Al posto dell’ex sede della Difesa di Belgrado un mega hotel voluto dal genero di Trump. «Non demolitela»

L’organizzazione Europa Nostra lancia un appello per preservare l’edificio simbolo bombardato nel 1999 e dichiarato protetto nel 2005

Stefano Giantin
Il “Generalštab”, enorme palazzo in stile modernista nel cuore di Belgrado che fino al 1999 ospitava il ministero della Difesa del Paese balcanico; l’edificio fu bombardato e distrutto dai missili Nato durante la guerra
Il “Generalštab”, enorme palazzo in stile modernista nel cuore di Belgrado che fino al 1999 ospitava il ministero della Difesa del Paese balcanico; l’edificio fu bombardato e distrutto dai missili Nato durante la guerra

Non solo il movimento degli studenti, migliaia di belgradesi e cittadini comuni, organizzazioni non governative locali, attivisti e associazioni. Ora in campo, in una sfida degna di Davide e Golia, scende anche la più autorevole organizzazione per la protezione dei monumenti a livello europeo, Europa Nostra.

La sfida riguarda il “Generalštab”, enorme palazzo in stile modernista nel cuore di Belgrado che fino al 1999 ospitava il ministero della Difesa del Paese balcanico; l’edificio fu bombardato e distrutto dai missili Nato durante la guerra.

I resti del Generalštab dovrebbero essere demoliti per fare spazio alla costruzione di un megacomplesso di gran lusso, che dovrebbe chiamarsi Trump Tower: hotel, boutique, appartamenti e negozi.

Il progetto, visto come il fumo negli occhi da tanti belgradesi, ha come protagonista il genero di Donald Trump, Richard Kushner e la sua compagnia Affinity: Kushner dovrebbe essere affiancato nella nuova avventura immobiliare a Belgrado dal magnate emiratino Mohamed Alabbar, vicinissimo al presidente serbo Aleksandar Vučić e anima del controverso progetto “Belgrado sull’acqua”, complesso di grattacieli ancora in costruzione che ha già stravolto il panorama della capitale serba.

Il Generalštab però non si deve toccare perché parte della storia della città e memoria visiva della guerra del 1999, hanno più volte ripetuto, in piazza e oltre, migliaia di cittadini di Belgrado, da tempo sulle barricate anche contro il progetto. A dar loro ragione ecco ora anche Europa Nostra, che ha pubblicamente lanciato un appello alle autorità al potere a Belgrado – che hanno di fatto spianato la strada all’investimento immobiliare dei Trump – a fare marcia indietro per salvare quel simbolo di dolorosa storia nazionale.

Il Generalštab «non va demolito» solo perché «un investitore privato» si è offerto per cancellare un monumento storico «per costruire un hotel e un complesso di appartamenti» sul suo sedime, ha spiegato la Segretaria generale di Europa Nostra, Sneška Quaedvlieg-Mihailović.

Il progetto di Kushner, nel centro di Belgrado, proprio accanto alla sede del Governo e al viale Kneza Milosa, quello delle ambasciate più importanti, è diventato da subito politicamente divisivo in Serbia, ma ha ottenuto il sostegno a spada tratta di Vučić, altra ragione della rabbia popolare osservata negli ultimi mesi nel Paese balcanico.

Rabbia che è stata ulteriormente esacerbata dai passi più recenti delle autorità, le quali hanno revocato – tra le polemiche – lo status di edificio protetto al Generalštab, garantito nel 2005, cambiandone la destinazione d’uso per concedere ad Affinity per i prossimi 99 anni l’utilizzo dei terreni su cui sorgeva il complesso dell’ex ministero della Difesa.

Ma «demolire» e costruire un mega-hotel – un progetto tra i 500 e il miliardo di euro - non deve essere «un’opzione, l’unica cosa da fare è restaurare» ciò che resta dell’opera architettonica, uno dei massimi esempi del modernismo jugoslavo ed europeo, ha denunciato Europa Nostra.

Il Generalštab è al centro anche di un’inchiesta che potrebbe fare a lungo discutere. Lo ha confermato, nelle settimane scorse, la messa in stato d’accusa di un altissimo esponente dell’istituzione per la protezione dei monumenti. Sospettato nientemeno che di aver falsificato documenti per togliere i vincoli che la protezione assicurava al Generalštab, spianando la strada alla calata dei Trump. —

 

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