Museo Fortuny a Venezia, mezzo secolo di meraviglia
Il palazzo recuperato, i giochi di luce, le invenzioni, l’atelier e il laboratorio tessile. Il sogno di Mariano Fortuny y Madrazo è più vivo che mai. La conservatrice: «Un archivio che si fa enciclopedia d’arte»

Il pittore Paul Klee sosteneva che l’arte non si limita a riprodurre ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è. Lo sguardo del genio creativo si manifesta anche nella capacità d’intravedere la bellezza nell’ordinario e darle nuova vita. E Mariano Fortuny y Madrazo ha saputo recuperare questo «segreto del mestiere», come scriveva Marcel Proust.
Era il 1898
Nel 1898, quando per la prima volta varca la soglia la soglia di Palazzo Pesaro degli Orfei, non si lascia scoraggiare dalla decadenza dell’edificio veneziano. Libera gli appartamenti, abbatte tramezzi e sovrastrutture, restituisce armonia all’insieme. All’affaccio su Canal Grande, preferisce la dimensione appartata di Campo San Beneto.
Proprio come a Parigi, dove amava osservare il teatro da dietro le quinte, più affascinato dai meccanismi scenici che dallo spettacolo. La costruzione del suo rifugio scintillante inizia tra le pareti del silenzioso studio nel sottotetto. Nel saper guardare oltre, tutto può diventare ispirazione. Un foglio di carta illuminato dal sole che riflette sul soffitto è scintilla per la creazione della sua “Cupola”.
Insoddisfatto dall’illuminazione diretta e artificiale dell’epoca, Mariano costruisce un dispositivo scenico in ferro e tela per riprodurre il naturale effetto colto dall’occhio umano.

L’osservazione della statuaria classica, invece, è spunto per liberare il corpo femminile dalle rigidità imposte da corsetti e cinture strette. Il suo abito plissettato “Delphos” non ha taglia e può essere adattato su qualsiasi corpo femminile, proprio come una sottoveste. E mentre Mariano continua a creare nello studio, al piano inferiore assieme alla musa, compagna di vita e co-artefice della grande impresa creativa dell’atelier Henriette Nigrin, installa un piccolo laboratorio tessile.
La fabbrica delle meraviglie
Dopo pochi anni, Palazzo Pesaro degli Orfei si trasforma in una fabbrica delle meraviglie, ben lontana dall’accezione produttiva e molto più vicina all’idea di spazio creativo. E dietro le mura sulle quali campeggia il cartello “Il Maestro lavora”, la creatività prende forma e inizia a diffondersi nei teatri, nei salotti, nelle strade.
Solo nel 1975 il palazzo svela i suoi segreti e apre le porte al pubblico come Museo Fortuny.

Mezzo secolo di vita
Quest’anno il “cabinet d’amateur” festeggia mezzo secolo di meraviglia condivisa, svelando per tre mesi nuovi frammenti nascosti. Al primo piano nobile, si celebra l’universo tessile e del teatro con l’album Théatre Lumière, la seta parietale di 5 metri per 4 stampata con motivi orientali, la veste color pesca con decorazioni vegetali di derivazione copta e l’abito con motivi ripresi da un damasco francese settecentesco realizzato con l’uso di ben sette matrici, assieme a decine di disegni preparatori, progetti di macchine per la stampa su tessuto, campionari e registri di vendita.
Al secondo, la biblioteca accoglie fra volumi e ritagli antichi l’album dei Capricci di Goya, le incisioni di Rembrandt, Tiepolo e due vedute di Canaletto recentemente restaurate.

Tra gli oggetti più curiosi, un erbario degli anni Venti, un brevetto per un sistema di propulsione navale ispirato al movimento di un’anguilla ed una steno coreografia di un balletto del tutto inedita. Ai festeggiamenti si uniscono anche gli amici storici dei Fortuny con le incisioni di Gennaro Favai e Cesare Laurenti e le lettere scambiate con Gabriele d’Annunzio.
Il 10 giugno pomeriggio, il terzo piano ha offerto al pubblico un’immersione nella cinematografia con pellicole di edizione in formato Pathé Baby, tornate alla luce grazie al riversamento digitale eseguito dal laboratorio La Camera Ottica dell’Università di Udine e da Ri-prese, spin-off dell’Università Iuav. Studi botanici, faunistici, architettonici, etnografici si alternano a viaggi esotici, ai volti dell’attrice Sarah Bernhardt e della danzatrice Loie Fuller e alle avventure del gatto Felix, prima star mondiale del cinema di animazione.
Un’enciclopedia vivente
«Un archivio ricchissimo che si fa enciclopedia vivente delle arti applicate di tutto il mondo», sottolinea la conservatrice del museo Cristina Da Roit, «e racconta il modus operandi di un artista che ha saputo sintetizzare molteplici influenze di culture e tradizioni lontane in un linguaggio fuori dal tempo».
I festeggiamenti proseguiranno fino all’inverno con il doppio ciclo di conferenze “Segno, traccia e archetipo nell’opera di Mariano e Henriette Fortuny” distribuite in otto martedì dal 21 ottobre e in altri otto dal 3 febbraio. —
Riproduzione riservata © il Nord Est








