L’export del Nord Est prova a cambiare pelle

L’analisi della Fondazione Nord Est: le imprese del Triveneto stanno cercando sbocchi in mercati come India, Medio Oriente, Messico. Oltre agli Stati Uniti, soffre anche la Cina

Alice Giacomelli, Lorenzo Di Lenna e Gianluca Toschi*
Una recente immagine della moschea Zayed ad Abu Dhabi, nella cui costruzione è stato usato il marmo altoatesino di Lasa
Una recente immagine della moschea Zayed ad Abu Dhabi, nella cui costruzione è stato usato il marmo altoatesino di Lasa

 

I dati pubblicati pochi giorni fa dall’Istat sulle esportazioni delle regioni italiane mostrano, per il Nord Est, più ombre che luci. Nel secondo trimestre 2025, rispetto allo stesso periodo del 2024, le esportazioni del Trentino Alto Adige registrano una lieve flessione (-0,5%), quelle del Friuli-Venezia Giulia un calo più marcato (-12,9%), mentre Veneto ed Emilia-Romagna segnano rispettivamente -1,5% e -1,7%. Spicca, perché in controtendenza, il risultato della Lombardia, che mette a segno una crescita del +4,5%.

Se agli ultimi dati usciti si aggiungono quelli del primo trimestre è possibile cogliere gli effetti prodotti dalla forte incertezza generata dai ripetuti annunci sull’introduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti. Il periodo consegna un quadro a macchia di leopardo. Nel complesso il Paese mostra una crescita delle esportazioni: +2,1% trainato dagli exploit di Lombardia, Lazio e Toscana, con il Nord Est in controtendenza, registrando un -0,5% rispetto allo stesso periodo del 2024.

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L’unica eccezione è rappresentata dal Friuli Venezia Giulia (+6,6%) e Bolzano (+1,6%). Il resto della cartina si colora, invece, di rosso con il Veneto che fa segnare -1,3%. La Lombardia, invece, consolida il proprio ruolo di regione trainante: chiude il semestre con un +2,8%, un risultato che conferma la tenuta rispetto alle difficoltà del Nord Est.

Scendendo nel dettaglio, se da un lato cresce l’export di prodotti alimentari e bevande (Veneto +5,9%, Trentino +3,9%, Alto Adige +5,8%, Friuli Venezia Giulia +12%), dall’altro diversi comparti storici del manifatturiero nordestino rallentano. In particolare, sono due i comparti più penalizzati: moda e macchinari. Il tessile-abbigliamento perde colpi a livello nazionale (-3,8%) e ancora di più in Veneto (-4,5%), Friuli Venezia Giulia (-4,5%) ed Emilia Romagna (-6,9%), mentre il settore dei macchinari registra la contrazione più marcata proprio in Emilia Romagna (-2,3%), seguita dal Veneto (-1,3%).

Accanto all’alimentare, l’unico altro comparto in grado di sostenere l’export italiano è il farmaceutico, ma con una geografia tutt’altro che uniforme. La Lombardia (+66,8%) traina il dato nazionale (+38,9%); Friuli (+11,2%) ed Emilia Romagna (+15,0%) segnano valori positivi seppur contenuti rispetto al valore lombardo, Veneto (-3,8%) e Trentino Alto Adige (-18,2%) riportano valori negativi.

Guardando ai mercati di destinazione, nel primo semestre 2025, i contributi positivi all’export arrivano soprattutto da Germania e Stati Uniti per il Friuli Venezia Giulia, con crescite rispettivamente del +92,2% e +12,8%. Per la Lombardia i mercati più dinamici sono la Svizzera (+22,5%) e gli Stati Uniti (+6,8%).

Le regioni in flessione mostrano invece contributi negativi legati ad alcuni partner chiave. Per il Veneto pesano i cali negli scambi con gli Stati Uniti (-5,5%) e la Francia (-2,6%); per l’Emilia Romagna i segni meno arrivano da Stati Uniti (-6,5%) e Giappone (-20,9%); per il Trentino Alto Adige le riduzioni sono attribuibili soprattutto a Germania (-7,2%) e Francia (-16,0%).

