Ritiro del passaporto per Dodik: e lui esalta i criminali di guerra

Il leader dei serbi di Bosnia conferma il referendum che verrà organizzato a ottobre: «Resterò in carica» Difesa a spada tratta di Karadžić e Mladić accanto agli attacchi all’Alto rappresentante

Stefano Giantin
Milorad Dodik, presidente della Repubblica Srpska, regione della Bosnia a maggioranza serba
Milorad Dodik, presidente della Repubblica Srpska, regione della Bosnia a maggioranza serba

Riceve uno schiaffo, l’ennesimo. Risponde con due provocazioni, confermando l’indizione di un esplosivo referendum sulla sua persona e facendo il bello e il cattivo tempo nel parlamentino serbo-bosniaco di Banja Luka. Continua a tenere banco, in Bosnia-Erzegovina, il “caso Milorad Dodik”, che rimane il mattatore, in negativo, dell’estate.

Lo si è visto anche ieri, al Parlamento della Republika Srpska, dove Dodik ha tenuto un lungo e minaccioso discorso. «Non vi libererete di Milorad Dodik», la sfrontata promessa fatta ai deputati, un chiaro riferimento alla recente convalida della condanna nei suoi confronti a un anno di carcere – pena commutata in multa – e all’interdizione dai pubblici uffici per sei anni, con conseguente decadenza dalla carica di presidente della Republika Srpska.

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La redazione
Milorad Dodik, secondo da destra, dopo il rigetto dell’appello

Dodik si sente però ancora presidente a tutti gli effetti, ha ribadito ieri. E non ha intenzione di abbandonare la carica. D’altronde, ha sostenuto il presidente del Parlamento di Banja Luka, Nenad Stevandić, Dodik non avrebbe ricevuto alcuna comunicazione ufficiale sulla sua decadenza dalla Commissione elettorale centrale.

«Rimango presidente e rappresentante del popolo», ha ribadito Dodik. Che, nell’occasione, si è pure sperticato in una difesa a spada tratta dei criminali di guerra Mladić e Karadžić, nonché in attacchi a gamba tesa contro la sua nemesi, l’Alto rappresentante Christian Schmidt.

L’altra provocazione di Dodik è la conferma che un referendum sulla sua condanna da parte del tribunale di Sarajevo e sulla decisione della Commissione elettorale centrale di revocargli il mandato presidenziale. Le consultazioni si terranno a fine ottobre. «La domanda posta ai serbo-bosniaci sarà se il nostro popolo accetta» che Schmidt «distrugga l’ordine costituzionale della Republika Srpska e che un tribunale illegale con le sue decisioni violi la costituzione e sostituisca a suo piacimento i funzionari», ha spiegato Dodik, annunciando di aspettarsi un «massiccio no».

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La redazione
Il presidente della Republika Srpska Milorad Dodik

Dodik vede tuttavia ogni giorno cadere un pezzo dei suoi poteri e delle sue prerogative. Il maggior responsabile della più grave crisi istituzionale della storia della Bosnia contemporanea dovrà infatti riconsegnare il proprio passaporto diplomatico. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri bosniaco, Elmedin Konaković, che ha specificato come Dodik abbia due settimane per consegnarlo volontariamente, oppure le autorità di Sarajevo lo invalideranno di loro iniziativa, rendendolo inutile per possibili viaggi all’estero. La decisione è la diretta e inevitabile conseguenza della conferma della destituzione di Dodik da presidente, presa nei giorni scorsi dalla magistratura in appello.

Il leader ultranazionalista e filorusso, con aperte velleità pseudo-secessionistiche, forse potrebbe avere un futuro lontano dalla Bosnia. Lo ha sostenuto il numero due del partito di opposizione serbo Ssp, Borko Stefanović, affermando che le autorità al potere a Belgrado, assediate dalle proteste di piazza, avrebbero pensato di candidare nientemeno che Dodik – che ha anche passaporto serbo – alle prossime presidenziali in Serbia. Secondo questa lettura, Vučić, che non potrà ricandidarsi dopo il secondo mandato, si riserverebbe la funzione di primo ministro, sempre che riesca alle urne a convincere la maggioranza degli elettori, forse in elezioni anticipate come richiesto dagli studenti e dagli indignados. —

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