«Siot a pieno regime dal prossimo anno. Priorità alla sicurezza»
Alessandro Gorla, nuovo numero uno dell’oleodotto transalpino, racconta programmi e strategie

Alessandro Gorla dallo scorso mese di giugno è il nuovo presidente ed amministratore delegato di Siot (Società Italiana per l’Oleodotto Transalpino) e General Manager del consorzio Tal. Ingegnere chimico laureato al Politecnico di Milano, Gorla, che ha lavorato in gruppi globali come Air Liquide, General Electric, Linde ed Omv, ha preso il posto di Alessio Lilli.
Prima di insediarsi a Trieste ha operato per 15 anni in Medio Oriente, negli Emirati Arabi Uniti e in Arabia Saudita. Oggi guida una delle più importanti infrastrutture strategiche d’Europa, una conduttura lunga 750 chilometri che trasporta il greggio in otto raffinerie (cinque in Germania, una in Austria e due in Repubblica Ceca): «Serviamo circa il 10% della popolazione europea», racconta in questa intervista Gorla. Lunedì 24 parteciperà al Forum della Blue Economy organizzato a Trieste da Nord Est Multimedia.
Ingegner Gorla, quali sono le sue priorità strategiche?
«La nostra prima priorità, come sempre, è la sicurezza. Siot è un impianto Seveso di classe superiore e l’attenzione ai processi, ai controlli e alla formazione del personale è continua. Da quest’anno con il programma Tal Plus garantiamo l’intero fabbisogno e la sicurezza energetica della Repubblica Ceca dopo la decisione del governo di Praga di azzerare le importazioni di greggio russo dall’oleodotto Druzhba».

Con quale impatto sui traffici?
«Nel 2024 abbiamo movimentato oltre 40 milioni di tonnellate di greggio: 28,6 milioni di tonnellate verso la Germania, verso la Baviera e il Baden-Württemberg, 7,7 milioni verso l’Austria e 3,8 milioni in Repubblica Ceca. Nel 2025 prevediamo di salire complessivamente a 41,5 milioni. Dal prossimo anno, con il pieno apporto dei volumi cechi, la capacità operativa si avvicinerà ai 46 milioni di tonnellate, quasi al limite massimo».
Tal ha annunciato investimenti per il potenziamento del terminal e per la sicurezza. A che punto siamo?
«Dopo due anni eccezionali con 150 milioni di investimenti, ritorniamo a un ritmo annuale ordinario di circa 50 milioni. Nel 2025 proseguiremo il consolidamento dei pontili, così da accogliere anche le Suezmax, le petroliere di maggiore capacità che transitano da Suez. Sono inoltre previsti 26-27 milioni di investimenti pluriennali dedicati al rafforzamento della sicurezza, includendo interventi non obbligatori ma allineati alle migliori pratiche internazionali. Tra i progetti straordinari rientra la manutenzione dei tre trafori alpini».

L’oleodotto, che vale circa il 70% dei suoi traffici in volumi ed è il primo terminalista, sta soffrendo la frenata del porto di Trieste?
«La nostra attività è distinta da quella dei container e dei traffici commerciali tradizionali. Noi gestiamo rinfuse liquide e serviamo direttamente gli azionisti–raffinatori del gruppo Tal, per cui l’andamento del porto non ha impatto diretto. Semmai abbiamo risentito della lunga fase di sospensione nella governance dell’Autorità portuale: siamo concessionari e quindi interlocutori diretti dell’ente, è auspicabile che il nuovo assetto di vertice si consolidi presto. Non vediamo l’ora di riprendere il dialogo con la nuova presidenza dell’Auhority».
A Trieste si parla di banchinamento elettrico delle navi per ridurre le emissioni in porto. È un progetto che potrebbe interessare anche Siot?
«Sì, potrebbe interessarci, ma bisogna capire come renderlo realmente sostenibile. Perché un investimento del genere abbia senso, serve un numero sufficiente di navi compatibili con l’allaccio elettrico: se solo una petroliera su dieci potesse collegarsi, i costi non sarebbero giustificati».
Germania e Austria risentono di una crisi industriale. Ci sono state ripercussioni sui traffici?
«Abbiamo registrato solo lievi aggiustamenti nei mix di produzione di alcune raffinerie, ma non cali significativi. È vero che la Germania attraversa una fase complessa, tuttavia il nostro ruolo di infrastruttura di servizio fa sì che i volumi rimangano stabili».
Continuano le tensioni sui prezzi dell’energia?
«Direi solo in parte. Come dice sempre Sultan Ahmed Al-Jaber, Ceo di Adnoc, la principale compagnia petrolifera emiratina, oggi viviamo in un mondo pieno di rumore: eventi geopolitici, tariffe, guerre commerciali. Ma se isoliamo il rumore e guardiamo ai segnali di fondo, siamo tranquilli. Il flusso di petrolio si mantiene elevato e rimarrà una commodity strategica per anni. Anche se l’Opec+ ha annunciato nuovi aumenti di produzione, non mi aspetto forti ribassi».
Il petrolio influenza anche il prezzo di altre forme di energia, come il gas naturale. Pensate di impegnarvi anche su questo fronte?
«Non operiamo nel mercato del gas: lo utilizziamo solo per alimentare i nostri sette impianti di cogenerazione in Friuli Venezia Giulia, collaborando con il Consorzio Energia per ottimizzare le forniture»
Prima di arrivare a Trieste ha trascorso quindici anni negli Emirati Arabi ad Abu Dhabi e Arabia Saudita. Che esperienza è stata?
«È stata un’esperienza straordinaria, sia dal punto di vista umano che professionale. Ho lavorato in contesti molto diversi, in società globali come General Electric, Linde e poi Omv, seguendo progetti che spaziavano dal gas industriale alla produzione di idrogeno, ammoniaca e monossido di carbonio per impianti petrolchimici».
Ora è approdato a Trieste. Con quali ambizioni?
«Ho chiesto la residenza lo scorso settembre: posso dire che mi sento ormai pienamente adottato dalla città. Trieste mi ha colpito subito per il suo carattere accogliente e per l’energia che sprigiona, una città di confine che sa essere europea nel senso più autentico del termine. È un luogo con una storia industriale e marittima unica, dove ogni pietra racconta una stratificazione culturale e commerciale straordinaria» —.
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