Congiuntura senza svolte: soltanto leggeri spiragli, una vera ripresa è lontana

Il sondaggio della Bussola dell’Economia del Nord Est fra manager e imprenditori. Il sistema su un piano inclinato. Veneto più pessimista del Friuli Venezia Giulia

Daniele Marini

L’economia nordestina si sta muovendo lungo un piano inclinato e le prospettive per l’immediato futuro fanno sì presagire un leggero spiraglio positivo, ma senza quello scossone che servirebbe per una reale ripresa. La congiuntura economica, per questo ultimo scorcio d’anno e per la fine del 2025, nell’opinione di un ampio gruppo di testimoni privilegiati fra imprenditori e manager interpellati da Community Research&Analysis per i Quotidiani del gruppo Nem, con il sostegno di Finergis, con BEN – Bussola dell’Economia del Nordest, non fa sicuramente intravedere ancora un’inversione di rotta. Anzi, la fase di discesa sembra proseguire, e in modo più accentuato rispetto ad alcuni anni fa.

Il contesto generale racconta di fenomeni che non accennano ad attenuarsi, rimanendo fortemente problematici. Se l’inflazione appare sotto controllo, tuttavia le condizioni generali consegnano un orizzonte offuscato: il conflitto bellico russo-ucraino che non accenna a trovare una composizione; la tregua israelo-palestinese a dispetto degli annunci è molto fragile; la guerra commerciale introdotta da Trump coi dazi rende l’ambiente totalmente incerto. Ma la preoccupazione prevalente appare legata all’Europa e, segnatamente, al ruolo che Francia e in particolare Germania occupano nei confronti delle imprese italiane e soprattutto nordestine, notoriamente legate a loro da forti relazioni produttive.

Le valutazioni sull’andamento attuale dell’economia riportano valori largamente negativi rispetto al passato: da quelli positivi dell’epoca post-Covid, si registra un progressivo calo. Tant’è che la misura sintetica del saldo di opinione (differenza fra crescita e flessione), diminuisce progressivamente per assestarsi oggi a -29,9 per l’ambito regionale, nazionale (-37,2) e soprattutto europeo (-44,1). Solo l’ambito internazionale (-3,4) respira un’aria meno negativa.

Dunque, per imprenditori e manager del Nord Est il sistema produttivo locale risente in misura minore le difficoltà generali, più che il resto del paese e dell’Europa. Ma nello stesso tempo il percorso appare scivolare su un piano inclinato. Di conseguenza, il saldo dell’indice IPER (Indice di Performance) che sintetizza l’insieme delle diverse indicazioni, si attesta a -30,5, in progressiva discesa dal +69,4 del novembre 2021.

È possibile però trovare alcune differenziazioni nelle opinioni dei testimoni privilegiati. Le imprese venete denunciano un indice peggiore (-25,5) rispetto a quelle friul-giuliane (-15,8). I settori sono tutti attraversati da difficoltà, ma quelli del commercio e servizi (-31,7) appaiono più in affanno rispetto all’industria (-28,3) e alle costruzioni (-26,7). Com’è intuibile, la dimensione costituisce una variabile determinante: le micro (-42,2, meno di 9 addetti) denunciano una sofferenza che tende a dissolversi al crescere della struttura (-20,4, 10-49 addetti; -14,6, oltre 50 addetti).

Per la fine del 2025, imprenditori e manager del Nord Est prevedono ancora un sostanziale «congelamento» dell’economia, ma con una negatività che perde d’intensità e soprattutto con una diversificazione degli scenari territoriali. Le previsioni rimangono peggiorative per tutti i territori considerati. Tuttavia, registriamo cadute di profondità diverse. L’attesa verso l’Europa sembra attenuare le difficoltà con un saldo di opinione che si attesta a -30,3. Per l’Italia e il Nord Est si prevedono performance negative, ma in misura minore rispetto al trimestre precedente (rispettivamente -26,9 e -23,3). Diverso appare il destino per l’economia mondiale, attestandosi a un livello decisamente in miglioramento e portandosi in campo positivo (+8,5). Le prospettive quindi appaiono ancora negative, ma qualcosa si sta muovendo in senso positivo.

Come in precedenza, anche il saldo dell’Indice sul Futuro (IF) risulta negativo (-17,7), ma presenta il dato migliore della serie storica. Le valutazioni, ancorché negative, sono più preoccupate fra i veneti (-15,5) rispetto ai friul-guliani (+5,3), oltre che vedere chi opera nell’industria (-20,4) e nel commercio e servizi (-19,1) le maggiori criticità di prospettiva. Chi guida una microimpresa (-28,8, fino a 9 addetti) fa previsioni più negative, rispetto a chi ha un’impresa più strutturata (0, oltre 50 addetti). Che comunque l’uscita dal tunnel della crisi non sia prossima, lo testimonia la previsione di imprenditori e manager interpellati. Più della metà (52,9%) ritiene si dovrà attendere ancora tutto il prossimo anno per una sua conclusione.

Solo pochi percepiscono i segnali di una ripresa (13,6%) o di un’uscita a breve termine (14,5%). Soprattutto, l’incertezza non è mai stata così elevata (19,0%). Siamo di fronte a un paradosso: si può continuare a crescere, ma se il ritmo è quello dello “zero-virgola” la sindrome del piano inclinato rischia di divenire una patologia da cui sortire sarà molto difficile e, soprattutto, con un tempo lungo. Mentre il mondo si muove velocemente. Alle imprese non mancano energie e vitalità, ma devono essere consapevoli delle sfide da affrontare. Così come di riforme e politiche favorevoli per poter agganciare la ripartenza.

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