Dalle pensioni al riscatto della laurea, gli effetti dei dietrofront sulla manovra

Se un governo prima promette una cosa e poi prova a farne un’altra, dando la colpa a imprecisate “manine”, perde credibilità

Carlo BertiniCarlo Bertini
(foto Ansa)
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Forse a Giorgia Meloni saranno rimbalzate alla memoria le grida di fuoco che fece contro la riforma Fornero (quando l’Italia affondava con lo spread a 500), o forse si è ricordata delle belle promesse fatte in campagna elettorale se ha deciso di fermare le macchine in corsa: lo stop al riscatto della laurea pro-pensione andrà in onda “solo” per il futuro e la stretta sulle uscite anticipate dal lavoro “andrà corretta”. Dunque ora i partiti di centrodestra fanno dietrofront e annunciano che non saranno bastonati giovani e pensionati, assolutamente no.

Sarà stato qualche maligno ragioniere del ministero dell’Economia ad aver avuto la pessima idea di inserire in Manovra misure che avrebbero disatteso le accorate promesse di non toccare mai la casa e le pensioni. Rendendo i condomini più cari per tutti tranne che per i morosi e allungando di fatto l’età pensionabile con lo slittamento surrettizio dei primi assegni percepiti dagli ultrasessantenni.

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Anche su input di Salvini (leader dello stesso partito di Giorgetti, che guida l’Economia) è tutto da rimodulare: lo impone uno dei dieci comandamenti tramandati dai democristiani della prima repubblica: quel “chi tocca le pensioni muore”, che solo i premier tecnici disattendono.

Peccato che nelle more, il governo stia regalando una colata di stress natalizio a quegli anziani che temono di non poter pagare mutui e rate della macchina per sei o sette mesi, prima di ricevere la futura pensione; e provocato un moto di rabbia a quelli che stanno pagando migliaia di euro per farsi riconoscere gli anni di laurea per non lavorare quattro anni in più. Fa nulla, poco male, se ne facciano una ragione.

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Ma nel gioco di ruoli del poliziotto buono e del poliziotto cattivo, come al solito c’è una ratio. Da questi stop and go arriva un segnale politico agli elettori: vedete, la situazione è così grave, così difficile, grazie ai debiti lasciti da quegli sciagurati che governavano prima, che qualche tecnico imbelle per far quadrare i conti prova a farvi tirare la cinghia.

Ma ci pensano Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia a proteggervi, lo troviamo noi il modo per non farvi piangere. Ecco, anche stavolta l’opera di distrazione di massa marcia su questi binari, più o meno sempre gli stessi da quando è stata istituzionalizzata la legge di bilancio nel 1978.

Purtroppo alla fine resta lo stesso un peccato originale: se un governo prima promette una cosa e poi prova a farne un’altra, dando la colpa a imprecisate “manine”, perde credibilità. Al di là di come saranno temperate le nuove norme, resta l’impressione che il sistema non regga e che aver promesso di abolire la Fornero sia stata un’ipocrisia, tanto più grave in quanto consapevole.

Ora ai giovani resterà la inquietante sensazione di non potersi fidare e di temere che gli anni di laurea non serviranno nel progetto di una pensione futura. Così come a tutti gli inquilini d’Italia rimarrà una colata di sudore gelido al pensiero delle rate condominiali più alte grazie ai furbi della porta accanto che invece si cuciono le tasche.

Insomma, il governo non ne esce bene: al punto che la premier forse poteva riflettere meglio prima di affermare in Parlamento che “questa è una Manovra seria fatta da persone serie”. Con la partita ancora aperta e con questi buchi da ricoprire, era meglio sorvolare.

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