Elezioni presidenziali in Romania, il politologo Taranu: «Grande responsabilità dei socialdemocratici che guidano il Paese»
L’impatto sull’Ucraina: «In caso di vittoria il neopresidente si opporrà agli aiuti di Bruxelles a Kiev». «Un successo inaspettato spinto da destra e protesta»

Doveva essere una vittoria sicura, con massimo il 30% di consensi. È stato invece un trionfo, con uno slancio oltre il 40%, per George Simion, leader del partito nazionalista Aur, che ha fatto man bassa al primo turno delle presidenziali in Romania. Era prevedibile?
«Nessuno se lo aspettava», ma la cosa certa è che si tratta in gran parte di un «voto di protesta» nell’ambito di una deriva a destra del Paese. Lo spiega al Piccolo l’autorevole politologo romeno Andrei Taranu, professore e uno dei nomi più noti della rispettata Scuola nazionale di studi politici e amministrativi (Snspa).
Come leggere i risultati del primo round delle presidenziali?
«Si tratta di un risultato molto interessante. Nessuno si attendeva che Simion avrebbe conquistato un tal numero di voti, questo è il primo punto. Tutti pensavano a un 30%, 33% al massimo, ma non al 40%, che è quanto hanno raccolto insieme il secondo e il terzo arrivato, Nicosur Dan e Crin Antonescu. Sarà molto complicato per Dan battere Simion al ballottaggio. Nella storia della Romania, non abbiamo mai avuto una tale differenza di consensi tra primo e secondo candidato».
E qual è il secondo punto?
«Il secondo fatto che mi colpisce è il gran numero di voti che Ponta ha conquistato. Probabilmente ha preso metà dei voti da Antonescu e ciò getta grande responsabilità sul Partito socialdemocratico, che è il più importante e quello che esprime il premier (dimessosi poi in serata, ndr). Ciò porterà a una ri-trasformazione del governo e metterà la coalizione in difficoltà, a prescindere da una vittoria di Simion o Dan».
Come spiegare il trionfo di Simion? Spira un vento di destra in Romania? O è un voto di protesta?
«Entrambe le cose. Una parte dei voti, in particolare dall’estero, sono stati di destra ed estrema destra. Simion si è ispirato all’ideologia di Trump, ma non solo. Prospettando una coalizione a difesa della famiglia tradizionale contro i matrimoni Lgbt, contro la Ue e così via, ha guardato a Polonia, Ungheria, Italia, elaborando un’ideologia molto vicina al concetto di “Make Europe Great Again”. In Romania è emerso però anche un voto di protesta contro i partiti al potere, in primis quello socialdemocratico e i liberali, che probabilmente da ora dovranno cambiare radicalmente oppure scompariranno. Sarà molto dura per loro reinventarsi agli occhi dei romeni».
Che impatto può aver avuto nell’exploit di Simion la cancellazione delle presidenziali del 2024 e l’esclusione di Georgescu?
«Probabilmente, per una parte dell’elettorato. Cosa interessante però è che Simion è riuscito a mantenere tutti i voti conquistati a novembre, a prendere i voti di Calin Georgescu e pure altri 400 mila consensi da altri elettori. Politicamente parlando, Simion ha fatto un gran lavoro, attraverso una campagna inedita. In precedenza, era molto presente, nelle strade a incontrare persone. Questa volta ha lanciato solo messaggi video registrati, via TikTok, non porta a porta. E l’approccio ha vinto».
Se Simion dovesse prevalere anche al ballottaggio e diventare presidente, è possibile immaginare un cambio di rotta della Romania nei rapporti con Ue e Nato?
«Cambi drammatici no, probabilmente prenderà consigli dal vostro premier, Giorgia Meloni, a cui è abbastanza vicino. Ma ci sono differenze tra Simion e Meloni sull’approccio al problema dell’Ucraina. Non so cosa farà ora, ma le dichiarazioni di Simion sono state tutte contro Zelensky, l’Ucraina, contro gli aiuti dell’Europa al popolo ucraino. Da questo punto di vista, ci potrebbero essere dei cambiamenti: al veto dell’Ungheria e della Slovacchia al Consiglio europeo si aggiungerà forse anche quello della Romania».
Riproduzione riservata © il Nord Est