La pausa estiva di Lillo in Friuli: «Con il rock sono rinato. Ora porto la musica in carcere con una commedia»
Il comico in regione per presentare Tutta colpa del rock. «Il mio personaggio è vanesio e bugiardo, ma in fondo siamo tutti un po’ così. La musica può salvare»

Lillo si sta ossigenando a Valbruna: «Non sono un abitudinario, però da tre anni salgo quassù. Affitto una baita con una specie di nulla attorno e mi godo queste montagne». Il cammino con il nuovo film sulle spalle sue e su quelle dei compagni di ciak sta per iniziare e il training friulano è un toccasana per contrastare le intemperie del tour. Già. Il 28 agosto i grandi schermi italiani ospiteranno “Tutta colpa del rock”, comedy firmata da Andrea Jublin con Lillo protagonista.
Nel cast, fra gli altri, Maurizio Lastrico, Elio, Valerio Aprea, Naska e Carolina Crescentini. L’imperdibile anteprima con Lillo in platea sarà per stasera, alle 21, a cura di Cinemazero, nell’Arena Largo San Giorgio di Pordenone. E domani – organizza il Visionario – si replica alle 21.15 nei giardini Loris Fortuna di piazza Primo Maggio a Udine.
Una pellicola di fresca stampa che omaggia il potere salvifico della musica. Le va di accompagnarci in un breve giro di ricognizione?
«Volentieri. Il sound è l’architrave della pellicola, ma ce ne sono altri di muri portanti. L’umanità allo sbando è più di una percezione. Siamo in un carcere, luogo difficile da affrontare e da vivere. Non dimentichiamoci la matrice comica dell’opera utile ad affrontare meglio i temi seri. Bruno, ex chitarrista rock, è arrestato al termine di una sequenza di errori. Lui è un bugiardo, un egoista e un vanesio nonché un padre assente».
In quale dei difetti del suo uomo si riconosce?
«In tutti. Ognuno di noi è un po’ bugiardo, egoista e vanesio non crede? Ciò che risalta è la determinazione di Bruno a uscire da lì, cercando di mettere assieme una band. Una rock star avrebbe voluto essere il nostro Bruno, altroché un galeotto. E proprio per questa smania di gloria che si è perso la famiglia. Morale: rincorriamo i sogni, va bene, senza per questo scordarci del resto».
D’altronde la musica santificò pure la sua di carriera.
«C’inventammo il gruppo “Latte & I Suoi Derivati”, un misto mare di rock e di teatro. Cominciai proprio da quelle schitarrate divertenti».
Quale passepartout usa per entrare nella testa e nel cuore degli alter ego dentro i quali s’infila ogni giorno?
«Mi ascolto in profondità. E sempre riesco a trovare un qualcosa di utile per diventare qualcun altro. In verità, come le dicevo prima, siamo tutti più o meno uguali. Pure quelli finti si assomigliano: in fondo si credono veri. Di sicuro – penso mentre leggo il copione – un qualcosa di quello lì in qualche parte di me la trovo. Ormai è una certezza».
Si è mai ritrovato in carcere a fare spettacoli?
«Quattro volte. Ai tempi del gruppo. E ciò mi ha aiutato a ricostruire alcune scene del film. L’ambientazione estrema è capace di regalarci le più belle storie».
Lillo è cinema, televisione, radio e teatro. C’è una dimensione di queste nella quale si sente più libero?
«In ognuna ho cercato d’individuare la corretta chiave di lettura. Amo il cinema da morire. La radio è meravigliosa. Pensi soltanto a una gag in tv dove intervisto, che ne so, un alieno. Intanto la sorpresa visiva è già bruciata appena l’extraterrestre compare. Alla radio, invece, l’immaginazione è perfetta affinché il radioascoltatore crei il suo mondo preferito. Sono oltre vent’anni che parlo a un microfono in una stanza ovattata. Ho imparato a conoscerla».
“610” è un raccoglitore interminabile di scenette divertentissime. Fra lei e Greg chi è che scrive di più?
«Entrambi. Poi ci confrontiamo, discutiamo, inventiamo. Siamo una coppia aperta e libera. Se c’è la possibilità di deviare su una strada per soltanto uno di noi, non esiste dramma. Altrimenti non staremmo ancora insieme».
Mi permetto di dare una definizione alla vostra comicità: universale? Che ne dice?
«Dico grazie. Alcuni ci accusano ingiustamente di essere artisti di nicchia».
So’ Lillo! E Posaman. Due dei cardini di “Lol”, format che in Italia ha fatto il botto.
«Il classico family per i nonni, i figli, i nipoti, le suocere, i generi, le nuore. Chiunque trova in quella confusione di ruoli una sana distrazione in una risata. In fondo il nostro compito è chiaro: far star bene la gente».
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