Se la base del Pd fa il tifo per Conte
Le istanze ambientaliste e pacifiste sono interpretate meglio da Conte che da Schlein. E perfino i militanti dem potrebbero finire per pendere dalla parte dell’ex premier


Che succede se il popolo di Elly Schlein, quello delle Festa dell’Unità in terra di partigiani, quello vetero comunista, intona «Conte! - Conte!» quando vede salire sul palco l’ex premier? Coperto da scrosci di applausi come una rockstar? Che sta succedendo nella pancia del Pd se il leader di un altro partito è così amato da voler fare il giro delle cucine sicuro del fatto suo, stringe mani avvolto da sorrisi, trattato come un papa anche se straniero?
Riscuotendo l’accoglienza riservata ai segretari del partito, fin dai tempi di Togliatti e Berlinguer? E che succede se, nello stesso momento, la segretaria del Pd viene accolta da fischi quando dal palco della festa del Fatto Quotidiano a Roma, giornale di riferimento dei 5 stelle, dice che la guerra in Ucraina l’ha cominciata Putin e che gli ucraini hanno diritto a difendersi?

Quei «buu» del Circo Massimo e quel tributo a Conte nel pratone emiliano sono una spia di allarme per il partito più forte della coalizione progressista: segnalano per prima cosa che sulla politica estera ci sarebbe molto da faticare per un eventuale governo di centrosinistra, come del resto hanno dimostrato le cinque mozioni depositate alla Camera sulle spese militari da Pd, M5s, Avs, Renzi e Calenda.
E gli applausi dei militanti del Pd al presidente di una forza come i 5 stelle, che non ha votato per Ursula von der Leyen a Bruxelles e non vota l’invio di armi a Kiev, svelano l’assenza di afflato europeista, se non un nostalgico riflesso filo russo.
Ma segnalano pure un fenomeno nuovo: che perfino i militanti dem potrebbero pendere dalla parte dell’ex premier, se fossero convocate le primarie, nel caso la nuova legge elettorale che il centrodestra sta apparecchiando costringesse a indicare il nome del candidato premier sulla scheda. Certo, Elly resta la segretaria, il Pd sulla carta è più forte di M5s e la potenza dei numeri le dovrebbe garantire una primazia di consensi per ottenere la agognata premiership e poter ingaggiare un corpo a corpo con Giorgia.
Ma, come sa bene la giovane leader, gli umori dei “passanti nei gazebo” – che le hanno fatto battere Stefano Bonaccini uscito vincente nel voto degli iscritti – seguono logiche diverse da quelle di partito. Specie se non fossero solo “i passanti” a preferire Giuseppe, ma se anche i militanti storici delle feste e delle sezioni, dei circoli e dei bar di Testaccio nella capitale, fossero tentati di “tradire” la ditta per mandare in battaglia contro la destra una figura ritenuta più scaltra e con una sporta di cartucce più insidiose: come la promessa di un altro reddito di cittadinanza, un prelievo alle odiate banche o riconversione di soldi per le armi in spese sociali.
Una prospettiva poco rassicurante, che dovrebbe indurre lo stato maggiore Pd a una riflessione su quali acque indirizzare il timone della navigazione. Magari cominciando a rivolgersi anche ai ceti produttivi, alle imprese, alle partite Iva e a quella maggioranza silenziosa che non va a votare perché non rappresentata. E a chi teme l’escalation di Putin, anticipata dai blitz in Polonia e Romania.
Le odi dei “compagni” a Conte confermano quanto da mesi si va sussurrando nei capannelli dell’uno e dell’altro partito del futuro centrosinistra: ovvero che se Elly ha riportato a sinistra l’asse del Pd, facendolo risalire nei consensi, allo stesso tempo quelle istanze – ambientaliste, pacifiste, pauperiste, dirigiste – sono interpretate al meglio da Conte, che ha un’intera comunità dietro le spalle, piuttosto che da Schlein: anche lei convinta sostenitrice delle tesi più radical, ma zoppa di una gamba del suo partito, ormai atrofizzata, quella liberale, cattolica, moderata – in una parola riformista – che non la segue e che lei non fa nulla per riassorbire.
Prova ne è l’assenza della segretaria del Pd all’evento organizzato a Ventotene dalla vicepresidente del parlamento Ue, Pina Picierno – del Pd – a cui ha preso parte l’ex premier Paolo Gentiloni – del Pd – e salutata da un messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: il quale, pur senza darlo mai a vedere, proviene dall'Ulivo-Pd e si fa garante a ogni tornante degli impegni internazionali assunti dall'Italia. Massimi esponenti di una forza guidata da una leader che laddove si celebra l’Europa e la difesa dell’Ucraina ritiene sia superfluo farsi vedere.
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