a Stevanin. Più una donna e le incognite sul mostro di Udine

Paolo CagnanPaolo Cagnan

Lasciamo perdere il raptus omicida, in premessa: è un luogo comune giornalistico, ma per la scienza semplicemente non esiste. Così come andrebbe ridiscusso il «modello bipolare» dottor Jeckyll e Mr Hyde, uno schema autoassolutorio che si ripete frequentemente, ma che in rari casi è davvero fondato. Sì, insomma, “non sono stato io ma un qualcosa dentro di me” rende più digeribile l’orrore di cui ci si è resi protagonisti. Un po’ come quel “non ricordo” che, quasi sempre, accompagna le audizioni dei pluriomicidi quando si tratta di descrivere i loro crimini.

Ecco: di serial killer parliamo. Mica marziani, no: nostri vicini di casa, il più delle volte. Non sono dei matti; semplicemente, sono uomini che hanno scelto il male.

Così scrivevano ancora nel febbraio 1996 Gianluigi Ponti e Ugo Fornari, tra i più celebri psichiatri forensi d’Italia, nel loro libro “Il fascino del male” in cui analizzavano tre serial killer: Marco Bergamo, Luigi Chiatti e Giancarlo Giudice, rispettivamente “il mostro” di Bolzano, quello di Foligno e quello di Torino.

I casi raccontati nel quinto e ultimo volume della nostra collana «True Crime a Nordest», in edicola dal 15 novembre al prezzo di 8,90 euro, sono molto diversi tra loro. E forse è peggio così, perché le plurime diramazioni del male non ci rassicurano affatto.

Alla fine del secolo scorso, un denominatore comune era facilmente riconducibile alla predazione sessuale: il mondo della prostituzione, di strada ma non solo, era molto esposto al rischio di aggressioni. Ma se ci seguirete, in questo percorso pieno di tenebre, troverete un caleidoscopio davvero inquietante.

Il fascino del male

Michele Profeta
Michele Profeta

C’è Ferdinand Gamper, l’uomo bastonato dalla vita che sembra ammazzare a caso e solo con l’epilogo si scoprirà che i suoi deliri etnici nascondevano una solitudine devastante; Roberto Succo, lui sì uno schizofrenico paranoide, che si suicida in carcere perché “gli uccelli in gabbia muoiono e io sono come un uccello”; Michele Profeta, l’uomo qualunque che si trasforma in spietato assassino di vittime scelte a caso, in una improbabile sfida estorsiva allo Stato, roba da B-Movie. C’è una donna, raro rarissimo caso, che da vittima si fa carnefice in una parabola criminale che fa davvero impressione.

E poi, i killer di prostitute: Bergamo, Spinetti, Stevanin. Cercano e trovano bersagli facili, certo. Ma con storie di vita molto diverse: il solitario che odia le donne, il fallito che nelle sue vittime vede il riflesso di sé stesso, il maniaco narcisista. Ma ci sono anche i serial killer inafferrabili, dal mostro di Udine al killer degli omosessuali di Trento, e chissà se a colpire sia stata davvero una unica mano. Se poi due pluriassassini non fanno una setta, certo fanno un incubo lungo molti anni: Abel e Furlan, con la scia di sangue e terrore marchiata Ludwig.

E le indagini?

“Se trovi il primo delitto, con ampia probabilità troverai anche lui”. Lui, inteso come serial killer. Me lo disse, svariati anni fa, un investigatore di peso che lavorava alla Uacv: l’Unità d’analisi del crimine violento, una sezione speciale istituita dalla polizia di Stato nata nel 1994 da una intuizione di Gianni De Gennaro, allora direttore della Direzione centrale della polizia criminale.

Come li hanno scovati

Gianfranco Stevanin ascolta la lettura della sentenza a Verona il 28 gennaio 1998
Gianfranco Stevanin, con vicino i suoi avvocati, ascolta la lettura della sentenza a Verona il 28 gennaio 1998 D-DAY / ANSA

In questo volume ci concentriamo su due aspetti che fanno parte della narrazione comune attorno ai pluriomicidi: la loro storia di vita, ossia “perché sono diventati così”, e la loro cattura, ossia “come li hanno scovati”. Il più delle volte manca un rapporto diretto tra vittime e assassino. Tranne, in genere, per il primo delitto. Appunto.

Capita anche che il movente primario (in genere sessuale) si riveli secondario, rispetto all’insorgere di altre motivazioni: dalla vendetta al bisogno economico, senza considerare i moventi patologici che la nostra psichiatria forense – e gli stessi pronunciamenti dei giudici – tendono a riconoscere molto raramente, a livello di “incapacità di intendere e di volere al momento del fatto”. Per questo, e non certo per mancanza di rispetto, qui tenderemo a raccontare più i predatori che le prede.

