Crédit Agricole punta a 5 posti nel nuovo cda del Banco

Il board di Bpm va al rinnovo in primavera e i francesi starebbero pensando di alzare la posta. Entro fine anno è attesa la decisione della Bce sulla salita nel capitale a ridosso del 30% 

Luigi Dell'Olio

 

Crédit Agricole non fa più mistero delle sue intenzioni: nel prossimo rinnovo del board di Banco Bpm – assemblea ad aprile, lavori già avviati dal gruppo guidato da Giuseppe Castagna – il socio francese punta a contare molto più degli attuali due rappresentanti, Chiara Mio e Paolo Bordogna. Le indiscrezioni (pubblicate ieri dal quotidiano Mf) parlano di quattro, forse cinque posti in cda, un balzo che segnerebbe plasticamente il cambio di fase nei rapporti di forza dentro la terza banca italiana.

Un salto che, nel gioco delle poltrone, potrebbe persino arrivare a lambire presidenza e direzione generale, oggi presidiate da Massimo Tononi e dal tandem Domenico De Angelis – Edoardo Maria Ginevra. Dal quartier generale transalpino non hanno voluto commentare l'ipotesi, ma l'aria che tira sarebbe quella.

La spinta dell’Agricole non nasce nel vuoto. La Legge Capitali ha reso la strada più stretta per le liste dei board uscenti – si è visto con Generali – e di fatto ha riconsegnato agli azionisti un potere che qualche governance “illuminata” aveva provato a sterilizzare. Una finestra che per i francesi potrebbe rivelarsi preziosa. E che, inevitabilmente, costringerà gli altri soci a decidere se stare a guardare o riorganizzarsi.

Le Fondazioni, oggi riunite in un patto che vale il 6,5% del capitale, sembrano orientate a non restare in panchina. L’avanzata del socio d’Oltralpe, sommata al probabile ridimensionamento della capacità d’intervento del governo che potrebbe non poter usare il golden power, le spinge a valutare un rafforzamento delle quote. Non è un caso che negli ultimi giorni siano circolate ipotesi di ingresso nel patto di Enasarco (1,5%) ed Enpaf (0,2%), oggi fuori dal perimetro. Tutto ancora da verificare, ma il movimento è iniziato.

Il quadro si è ulteriormente chiarito quando, due giorni fa, presentando i conti trimestrali, Olivier Gavalda, numero uno del colosso francese, ha abbandonato la prudenza: «Immagino che tutti voi sappiate che siamo molto attenti a ciò che accade nel mercato italiano. Se Banco Bpm ci proponesse una fusione, la considereremmo favorevolmente», ha detto. Per poi aggiungere: «Stiamo aspettando una proposta. Abbiamo definito un progetto di crescita organica, perché comunque stiamo aspettando questo. Forse un giorno accadrà, ma oggi non è in corso e vogliamo organizzarci per andare avanti da soli».

Dunque la Banque Verte è pronta ad affondare il colpo e, al tempo stesso, fa sapere di non essere disposta a mollare la Penisola. «In nessun caso accetteremmo di vendere Crédit Agricole Italia (guidato da Giampiero Maioli, ndr) in cambio di denaro contante. Tanto che ci stiamo organizzando per restare a lungo termine come primi azionisti, siamo presenti da molto tempo in Italia e ci impegniamo a continuare a supportare i nostri clienti italiani». Un messaggio consegnato al mercato e, tra le righe, a Palazzo Chigi.

Una prima prova delle intenzioni del gruppo transalpino si avrà nelle prossime settimane, quando prenderanno per l’appunto il via le trattative per il rinnovo del board di Banco Bpm. L’istituto guidato da Castagna, che ha già comunicato di aver aperto il dossier della definizione della propria lista, non potrà a questo punto ignorare la volontà dell’azionista francese di contare maggiormente. È su questo tavolo che alcuni osservatori, in base ai pesi azionari, ipotizzano che Crédit Agricole possa rivendicare la presidenza o la direzione generale.

Il gruppo francese, già al 20% del capitale, attende l’ok della Bce per salire al 29,9%, un soffio sotto l’asticella che fa scattare l’Opa obbligatoria. Intanto si prepara: crescita organica, presidio dei territori, volontà dichiarata di autonomia. Ma è evidente che, se l’aggregazione diventasse praticabile, la Banque Verte non si tirerebbe indietro.

In questo clima, per Banco Bpm si apre una fase decisiva. E non solo sul fronte interno. La partita italiana, infatti, si incrocia con quella europea. A Bruxelles è attesa la decisione dell’esecutivo comunitario sulla procedura di infrazione per l’uso del Golden Power contro l’Ops di Unicredit su Banco Bpm. All’epoca, Roma aveva brandito la minaccia alla sicurezza nazionale, sostenendo che l’assalto di un concorrente internazionale mettesse a rischio un presidio finanziario domestico. Ora la Commissione sembrerebbe pronta a contestare all’Italia l’ostacolo alla libera circolazione dei capitali e l’interferenza con le prerogative della Bce e dell’esecutivo europeo.

Riproduzione riservata © il Nord Est