Schlein prepara la resa dei conti nel Pd: «Tirerò fuori tutto ciò che penso»
La leader conta su un risultato che zittisca chi le rema contro. Ma il sondaggio che la dà sconfitta alle primarie di coalizione contro Conte la fa tremare

«A urne chiuse tirerò fuori tutto ciò che penso», garantisce Elly Schlein, pronta a una resa dei conti come si deve con tutte le tribù del partito che la vogliono mettere ai margini oppure commissariare.
Se non fosse per un sondaggio Youtrend che dà vincente Giuseppe Conte alle primarie (43% contro 28 Schlein e 27% Salis), che dà corpo al fantasma di Elly, il piano della riscossa interna sarebbe questo: quando martedì si tireranno le file di tutte e sei le elezioni regionali d’autunno, pallottoliere alla mano, i partiti capiranno come sono andati.
E lì, oltre al primo scatto di giornata, quello del consenso ottenuto dal FdI di Giorgia Meloni, ve ne sarà un altro da zoomare, la somma dei voti presi dal Partito democratico nelle sei regioni: una crescita rispetto alle europee 2024 farebbe scattare il sorriso vendicativo, anche a dispetto di un pareggio nella contabilità delle regioni vinte e perse.
Se come sperano al Nazareno, i numeri porteranno letizia, allora giù la testa, Elly darà fuoco alle polveri. Certo con garbo, «ma parlerà, eccome se parlerà», ghignano quelli che non vedono l’ora di godersi un bello sfogo contro i tanti che hanno remato contro in questi mesi. E che cercano di assicurarsi un seggio e uno stipendio dal 2027 in poi (anche se questo Elly non lo dice, di sicuro lo pensa), blandendola, fingendo di appoggiarla e balle simili.
«Come mai quando il centrosinistra perde in Calabria, lì vince Meloni, quando la destra tiene le Marche, vince Meloni; e quando il “campo largo” vince in Toscana, invece ha perso Schlein?», chiedono gli aficionados di Elly. Perché in Toscana lei voleva far fuori il governatore Eugenio Giani per candidare uno dei suoi giovani, ma poi lui si è imposto e lei ha dovuto piegare il capo ancora una volta ai “cavicchi”, come con De Luca in Campania. «Macché, lei prima dell’estate in privato ci aveva già detto che Giani era il governatore uscente e che non si poteva toccare... quella è una storia inventata ad arte». E da chi? «Forse qualcuno dei nostri aveva delle mire ma poi ha innescato un boomerang...».
E ancora: Elly non si dà pace poiché nessuno nota mai che un anno fa non si parlava di andare alle politiche uniti e che oggi invece tutti, da Renzi a Conte, lo dicono senza riserve. Merito di chi? Come mai le opposizioni unite presentano proposte comuni di modifica alla legge di bilancio e l’anno scorso neanche a parlarne? Merito di chi? Nessuno glielo riconosce alla giovane segretaria, che non vede l’ora di poter dire cosa pensa dei sabotaggi, del disfattismo, del segare il ramo su cui tutti stanno seduti. E se il pallottoliere la aiuterà, il film verrà proiettato nel nobile paesino della Toscana o in un altro cinema da decidere.
Infatti l’occasione gli l’hanno scodellata i suoi (presunti) amici: domenica 30 novembre Elly salirà in auto verso Montepulciano, dove le correnti che l’hanno sostenuta al congresso – quella di Franceschini, Areadem, quella di Speranza e Bersani, gli ex Art.1 e la sinistra di Andrea Orlando – hanno organizzato una tre giorni di chiacchiere per mandare un unico messaggio: «Stiamo con te, ma devi uscire dalla gabbia e accettare una gestione collegiale del partito».
La dice così un ex ministro che da mesi lavora a questa operazione. Strano ma vero, verrà messa in scena in un salone da 500 posti denominato “La Cripta”, che darà di sicuro il nome al Correntone pro-Elly. Una sfilata di ex potenti, con scudieri al seguito, tutti piazzati in posti chiave nei territori e oggi in cerca d’autore. Che possa essere Elly il loro paracadute ci credono poco, se non fosse che le liste per le politiche tra un anno le farà lei e quindi bisogna tenersela buona.
Nessuno pensa che la segretaria si imbarcherà in un congresso anticipato a ridosso delle elezioni del 2027, che la obbligherebbe a dimettersi prima di farsi rieleggere, rischiando di essere detronizzata sul più bello della sua avventura politica. Fatto sta che, inizialmente non prevista la sua presenza alla tre giorni dei capi corrente, lei è riuscita a imporla. E lì praticherà una mossa di judo per avvolgere l’avversario e stringerlo nelle sue spire: invece di essere commissariata dai vecchi marpioni, proverà a mettere la cintura al corpaccione del partito.
Comunque sia, il momento è delicatissimo, tutto si deciderà in poche mosse che Schlein è costretta a non sbagliare. Come quella di non puntare sul referendum sui giudici, che rischia di perdere.
Tanti i pensieri bui. Non bastava la sfilza di big come Romano Prodi, Dario Franceschini, Paolo Gentiloni, Lorenzo Guerini (con cui ha parlato mezz'ora alla Camera dopo il consiglio supremo di Difesa), che scherniscono ogni sua velleità di vittoria con il “campo largo”. Non basta la pattuglia di sconsolati riformisti che si danno convegno a Prato per rinchiudersi nella loro ridotta, orfani di un leader del calibro di Matteo Renzi, sempre lesti nel rimproverare le zero visite a Kiev e la scarsa enfasi sulla difesa dell’Ucraina.
Ora ci si mette pure l’affaire Garofani, il consigliere del presidente Mattarella intercettato a parlar male dei vertici Pd «non all’altezza» della sfida a Meloni: sintomo di uno scetticismo diffuso nei corridoi del Quirinale, nei confronti di un’opposizione ritenuta inadeguata; e della convinzione che servirebbe un “papa straniero” come lo fu Prodi.
Lei però prepara la rivalsa, incrociando le dita sul pallottoliere. Con un solo timore, enorme: che il condono promesso ai campani consenta a Edmondo Cirielli di battere Roberto Fico. In quel caso da un mesto pareggio tre a tre, si aprirebbe il baratro della sconfitta. E per Elly le cose si metterebbero male. Finirebbe lei sotto processo, senza scampo. Con i sondaggi delle primarie a torcerle le budella.
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