Il controllo sulla vittima: questo sì, è un altro elemento ricorrente. Come lo è la sfida lanciata agli investigatori. Più che un “non mi prenderete mai” sembra quasi un “sarò io a decidere quando e come smetterla”.

Ramon Berloso, nel momento dell'arresto
Ramon Berloso, nel momento dell'arresto

Le carte da gioco di Profeta, le ammissioni a puntate di Stevanin, quel 99 percento di Bergamo (come risposta alla domanda “sei sicuro di non averne uccise altre?”) etc. Abbiamo imparato dalla cinematografia americana che è spesso difficile collegare i singoli delitti, luoghi diversi e tempi diversi. Certo, lì c’è un territorio vastissimo, ci sono gli investigatori del posto, quelli delle Scienze comportamentali FBI arrivano sempre dopo, a dimostrare l’inefficienza di chi indaga nelle sterminate periferie. E poi c’è, non sempre ma spesso, il cosiddetto cooling off period, un lasso di tempo più o meno lungo di inattività criminale: una importante forbice temporale tra un delitto e l’altro, un ulteriore elemento di difficoltà. Il periodo di latenza può avere svariate interpretazione, ma a volte non ne ha alcuna.

Mettiamola così: dopo, sembra tutto così dannatamente chiaro che ti chiedi come non sia stato possibile arrivarci prima, molto prima.

Ma tutto questo accade, appunto, dopo.

I capitoli

Roberto Succo, la sua storia è diventata anche un film
  • Il primo delitto – Prefazione di Paolo Cagnan
  • Professione: killer – Anna Sandri
  • Ludwig, il fuoco che purifica – Francesco Furlan
  • I quattro re – Cristina Genesin
  • Il Mostro di Udine – Elena Commessatti
  • Milena, da vittima a carnefice – Cristina Genesin
  • L’uomo che odia le donne – Paolo Cagnan
  • Il killer della balestra – Luana de Francisco
  • Roulette rosso sangue – Elia Cavarzan
  • «Siete arrivati tardi» – Paolo Cagnan
  • Il mostro di Terrazzo – Laura Berlinghieri
  • Il killer degli omosessuali – Luigi Sardi

Il piano della collana

Sessantacinque episodi, trentasei tra autrici e autori, cinque volumi: sono i numeri della collana «True Crime a Nordest», edita da Nord Est Multimedia (NEM) in sinergia con Editoriale Programma. Un’imponente antologia di fatti di cronaca nera che spazia dal Veneto al Friuli Venezia Giulia sino al Trentino-Alto Adige, ripercorrendo una serie di storie che si sono fissate nella memoria collettiva.

I cinque volumi sono in edicola anche se il primo è già quasi introvabile. Ogni episodio contiene una scheda riassuntiva e un virgolettato che riattualizza la vicenda, si tratti di un vecchio investigatore o di un parente della vittima. È, questa, un’opera antologica forte delle memorie, delle competenze, delle esperienze dei cronisti che nel corso degli anni e dei decenni hanno scritto sui nostri giornali.

Il primo dei cinque volumi, arricchito dalla prefazione del magistrato Bruno Cherchi, consulente della commissione antimafia, racconta i cosiddetti grandi delitti. Non esistono delitti “piccoli”, beninteso: ogni omicidio è sangue, lutto, sopraffazione, perdita. Ma queste sono storie che si sono sedimentate nella nostra memoria: per come sono accadute, per quando sono accadute. Per le emozioni che hanno suscitato: orrore talvolta, oppure sgomento, pena, immedesimazione.

Seguono poi due volumi interamente dedicati ai delitti insoluti, messi a segno perlopiù in epoche in cui le scienze investigative e la genetica forense erano molto meno avanzate di quanto lo siano ora.

Il quarto volume della collana si intitola Fantasmi e a sostenere il progetto c’è Gildo Claps, presidente fondatore dell’associazione Penelope, che dal 2002 supporta i famigliari delle persone comparse. Qui, però, ci sono anche le storie di delitti senza il cadavere.

Il quinto volume si concentra sui serial killer. Alcuni sono tristemente noti; altri invece non hanno goduto della luce dei riflettori alla quale probabilmente aspiravano. E c’è anche una donna, caso più unico che raro.

Ci sono storie che si sedimentano nella nostra memoria, per molti motivi diversi. Altre che vanno raccontate a chi non c’era. Attraverso la lente deformata del crimine possiamo, forse, capire qualcosa di più su ciò che siamo

I volumi sono in edicola al prezzo di 8,90 euro più il quotidiano di riferimento: Corriere delle Alpi, il mattino di Padova, Il Piccolo, la Nuova di Venezia e Mestre, la tribuna di Treviso e Messaggero Veneto, più la testata digitale ilNordEst.

Per recuperare i volumi già usciti: truecrime@grupponem.it

 

 

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