Dazi ed export, Zanata:«Occorre alzare il livello dei prodotti»

Il ceo di Electrolux Professional: «La gente teme l’inflazione, vediamo l’impatto delle tariffe sia sui componenti che sugli apparecchi importati»

Maurizio Cescon

 

I dazi americani sulle merci europee al 15% sono a regime ormai da due mesi e, salvo colpi di scena, leggasi la pronuncia della Corte suprema Usa in materia, prevista per la metà di ottobre, dovrebbero rappresentare quella che si potrebbe chiamare “la nuova normalità” nei rapporti commerciali tra le due sponde dell’Atlantico. Certo una normalità scomoda per l’Italia, la Germania, la Francia, vista l’imposizione della barriera doganale.

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Ma non è escluso che, a lungo termine, le tariffe possano fare male anche ai consumatori e agli importatori a stelle e strisce. Alberto Zanata, presidente e Ceo di Electrolux Professional, l’azienda con quartier generale a Pordenone leader nella realizzazione e fornitura di soluzioni integrate per ristorazione (cucine e bevande) e lavanderia professionale, è appena rientrato da un periodo di lavoro negli Stati Uniti e ha dunque il polso aggiornato della situazione.

Dottor Zanata, che idea si è fatto del contesto economico attuale?

«Il mercato americano fa fatica dopo l’introduzione dei dazi al 15%. Avevamo notato che i nostri principali concorrenti denunciavano un po’ di frenata già nel secondo trimestre dell’anno, mentre noi continuavamo a crescere. Dalla fine di luglio, da quando cioè le tariffe sono effettivamente in vigore, anche noi abbiamo avuto un piccolo rallentamento. Tenga presente che il nostro fatturato del 2024 negli Usa è stato brillante, vale il 25%, con due fabbriche operative, in Mississipi e in Michigan. In particolare quel 25% di ricavi è dato da un 13% realizzato negli Usa e da un 12% di importazioni».

Se dovesse indicare il fattore predominante di questi tempi in America, quale sarebbe?

«L’incertezza la fa da padrona. I consumatori temono l’inflazione che verrà o che potrebbe arrivare nei prossimi mesi. La gente ha abbassato le aspettative e con esse il sentiment sul proprio futuro, anche se ristoranti e alberghi sono pieni. I prodotti che vendiamo noi sono già aumentati di prezzo da un 3 a un 10%, i grandi clienti congelano o rinviano gli ordini più importanti. Se McDonald’s, per fare un esempio, dovesse decidere di sostituire delle attrezzature nei suoi locali americani, potrebbe rimandare l’investimento, per la grande incertezza che c’è. E poi esiste un altro problema significativo».

Quale sarebbe?

«Sui conti 2025 di Electrolux Professional i dazi hanno solo un impatto “non materiale”. Piuttosto ciò che ci penalizza sul fronte ricavi è la svalutazione del dollaro, arrivata al 20% sull’euro. In Svezia, da dove arrivano le lavatrici per il mercato americano, e in Thailandia, da dove vengono esportati prodotti per il beverage, il contraccolpo si sente».

La sentenza della Corte suprema Usa sui dazi potrebbe cambiare le cose?

«Ma anche questa è un’incertezza. Non sappiamo cosa succederà dopo. I giudici potrebbero eliminare una significativa parte di dazi, i prodotti potrebbero costare di meno, così come i componenti. Già oggi, con le tariffe americane del 50% applicate al Brasile, che è un grande produttore di compressori per frigoriferi, il prezzo finale del frigorifero diventa decisamente più elevato».

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Tutta questa incertezza potrebbe pesare sui fatturati del 2026?

«Non siamo pessimisti, non almeno in questo momento. Le cose si dovrebbero stabilizzare, i dazi dovrebbero diventare la norma. Aziende e consumatori si adegueranno, importante sarà capire quanta inflazione produrranno. Proprio perché noi andiamo bene, stiamo valutando la concentrazione della produzione in alcuni stabilimenti, ma stiamo nel contempo investendo per uno shifting delle competenze. Tra due mesi lanceremo un prodotto nuovo di zecca sulle gamme di cottura, che viene fatto nella fabbrica di Vallenoncello, che sfrutta tecnologie avanzate e digitalizzazione e dal quale ci aspettiamo un ulteriore slancio».

America a parte, gli altri vostri mercati come vanno?

«Bene l’Europa. L’Italia, dopo i record del 2023 e 2024, potrebbe fare ancora meglio. Anche la Germania si sta riprendendo dopo la crisi. Nel Medio Oriente e in Africa, nonostante le guerre, esiste un business di progetti. In Asia il Giappone, che per noi vale un 10% di ricavi, ha rallentato tanto, anche se adesso si è stabilizzato. La Cina non male».

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