Dalle vette innevate ai sentieri estivi: la nuova montagna di Rossignol Lange
A Montebelluna si custodisce il know-how della scarpa tecnica. Il dg Dal Fabbro: qui seguiamo l’intero ciclo: ricerca e sviluppo, prototipi, industrializzazione, produzione dell’alto di gamma e spedizioni verso la casa madre

C’è un luogo, nel distretto dello sportsystem di Montebelluna, dove la storia degli scarponi da sci incontra il futuro della ricerca sui materiali, della biomeccanica e della performance.
È qui che Rossignol Lange – la società nata nel 1989 quando il gruppo francese Rossignol acquisì Lange e Caber, marchi simbolo della calzatura tecnica italiana – ha stabilito il proprio centro di eccellenza mondiale per tutto ciò che riguarda la scarpa: dallo scarpone da sci al pattino, fino alle calzature per la montagna vissuta tutto l’anno.
«Montebelluna è riconosciuta dal gruppo come il luogo dove si fanno le scarpe», spiega il General Manager Stefano Dal Fabbro, «qui seguiamo l’intero ciclo: ricerca e sviluppo, prototipazione, industrializzazione, produzione dell’alto di gamma e spedizioni verso la casa madre».
Una filiera completa e verticale, oggi sempre più rara in un settore che ha visto gran parte della manifattura spostarsi all’estero.
La storia parte dal modello che ha cambiato lo sci moderno: il primo scarpone in plastica, ideato da Bob Lange nel 1962.
A Montebelluna, intanto, l’industria della calzatura tecnica si stava consolidando attorno a Caber, azienda della famiglia Caberlotto. Quando Rossignol acquisisce entrambe le realtà, decide di mantenere nel cuore del Veneto la parte più strategica e delicata: sviluppo prodotto, know-how sui materiali, costruzione dell’identità tecnica.
Oggi lo stabilimento produce circa 150.000 paia di scarponi e 25.000 paia di pattini Risport ogni anno.
Quest’ultimo è un marchio che vive di una competenza molto specializzata: «Nelle ultime quattro Olimpiadi, una medaglia su quattro nel pattinaggio è stata vinta con pattini Risport. È una nicchia, ma è una nicchia che pesa», spiega Dal Fabbro.
Un ruolo decisivo lo ha il reparto Racing, dove si realizzano e personalizzano le scarpe destinate agli atleti di Coppa del Mondo.
Qui ogni scarpone viene lavorato, fresato, modificato nella struttura interna e nella rigidità delle plastiche.
«La performance nasce dall’ascolto diretto degli atleti. Un feedback non è mai solo una sensazione: lo traduciamo in numeri, test di torsione, misure di rebound elastico, comparazioni con il modello precedente e con quelli della concorrenza. Misurare, storicizzare, migliorare».
Montebelluna è però molto più di un sito produttivo: è un distretto industriale unico, fatto di competenze che circolano.
Progettisti, modellisti, tecnici di stampa 3D, laboratori di test, fornitori specializzati in plastiche, metalli, microcomponenti.
«Il know-how qui non è mai proprietà esclusiva di un marchio. È diffuso, condiviso, stratificato. Se una persona cambia azienda, porta valore al territorio. È un capitale collettivo che non si improvvisa».
Proprio per sostenere questa cultura tecnica, Rossignol Lange ha sviluppato un sistema avanzato di prototipazione rapida.
Le stampanti 3D oggi permettono di realizzare componenti con le stesse plastiche usate in produzione, consentendo test calzabili già nella fase di progettazione.
«Un tempo la stampa 3D serviva per fare forme rigide, ora possiamo produrre pezzi funzionali. Questo accelera lo sviluppo, riduce gli errori, ci permette di arrivare alla produzione con maggiore precisione».
La filiera non è però chiusa.
La produzione si appoggia anche a un polo industriale in Romania, servito da uno stabilimento in Moldavia per le scarpette interne, e da un’unità in Bosnia.
Montebelluna, però, resta la mente e la regia: «È qui che nasce il prodotto. Tutto parte dal laboratorio e arriva sulle linee degli altri stabilimenti già definito, misurato, verificato».
La trasformazione in corso riguarda anche il posizionamento del brand: da marchio legato agli sport invernali a marchio capace di accompagnare la montagna 365 giorni l’anno.
Le linee footwear e trail running nascono da questa visione. «Oggi la montagna è cammino, benessere, tempo libero. Trasferiamo nel prodotto estivo la stessa attenzione e la stessa precisione del nostro scarpone».
Il sito di Montebelluna è inoltre uno dei cardini del programma Respect, che punta a ridurre del 40% i rifiuti industriali e del 30% della carbon footprint entro il 2030, oltre a promuovere la qualità del lavoro interno.
«Le competenze sono risorse preziose e difficili da trovare. Le persone vanno formate, trattenute, messe nelle condizioni di restare. Il benessere al lavoro è strategico».
Un altro elemento distintivo è il servizio di riparazione centralizzato: tutti i prodotti che rientrano dall’after-sales europeo vengono riparati a Montebelluna, non sostituiti.
«Riparare significa dare valore all’oggetto e a chi lo usa. È una forma di responsabilità industriale e culturale».
Dopo il rimbalzo post-Covid, il mercato è tornato sui livelli normali.
«La crescita ora non è quantitativa, ma qualitativa. Non si produce per produrre: si produce per innovare, migliorare, consolidare».
«Il nostro lavoro è far stare bene le persone in montagna», conclude Dal Fabbro, «se il loro viaggio parte da una scarpa nata qui, allora Montebelluna continua a essere ciò che è sempre stata: un luogo dove la tecnica si trasforma in movimento, passione e cultura del saper fare».—
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