Rigettato il ricorso di Dodik: «Ora referendum nella Republika Srpska»

Il presidente dei serbi di Bosnia era stato interdetto da ogni carica pubblica per la violazione delle decisioni dell’Alto rappresentante. E adesso rilancia

Stefano Giantin
Milorad Dodik, secondo da destra, dopo il rigetto dell’appello
Milorad Dodik, secondo da destra, dopo il rigetto dell’appello

Un tribunale rigetta il suo appello, ma lui promette battaglia – evocando scenari destabilizzanti per un Paese già fiaccato da mesi e mesi di crisi. Paese, la Bosnia-Erzegovina, che sembra andare con sempre maggiore velocità verso il punto di non ritorno.

Lo ha confermato lunedì il non accoglimento del ricorso presentato dall’attuale presidente serbo-bosniaco Milorad Dodik contro parte della condanna nei suoi confronti a un anno di reclusione e sei di interdizione da ogni tipo di carica politica.

Dodik, ricordiamo, è stato ritenuto colpevole di disobbedienza alle decisioni dell’Alto rappresentante internazionale, Christian Schmidt, arbitro del rispetto degli accordi di pace di Dayton. La settimana scorsa, il leader nazionalista aveva ottenuto di commutare la pena carceraria con una multa da poco meno di 20 mila euro. Ma la sospensione dalle cariche pubbliche rimane, ha stabilito ieri la Corte d’appello del Tribunale della Bosnia-Erzegovina, confermando la bontà di una precedente decisione della Commissione elettorale centrale (Cik). E di fatto confermando la destituzione del presidente dell’entità politica dei serbi di Bosnia, la Republika Srpska (Rs).

Il Cik ora, almeno sulla carta, dovrebbe indire elezioni anticipate, entro 90 giorni, per scegliere un nuovo presidente. Rimane tuttavia del tutto irrealistico pensare a un passo indietro di Dodik. Lo ha confermato lui stesso ieri, annunciando per «la fine di settembre» un referendum dai contorni ancora fumosi, attraverso cui gli elettori serbo-bosniaci dovrebbero essere chiamati a decidere sulla figura di Dodik, ma forse anche sul ruolo oggi ricoperto da Schmidt e sullo status della Rs all’interno della Bosnia. Di certo, almeno secondo Dodik, con il rigetto dell’appello sarebbe stato «demolito il principio» della Rs come attore istituzionale «alla pari della Federazione» bosgnacco-croata, la seconda entità che forma il Paese, il tutto per un colpo di mano «dei musulmani».

Schmidt, comunque, rimane il colpevole per eccellenza dell’attuale crisi: è lui «ad aver distrutto la Bosnia», ha rincarato Dodik. Che, allo stesso tempo, ha assicurato che «non cerchiamo lo scontro, ma solo rispetto e libertà, che arriverà attraverso il referendum, non via azioni di forza». A gettare benzina sul fuoco, ieri, anche le dimissioni del premier serbo-bosniaco, Radovan Višković.

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