Segré: «Lo spreco del cibo va contro le diete sostenibili e la sicurezza alimentare»
Intervista al professore di Politica agraria internazionale e comparata e di Economia circolare e politiche per lo sviluppo sostenibile all'Università di Bologna e fondatore di Last Minute Market

La sostenibilità alimentare, la riduzione delle emissioni di gas serra, la scelta di buon cibo non possono prescindere dalla considerazione base che una grande e grave quantità di ciò che si coltiva e si produce non arriva sulle nostre tavole, o che, peggio, una quantità anche superiore che invece ci arriva venga poi gettata. Andrea Segré, Professore di Politica agraria internazionale e comparata e di Economia circolare e politiche per lo sviluppo sostenibile all'Università di Bologna, fondatore di Last Minute Market, impresa sociale e spin off accademico, ideatore della campagna Spreco Zero, direttore scientifico dell'Osservatorio Waste Watcher International dedicato all'analisi dei comportamenti alimentari a livello globale, ne fa una questione di etica e di economia.
Parlando di un cibo medio, quel genere di alimentazione cioè che ha un impatto alimentare buono per la salute, che segue delle norme produttive che limitino al massimo la perdita e che, per la sua qualità, non vada poi ad incidere sullo spreco alimentare.
L'Osservatorio Waste Watcher ha da poco superato i dieci anni di attività. Avete indagato i comportamenti alimentari e avete iniziato a dare i contorni di un fenomeno come lo spreco alimentare che incide su due punti: il primo diventa rifiuto qualcosa che si poteva consumare, danno che si raddoppia considerando che quel prodotto gettato per essere realizzato ha richiesto acqua, energia, lavoro, ha prodotto emissioni.
«Un aspetto sconosciuto e non percepito è quello della definizione delle perdite di valore e di spreco lungo la filiera alimentare. Quando non si raccolgono in un campo le pesche, perché magari rovinate parliamo di una perdita, perché per coltivarla quella frutta si è usato acqua, fertilizzante. Quando parliamo di spreco scopriamo che la quantità maggiore di questo fenomeno avviene da parte dei consumatori. Cioè da tutti noi, e questo è un problema economico, ambientale e sociale. E il tema dello spreco è un driver della sostenibilità. Un terzo di ciò che si produce non arriva sulle nostre tavole e prevalentemente, anche se non solo, nelle economie sviluppate lo spreco alimentare si concentra soprattutto a livello domestico – a seconda dei metodi di stima e del Paese fra il 50 e il 70% del totale lungo la filiera campo-tavola».
Cosa significano questi numeri?
«Due anni dopo la pandemia e a 7 anni dal 2030 – quando ci si aspetta che il mondo dimezzi lo spreco alimentare, come da Obiettivo 12.3 dell'Agenda delle Nazioni Unite – il traguardo sembra una meta irraggiungibile. Quel terzo di cibo che continua a perdersi sul pianeta (il 14% dopo il raccolto e il 17% fra commercio e consumo) potrebbe sfamare almeno 1,26 miliardi di persone».
E in Italia a che livello siamo?
«Ogni settimana ogni italiano getta 524,1 grammi di cibo gettato da ogni italiano, poco meno di 75 grammi di cibo al giorno pari a 27,328 chilogrammi all'anno che ognuno di noi, mediamente, getta nel bidone della spazzatura. La top five dei cibi più sprecati fa registrare al primo posto la frutta fresca (24 grammi pro capite a settimana), seguita in ordine di spreco via via decrescente da: insalate (17,6 grammi pro capite a settimana), cipolle, aglio e tuberi (17,1 grammi pro capite a settimana), pane fresco (16,3 grammi pro capite a settimana), e verdure (16 grammi pro capite a settimana). Lo spreco del cibo, quindi, è un elemento antagonista della sicurezza alimentare e delle diete sostenibili, quindi come concreta concausa del degrado ambientale del pianeta».
Ma non è una contraddizione l'attenzione che i consumatori delle economie sviluppate mostrano sulle produzioni sostenibili e su quelle biologiche, per esempio, per poi assumere comportamenti di questo tipo?
«Si tratta di un mondo che vive di estremi, per questo dico che serve un cibo medio, con caratteristiche qualitative e quantitative adeguate, un equilibrio nella filiera. Invece si tende a muoversi tra due opposti da un lato il super bio, il marchio, la dop, dall'altro il junk food. Con il risultato che chi ha meno possibilità economiche è anche chi si alimenta peggio. Anche se la sensibilità sta aumentando molto».
Ma esiste una stima della perdita in valore dello spreco alimentare.
«Fare un calcolo preciso è difficile, sia per quanto riguarda la perdita che lo spreco. Deve esserci infatti una base metodologica per il calcolo, se pensiamo alla perdita agricola nei campi si perde più di frutta che di cereali, stiamo tra il 2/5 per cento. Una ricognizione del genere lungo tutta la filiera non è semplice, ma facciamo un esempio: su 10 miliardi al costo di acquisto di un insieme di prodotti alimentari che gettiamo, il 70 per cento cioè 7 miliardi lo sprechiamo noi consumatori».
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