Garofano: «La vertebra di Lilly? Il tecnico dell’autopsia andava ascoltato»

Il generale a Trieste True Crime parla del caso Resinovich: «Utile una perizia medico legale». Lo scrittore De Cataldo: «C’è overdose da cronaca nera»

Laura Tonero
(foto Francesco Bruni)
(foto Francesco Bruni)

«Assistiamo a un’overdose di cronaca nera, un uso strumentale del crimine». Queste parole dello scrittore Giancarlo De Cataldo hanno fatto da preludio all’intervento del generale, ex comandante del Ris di Parma, Luciano Garofano.

Un passaggio di testimone, il loro, sul palco di Trieste True Crime che nella sala Luttazzi ha catalizzato centinaia di persone anche nella seconda giornata dell’evento, del quale il gruppo Nem con Il Piccolo è media partner.

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Garofano negli ultimi anni è stato indirettamente protagonista del caso che più arrovella le menti dei triestini, ovvero quello di Liliana Resinovich, nella veste di consulente del marito della donna, Sebastiano Visintin, unico indagato per la morte della moglie e presente in sala.

Il generale, che aveva assunto la consulenza nel luglio del 2023, ha rinunciato all’incarico poco più di un mese fa, quando era finito nel tritacarne mediatico per il caso di Garlasco. «Avevo bisogno di respiro – così Garofano a margine dell’evento – e per il caso Resinovich mi sarei dovuto muovere tra Ancona e Trieste per analisi che, tra l’altro, non condivido».

Il riferimento è a quelle di tipo genetico disposte in incidente probatorio dal gip Flavia Mangiante. «Con tutto il rispetto che posso avere per l’autorità giudiziaria – sottolinea – ritengo che tutte quelle analisi costosissime su coltelli, oppure su abiti e sacchi già analizzati, non contribuiscano a stabilire cosa è accaduto, mentre mi piacerebbe pensare a una perizia medico legale, perché ritengo inconcepibile che nelle mani della Procura ci siano due consulenze antitetiche».

Ovvero quella firmata da Fulvio Costantinides e Fabio Cavalli, che racconta di un gesto estremo della donna e di mancata azione di terzi, e quella invece del team guidato da Cristina Cattaneo che conclude per l’omicidio.

Garofano si spinge oltre, ammettendo senza riserve di trovare plausibile quanto affermato dal tecnico della sala autoptica, ovvero che sia stato lui in sede di autopsia a provocare la lesione sulla vertebra di Liliana. «Non ho dubbi su quello che ha affermato il tecnico, perché può accadere – sostiene Garofano – e mi aspettavo che la Procura lo sentisse, per capire cosa possa essere successo».

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Proprio per «dirimere anche questo aspetto, mi auguro venga disposta una perizia, perché quella vertebra ha fatto la differenza, visto che Cattaneo in funzione di quella lesione si è convinta che anche tutte le altre lesioni siano riconducibili a un’aggressione, mentre Costantinides ne aveva dato una lettura diversa».

Garofano nel contesto del Trieste True Crime, dialogando con Alessandro Politi, tornando a fare riferimento alle vicende del caso Garlasco che l’hanno suo malgrado coinvolto, ha constatato come «in vent’anni si è passati da un modo di riferire fatti reali ad un chiacchiericcio, a suggestioni basate sul nulla». E poi c’è «la potenza dei social, che alimentano scelte dell’informazione che tendono a soddisfare i pruriti della gente. Un sistema che ha sconvolto l’informazione».

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Francesco Sidoti e Roberta Bruzzone. foto di Massimo Silvano

De Cataldo, ex magistrato, scrittore – “Romanzo Criminale” e “Suburra” solo per citare due delle sue creature – sceneggiatore e drammaturgo, ha riservato alcuni passaggi del suo intervento (accanto a lui c’era la docente di Letteratura Sergia Adamo) a un’analisi sull’uso che oggi viene fatto della cronaca nera. «Una ricerca dell’Università di Pavia di venti anni fa – così lo scrittore – già allora diceva che l’Italia ha la più alta percentuale di cronaca criminale di tutti i Paesi occidentali, mettendo questo dato in relazione anche ad un uso politico delle cronache criminali».

E aggiunge: «In questo momento, ad esempio, quello che io definirei l’abuso del caso Garlasco, dipende a mio avviso dal fatto che a breve ci sarà il referendum sulla separazione delle carriere e quindi fa gioco raccontare, a volte basandosi sul nulla, che in Italia la giustizia non funziona, fa schifo, che i magistrati commettono errori. Per questo dico che c’è un uso strumentale di true crime, del quale non sono partecipe e me ne chiamo fuori».

Ci sono casi di cronaca nera, anche attuali, che potrebbero ispirare un nuovo romanzo di De Cataldo? «Lo confesso, in questo momento ho difficoltà, perché è come quando uno entra in una pasticceria. Io amo il cioccolato, e se mi metto a mangiare quattro, cinque cioccolatini, arrivato al sesto cioccolato diverso mi devono ricoverare, e poi rischierei di non mettere mai più piede in una pasticceria».

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