Nel silenzio dei laboratori, il pharma del Nordest conquista il mercato globale

Ricerca, precisione e radici familiari: così 36 aziende tra Veneto e Friuli generano 4,3 miliardi di fatturato e tengono testa ai colossi mondiali del farmaco

Roberta Paolini

Nel silenzio delle linee produttive e dei laboratori iper-specializzati, il pharma triveneto continua a macinare numeri da manifattura d’élite: 36 aziende, un fatturato aggregato di 4,3 miliardi nel 2024, una crescita che negli ultimi dieci anni non ha mai rallentato. È il ritratto che emerge dalla ricerca realizzata da Adacta Advisory per IlNordEst Economia, che conferma l’area come una delle piattaforme farmaceutiche più performanti d’Italia.

Nel confronto globale, il distretto triveneto si distingue per performance e qualità gestionale. Mentre giganti come Johnson & Johnson, Roche, Merck & Co, Pfizer e AbbVie dominano la scena mondiale con ricavi compresi tra 55 e 90 miliardi di dollari, il Pharma a Nord Est si muove silenzioso ma deciso, affermando la propria centralità in nicchie di mercato o con posizionamenti di eccellenza nella catena del valore.

Lontanissimo dai colossi, appare più come un tessuto familiare che ha fatto della precisione, della ricerca e della visione internazionale la propria grammatica industriale. Il quadro complessivo restituisce l’immagine di un pharma triveneto solido e profittevole, composto da aziende capaci di competere grazie a investimenti mirati, strategie di acquisizione selettive e radicamento territoriale.

 

La mappatura della ricerca di Adacta Advisory si è bastata sui codici Ateco relativi alla fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e fabbricazione di medicinali e altri preparati farmaceutici. Il panel iniziale è stato successivamente ampliato includendo Stevanato, Zambon, Unifarco.

Zambon è inclusa per la sua origine vicentina e per la presenza di stabilimenti e centro di ricerca in Veneto, mentre Unifarco, pur operando prevalentemente negli integratori e nei dermatologici, presenta prodotti con brevetti e un livello di ingegneria tale da conferirne valenza terapeutica.

Unifarco, inoltre, ha avuto recentemente un ruolo determinante nell’inserimento, per la prima volta, di una crema idratante per la cura della dermatite atopica nelle Liste dei Farmaci Essenziali dell’OMS, contribuendo a un importante progresso etico nella tutela della salute globale.

Sul fronte dei medical device, la distinzione è stata netta: il comparto diagnostico resta frammentato, mentre la produzione di Stevanato è legata al drug delivery, quindi con una connessione fortissima con il pharma.

A trainare il comparto sono le prime dieci imprese, responsabili del 93,7% dei ricavi complessivi, con in testa Stevanato, Zambon, Fabbrica Italiana Sintetici (Fis) e Fidia Farmaceutici. In dieci anni il settore ha registrato un tasso medio annuo di crescita (Cagr) dell’8,6%, che ha freanto al +5,2% all’ultima rilevazione. La redditività operativa si mantiene solida, con margini tra il 10 e il 15%, dopo la flessione seguita al triennio 2017-2020.

Stevanato, con 1,1 miliardi di ricavi 2024 e una crescita media del 15% l’anno, è il leader indiscusso, seguito da Zambon (876 milioni) e Fis (812 milioni), che vanta la marginalità più elevata (15%). Fidia, con 503 milioni di fatturato e un Ebit del 13,4%, guida invece la stagione delle acquisizioni, confermandosi uno dei motori strategici del distretto.

Dal punto di vista finanziario, l’analisi evidenzia una grande solidità patrimoniale con livelli di indebitamento contenuti: il rapporto medio ra posizione finanziaria netta (Pfn) e Ebitda è 1,35, mentre quello tra Pfn e patrimonio netto è 0,31.

La crescita del settore è trainata in larga parte dallo sviluppo organico. Tra le poche a muovere il mercato delle acquisizioni è stata per l’appunto Fidia, responsabile di una decina di operazioni, cinque delle quali nel solo 2023. Le acquisizioni hanno riguardato società, marchi, plant e business unit, con l’obiettivo di integrare tecnologie e prodotti a potenziale di sviluppo e industrializzarli su scala internazionale.

Stevanato ha invece privilegiato la crescita organica, supportata da acquisizioni mirate come la danese InTria (2016) e di un’azienda specializzata nel packaging plastico. L’azienda ha investito fortemente in nuovi impianti, in particolare negli Stati Uniti, passando da produttore di packaging primario a sviluppatore di soluzioni integrate per il drug delivery e dispositivi point-of-care.

Fis, dal 2020, ha registrato una forte espansione organica grazie allo sviluppo di principi attivi di propria produzione, in particolare benzodiazepine e furosemide. Il rapporto Pfn/Ebitda superiore a 3 riflette un debito legato alla strategia di espansione. Per quanto riguarda Evotec, la società tedesca è subentrata tra il 2016 e il 2017 a Glaxo, integrando il centro di Verona nel proprio network europeo.

Nel decennio sono state censite 16 operazioni di M&A, di cui 11 acquisizioni (9 di Fidia) e 3 investimenti diretti di fondi, senza cessioni di rilievo.

Tra le altre, figurano FriulCam, Alchimia (acquisita da un fondo di private equity) e tre ingressi di fondi nel capitale di Fis. Interessante il caso di Progetto Benessere, holding nata a Milano come club di imprenditori triveneti, che ha aggregato diversi player del comparto integratori e farmaceutico, tra cui Sella Farmaceutici e Laboratorio Chimico Sella.

La presenza dei fondi di private equity resta marginale: il tessuto produttivo rimane largamente familiare, con poche aperture di capitale.

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