Il Cinquecento di Bonato, dal Campiello Giovani al liceo: «Mi appassiona la storia»

Giacomo vive ad Arquà e ha 17 anni: «Non pensavo di vincere, adesso sono diventato un lettore più attento. A scuola ci danno testi impegnativi, e la nostra professoressa ci guida bene. Leggo soprattutto storia e filosofia, e cerco di farlo con cura»

Nicolò Menniti Ippolito
Giacomo Bonato, il diciassettenne di Arquà Petrarca, studente al Liceo Scientifico di Conselve
Giacomo Bonato, il diciassettenne di Arquà Petrarca, studente al Liceo Scientifico di Conselve

Quando, più di trenta anni fa, è nato il Campiello Giovani, riservato ai racconti scritti dagli studenti dai 15 ai 21 anni, pochi avrebbero pronosticato un successo come quello è invece arrivato. Molti partecipanti da tutta Italia, alcuni diventati poi anche veri scrittori da adulti, ma soprattutto una grande serietà tanto nella partecipazione quanto nella selezione da parte delle giurie, fino alla scelta del vincitore assoluto da parte degli stessi giurati che selezionano le opere del premio maggiore.

In questi giorni è partita la 31ª edizione del Campiello Giovani che terminerà a settembre, ma ha come prima data di riferimento il 15 gennaio 2026, quando bisognerà inviare il racconto partecipante. Ed intanto sono cominciati gli incontri nelle scuole con i protagonisti delle precedenti edizioni per promuovere la partecipazione. Ragazzi come tanti, che trasmettono però un’idea della loro generazione diversa da quella mediatica.

Fra questi Giacomo Bonato, il diciassettenne di Arquà Petrarca, studente al Liceo Scientifico di Conselve, che ha vinto lo scorso anno con "Verso Oriente", storia veneziana del '500.

Come è nata l’idea di partecipare al Campiello?

«Tutto è iniziato grazie alla nostra professoressa di italiano. Non ci ha proposto il concorso come una gara, ma come un’occasione per sperimentare la scrittura in modo più ampio. Durante una lezione di storia, poi, il nostro professore ci ha assegnato un compito: scrivere un racconto di microstoria dal punto di vista di un personaggio del Cinquecento. Da lì è nata l’idea. Scrivendo quel compito, ho capito che avevo qualcosa da dire. Il racconto è cresciuto lentamente, senza pormi l’obiettivo del concorso, ma con la voglia di mettermi alla prova».

Cosa ti ha lasciato questa esperienza?

«Partecipare è stato un esercizio di pensiero critico. Leggere i racconti degli altri finalisti mi ha fatto riflettere sui diversi stili e approcci alla scrittura. È stato stimolante, sia come autore che come lettore. Inoltre, il concorso offre un ambiente sicuro, dove sai che il tuo testo verrà valorizzato e non usato in modo improprio. È un’occasione per confrontarsi, crescere e capire meglio il mondo della scrittura».

Perché hai scelto un racconto storico?

«La storia mi affascina, non tanto per le date o i fatti, ma per il modo in cui ci permette di osservare la realtà con uno sguardo critico e, a volte, ironico. Da piccolo guardavo Alberto Angela e ascoltavo Barbero. Tutto ciò che racconto è verificato storiograficamente. Il protagonista, Piero Zorzi, è inventato, ma il contesto è autentico. Ho consultato testi di Barbero, Cardini, Braudel. Il lavoro di carattere storico è stato il più lungo. Non mi interessava tanto la battaglia di Lepanto in sé, quanto il suo significato. C'è stata presentata come uno scontro di civiltà e ancora oggi in quelle medesime aree o vicine, parliamo di scontri di civiltà, di scontri di religione. Quindi l'intento era quello di dire: bene, cose di questo tipo sono in parte già accadute nel passato, cosa posso ricavare per me come cittadino per capire meglio la realtà intorno a me?»

Scrivere ha cambiato il tuo modo di leggere?

«Sono diventato un lettore più attento, per esempio alla punteggiatura. Mi ha colpito molto l’uso del punto e virgola nei testi degli altri finalisti. Prima lo usavo solo negli elenchi, ora lo vedo come una sfumatura preziosa tra il punto e la virgola. È un modo per prendersi il tempo necessario, scegliere la parola giusta. Ora leggo anche Dante con più consapevolezza. È diventato un esercizio di pensiero critico anche quello».

Chi partecipa al Campiello immagina un futuro da scrittore?

«Ho scritto il racconto per soddisfazione personale, non mi aspettavo di arrivare in finale. Ora ho una quinta superiore da completare. Il Campiello è stato un’opportunità per capire meglio il mondo dell’editoria. È un’occasione per orientarsi, per chi vuole scrivere narrativa o usare la scrittura in altri modi. Quello che ho percepito da parte di tutti i partecipanti è il desiderio di apprendere dagli altri, di valorizzare la creatività dei compagni».

Sei un grande lettore?

«Non leggo moltissimi libri all’anno, ma quelli che leggo li affronto con attenzione. A scuola ci danno testi impegnativi, e la nostra professoressa ci guida bene. Leggo soprattutto storia e filosofia, e cerco di farlo con cura». 

Riproduzione riservata © il Nord Est