Chantal, personalità amputata e traumi prolungati: «Un percorso difficile verso la normalità»

La psicologa Marisa Galbussera, docente dello Iusve, sulla ex bimba rapita dalla madre e ora ritrovata: «I ragazzi spesso dimostrano doti di grande resilienza»

Edoardo Fioretto
La psicoanalista Marisa Galbussera, docente all’Istituto universitario salesiano di Venezia
La psicoanalista Marisa Galbussera, docente all’Istituto universitario salesiano di Venezia

Prima di parlare di un lieto fine servirà del tempo. Tempo per rimarginare le ferite, per ritrovare le radici. Per dare a Chantal la possibilità di conoscere il padre, e di iniziare con lui una nuova vita. «Servirà tempo anche per permetterle di riscoprire gli aspetti della sua personalità che le sono stati amputati in tutti questi anni di segregazione», spiega la psicoanalista Marisa Galbussera, docente alla all’Istituto universitario salesiano di Venezia. D’altronde la storia di Chantal è solo all’inizio di un nuovo capitolo. «Che sarà pieno di ostacoli», anticipa la psicoterapeuta padovana, «ma i ragazzini spesso dimostrano una straordinaria capacità di recupero».

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La redazione
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Nel substrato di traumi e dolori servirà di sicuro la luce di un percorso di psicoterapia per fornire alla ragazzina gli strumenti con cui fare i conti col proprio passato. Come già altri minori prima di Chantal, vittime di rapimenti e segregazioni, hanno dovuto affrontare. «In casi come questi non è facile anticipare i tempi di recupero, così come prevedere i margini di miglioramento. Tutto, purtroppo, dipende da quanto profondi sono i traumi causati dall’isolamento», spiega Galbussera.

«Ciò che però sappiamo», sottolinea ancora, «è che Chantal per tredici anni ha vissuto con pochissimi contatti con l’esterno. Un fattore non da poco, considerando che sono questi gli anni in cui i bambini si aprono al mondo. È il momento in cui formano la propria personalità, il proprio carattere».

Tredici anni da reclusa. Fatta eccezione per i contatti con la madre, Klaudia Ildiko Sallai, e poche altre persone. Tre o quattro in tutto. Niente scuola per la piccola Chantal, niente amici o relazioni solide con coetanei. «In casi come questi bisogna tenere a mente che non si è di fronte a un trauma puntiforme, ma a qualcosa di prolungato e intenso», sottolinea Galbussera. «In situazioni di questa gravità i bambini possono manifestare diversi sintomi», aggiunge, «come uno sviluppo cognitivo alterato, che nelle forme più estreme può sfociare in conseguenze fisiche. Faccio riferimento, per esempio, al nanismo psicosociale, ossia un rallentamento della crescita causato da elevati livelli di stress ambientale».

Chantal oggi è alla soglia dell’adolescenza, un periodo già difficile per tutti i giovani. «In genere i coetanei di Chantal in questo momento della loro vita stanno scoprendo il piacere della socialità, la relazione con l’altro, il piacere del gioco», spiega Galbussera. «Nei casi di segregazione tutti questi aspetti tendono a venire meno, creando problemi al normale sviluppo».

Altro capitolo che dovrà aprirsi, sarà quello del nuovo legame col padre, Andrea Tonello. Un uomo che la piccola Chantal ha visto l’ultima volta a 14 mesi, e che in tredici anni ha conosciuto solo attraverso i racconti della madre, che lo ha sempre definito un «orco».

«Ci vorrà sicuramente del tempo prima che il padre riesca a conquistarsi la fiducia della figlia. Non sarà facile», osserva la psicoanalista. Basti pensare a quando in condizioni normali due coppie si separano, contendendosi i figli. Non è raro che uno dei due genitori convinca il piccolo che l’altro sia cattivo, oppure che sia la causa del divorzio. «In questo caso il tutto è durato per tredici anni», evidenzia Galbussera, «aggravando ulteriormente il quadro. Bisogna dire che oltre al profilo penale, il fatto che una madre decida di rapire un figlio spesso evidenzia una serie di problemi psicologici. Un simile gesto potrebbe essere associato a deliri della donna, che poi rischiano di essere trasmessi ai figli».

Ma c’è anche uno spiraglio di luce. «La buona notizia è che Chantal adesso ha 13 anni. Non aiuta che sia stata reclusa per tutto questo tempo, ma in questa età gli adolescenti spesso dimostrano grandi doti di resistenza e di recupero», riflette la psicoanalista padovana. «Il percorso è tutto in salita», conclude, «ma ci sono speranze che riesca a rimettersi al passo con i coetanei».

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