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L’analisi congiunta di settori e mercati mostra differenze significative. Il Friuli Venezia Giulia denota un andamento positivo principalmente grazie ai mezzi di trasporto diretti in Germania e Stati Uniti e ai macchinari e apparecchi venduti in Messico (+97,6%) e negli Stati Uniti (+18,6%). Le flessioni riguardano invece i mezzi di trasporto verso il Regno Unito e i computer e apparecchi elettronici, con contrazioni significative verso Paesi Bassi (-75,5%) e Stati Uniti (-84,2%).

Il Trentino Alto Adige, in calo dello 0,8% nel periodo gennaio-giugno 2025 rispetto allo stesso intervallo del 2024, risente soprattutto della contrazione delle vendite di apparecchi elettrici e macchinari in Germania (-47,3% e -27,5%) e delle forniture di apparecchi elettrici in Francia (-51,0%).

Per il Veneto il quadro risulta più articolato: contribuiscono positivamente le esportazioni di metalli verso gli Emirati Arabi Uniti (+219,4%), i prodotti alimentari, bevande e tabacco verso Germania (+8,3%) e Stati Uniti (+11,0%) e i macchinari e apparecchi verso Polonia (+24,7%) ed Emirati Arabi Uniti (+63,0%). In calo risultano invece le vendite di prodotti di altre attività manifatturiere (mobili, gioielleria, strumenti e forniture mediche) verso Stati Uniti (-22,5%), i macchinari e apparecchi verso Germania (-7,6%) e Turchia (-20,1%), e i metalli verso Germania (-8,5%).

Sembra indebolirsi ulteriormente anche il commercio con la Cina, che registra una flessione sia nei metalli (-59,3%) sia nella moda (-22,3%). Infine, l’Emilia Romagna evidenzia aumenti per i mezzi di trasporto in Giappone (+35,0%) e Francia (+15,2%) e per i prodotti alimentari, bevande e tabacco in Francia (+9,9%), Germania (+7,3%) e Stati Uniti (+5,8%). I principali contributi negativi riguardano invece alimentari verso Giappone (-62,9%), macchinari (-13,7%) e mezzi di trasporto (-7,2%) verso Stati Uniti e il comparto tessile-abbigliamento in Cina (-46,0%).

Provando a cogliere i segnali di fondo, il quadro che emerge dall’analisi dei dati del primo semestre 2025, quello immediatamente precedente all’entrata in vigore dei dazi statunitensi, mette in evidenza tre dinamiche principali.

La prima riguarda il buon andamento delle esportazioni dell’agroalimentare verso gli Stati Uniti, rilevato soprattutto per Veneto ed Emilia Romagna. Un dato che è interpretabile come un effetto dell’annuncio dei dazi: molte imprese hanno anticipato le spedizioni per evitare i rincari futuri.

In secondo luogo, i settori più penalizzati restano la moda, con un calo ormai strutturale, e i macchinari, frenati dall’incertezza legata all’introduzione e all’entità dei dazi, in un settore caratterizzato, in molti casi, da tempi di produzione lunghi. A questo si aggiunge il persistente ridimensionamento delle esportazioni di Veneto, Emilia Romagna e Lombardia verso la Cina, in particolare nei comparti tessile e abbigliamento dove il fenomeno del “China Chic” sta modificando le preferenze dei consumatori e penalizzando i brand esteri.

Allargando lo sguardo alle altre regioni, spicca l’exploit lombardo, trainato dal comparto farmaceutico, che consolida la leadership della regione. Accanto a questi trend, si intravedono i primi segnali di diversificazione: alcune regioni, in particolare Veneto ed Emilia Romagna, stanno progressivamente ampliando il raggio d’azione, spostando parte delle vendite verso nuovi mercati; tra questi, si distingue l’India.

Quelli che si colgono sono segnali ancora deboli che non sono capaci di controbilanciare la riduzione delle esportazioni nei mercati tradizionali, ma sono importanti perché evidenziano il cambiamento nelle strategie delle imprese.

Rimane da vedere se nel medio-lungo periodo le esportazioni verso questi nuovi mercati riusciranno quantomeno a mitigare gli effetti prodotti dall’introduzione delle barriere commerciali Usa, e più in generale ad accompagnare il sistema economico nordestino verso la ridefinizione di nuovi equilibri in un mondo diverso rispetto a quello al quale eravamo abituati. 

*Ricercatori della Fondazione Nord Est

 

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