L’Unione europea, Trump e l’era post-occidentale

Trentacinque anni dopo la caduta del muro di Berlino siamo di nuovo a una svolta epocale, ma di segno opposto

Vincenzo MilanesiVincenzo Milanesi
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (foto Epa)
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (foto Epa)

La “dottrina Trump” (con il forte contributo del suo vicepresidente JD Vance) sui rapporti tra Usa ed Europa in questi giorni resa ufficiale, non è una novità: ha già avuto una prima traduzione sul piano pratico con l’evidente tradimento dell’Ucraina invasa dalla Russia di Vladimir Putin. Siamo ormai di fronte a un radicale punto di svolta, a un cambiamento di paradigma rispetto al nostro recente passato: siamo entrati nell’Era Post-Occidentale.

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, si era affermato, pur con alcune eccezioni storicamente ben individuabili, il principio che i confini di uno Stato sovrano erano difesi non solo dall’esercito di quello Stato, ma anche da un comune sentire diffuso, e accettato, bon gré mal gré, non soltanto nelle liberal-democrazie dell’Occidente: da un principio etico condiviso che sottendeva la politica. È quello stesso principio che l’articolo 11 della nostra Costituzione del 1948 scolpisce in modo esemplare, affermando il «ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

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Firenze, un gruppo di cittadini statunitensi riuniti in piazza Santa Maria Novella

Un principio che ora, dopo l’invasione dell’Ucraina, gli Usa, la più forte (economicamente, militarmente, politicamente) della liberal-democrazie occidentali, non sembrano condividere più, mettendo in maniera aperta, plateale, il diritto della forza al posto della forza del diritto. E che l’Unione europea, in cui allignano partiti che sono vere e proprie “quinte colonne” delle autocrazie come è la Russia di oggi, non riesce più a difendere, pur essendo a esso ancora fedele: ma è troppo debole dai punti di vista militari e politici, e ormai sempre più anche dal punto di vista economico.

È questo il risultato della fine delle ideologie del Novecento? Ne rimane solo una, quella del nazionalismo, nutrito di velleità imperialistiche. Come ben dimostra l’invasione russa dell’Ucraina.

Di una pur diversa forma di nazionalismo è espressione anche il concetto dell’America First del presidente Trump, ammiratore dichiarato dell’autocrate che comanda in Russia. Per Donald Trump, in realtà, più che il nazionalismo in senso proprio, l’unica ideologia sembra essere quella del “business”, del “fare affari”, per gli Usa, ma soprattutto a vantaggio suo personale e dei suoi sodali. Di principi etici, di valori morali autentici che guidino, anche se sotto sotto, da lontano, le scelte politiche, neanche l’ombra. Solo pseudo-ideali ben sbandierati, ma falsi e bugiardi come il free speech figlio bastardo della post-verità.

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Zelensky, Trump e Macron

Trentacinque anni dopo la caduta del muro di Berlino, siamo di nuovo a una svolta epocale, ma di segno opposto: l’ideale etico-politico che guidava la svolta di allora, quello della libertà, della democrazia, del principio dell’autodeterminazione dei popoli, non scalda più i cuori.

Indifferenti alle scelte etiche di fondo, abituati a considerarla scontata, quanti cittadini sono disposti a lottare per la libertà di cui godono oggi in Europa? Anche solo a rinunciare a qualcosa, a pagare un prezzo, e se necessario a combattere, per difenderla? Come è facile dimenticare ciò che fa comodo non ricordare… La libertà è come l’aria: ti accorgi di quanto è essenziale soltanto quando viene a mancare. Ma allora è troppo tardi.

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