“Qui e Ora” ferma il tempo: tuffo nel contemporaneo a Padova da Kounellis a Sassolino

Le opere della fondazione Peruzzo insieme ad Agiverona: Sant’Agnese si trasforma: dialoghi inediti e spirituali. Peruzzo: «Ogni opera rappresenta un modo di vivere un dato momento»

Camilla Gargioni

Una fascetta giallo fluo sfida le leggi della fisica, un classico di Arcangelo Sassolino, stringendo la ruota di un’auto. Di fianco, l’uovo di Jannis Kounellis è in equilibrio su una parete di ferro. La sintesi? Sta in Giuseppe Santomaso, un’astrazione nera su sfondo sabbia. Ma i confronti e le intersezioni tra le opere non finiscono qui, anzi. La mostra “Qui e Ora. Due collezioni nello spirito del tempo” della fondazione Alberto Peruzzo, nello spazio Sant’Agnese in via Dante a Padova mette in dialogo una ventina di opere della fondazione Peruzzo con sette provenienti dalla collezione Agiverona di Anna e Giorgio Fasol.

Nella navata centrale, gli archi di luce di Giovanni Ozzola (Torii - Questo è per te, 2006) sono il preludio ai sette pianoforti Abcdefg di Jacopo Mazzonelli (2017). Una melodia muta, che porta dritti in una struttura metallica, una sorta di altare costellato di candele votive. È Wishing Arena di Nari Ward (2013), che gioca con cesti di plastica, legno e lattine per creare un senso di spiritualità inedito. Alle spalle, scorre sul muro bianco un video lungo 23 ore.

O meglio, scorre un tempo performativo, secondo Ivan Moudov. Se l’impatto della navata è di pura contemporaneità, passando nel l’ex sacrestia il confronto temporale si dilata. «È una mostra legata alla spiritualità», spiega Alberto Peruzzo, «ogni opera rappresenta un modo di vivere specifico in quel momento».

Il “Qui e ora” rimanda all’hic et nunc latino, espressione che rimanda all’idea di concentrarsi sul presente e valorizzare ogni istante. Ma spazia oltre, indagando anche le soglie di memoria e futuro. Nella ex sacrestia, quindi, si entra nelle opere della collezione Peruzzo. Il Testimone di Mimmo Paladino (1993) si staglia sul rosso acceso della tela di Hermann Nitsch.

La prevalenza dell’astratto lascia spazio, per un attimo, alla figura. Ecco Casorati, Paladino e Chagall in sequenza, a indagare la spiritualità. Due suore geometriche si stringono in Casorati, mentre Chagall affronta la Crocifissione.

Attraversando la mostra, non bisogna però dimenticare che il dialogo non è solo tra le opere, ma anche con lo spazio di Sant’Agnese, edificio del XII secolo sconsacrato negli anni Quaranta e restituito alla città come spazio d’arte.

A unire le due collezioni, al centro dello spazio dove si trovava l’altare della chiesa andato distrutto durante la Seconda guerra mondiale, c’è infatti un’opera permanente di Kounellis, esponente dell’Arte Povera. «Ogni mostra rappresenta una nuova occasione di ricerca», sottolinea Giorgio Fasol, «il nostro intento è di ridurre le distanze, di creare un piccolo cortocircuito interiore tra occhio e pensiero. Bisogna lasciarsi sorprendere».

Non manca poi uno dei simboli della cultura pop con Hope di Robert Indiana (2009). Gli elementi architettonici, la luce, il silenzio e la spazialità di Sant’Agnese guidano il visitatore in un’esperienza immersiva che diventa una forma di meditazione. «Sono collezioni che si confrontano e dialogano», sottolinea Marco Trevisan, direttore della fondazione Peruzzo, «è una comparazione che prova a spiegare il meccanismo attraverso il quale un’opera può piacere o no».

Anche per questa mostra, la fondazione Alberto Peruzzo pubblicherà un Quaderno, un volume di approfondimento con testi critici dedicati alla mostra. L’esposizione è aperta dal mercoledì alla domenica, (ore 11-19, ingresso gratuito, fino al 12 aprile). Informazioni al sito fondazionealbertoperuzzo.it.

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