Capitale umano e nuove tecnologie: così il Nord Est si allontana dall’Europa
Il report della Fondazione Nord Est: le regioni competitor corrono di più. Il presidente Baban: imprese troppo piccole per sostenere gli investimenti necessari e c’è il problema della glaciazione demografica

Il Nord Est non è più la locomotiva che per decenni ha trainato il Paese.
Negli indicatori che contano davvero - innovazione, produttività, attrattività dei giovani e capacità di investimento - il territorio mostra crepe sempre più evidenti, mentre altre regioni europee accelerano.
Il modello diffuso delle piccole imprese, un tempo forza incomparabile del sistema, oggi rischia infatti di trasformarsi nel suo limite più grande.
A questo si aggiunge una frattura demografica che sta rapidamente erodendo il capitale umano necessario per sostenere la prossima fase di sviluppo.
È da questa consapevolezza che nasce il Manifesto della Fondazione Nord Est, presentato lunedì all’M9 a Mestre, un invito a prendere atto dei segnali d’allarme e a ripensare profondamente le strategie del territorio.
Il confronto con l’Europa
La fotografia che emerge è quella di un’area che cresce, ma non abbastanza per restare competitiva.
Nelle classifiche europee dell’innovazione, le regioni del Nord Est restano nella fascia intermedia, lontane dai leader. Il Pil pro capite è salito dai 26.700 Purchasing power standard (Pps, moneta artificiale adottata per il confronto in campo internazionale europeo) del 2000 ai 44.200 del 2023, ma territori simili per specializzazione economica hanno corso molto di più: la Baviera è passata da 20.000 a quasi 52.000 Pps, l’olandese Zuid-Nederland da 24.700 a 49.200.
Anche sul piano sociale la tendenza è preoccupante: dal 2011 il Nord Est ha perso oltre 67 mila giovani tra i 18 e i 34 anni. La manifattura mantiene una quota di valore aggiunto superiore alla media italiana ed europea, ma proprio questo pilastro storico rischia oggi di essere il più esposto alle trasformazioni globali.
In questo contesto, Alberto Baban, presidente della Fondazione Nord Est, richiama con forza la necessità di una svolta.
La forbice si allarga
«Diciamo che abbiamo anche la volontà di rappresentare questo Nord Est che non solo ha rallentato», afferma, «ma rispetto alla offerta competitiva che in questo momento sta ridisegnando la nuova globalizzazione, c’è un gap che va immediatamente colmato, perché è un gap di disponibilità di capitale umano e disponibilità tecnologica. Quindi bisogna stare molto attenti perché questa forbice si può allargare con una velocità inaspettata».
Baban entra poi nel merito dei limiti strutturali che frenano il territorio. «Il Nord Est ha una diversità rispetto ad altre parti del mondo: ha una diffusa imprenditorialità, dovuta alla moltitudine di imprese di piccola dimensione, che però a questo punto diventano anche un gap». E aggiunge: «La dimensione così piccola non riesce a conquistare quella necessità di capacità di investimento che è uno degli elementi che contraddistingue il nuovo corso con l’implementazione di tutte queste tecnologie, di cui l’Ai è uno dei primi abilitatori, anche se non è l’unica chiave di lettura».
Il fronte demografico
Il secondo fronte è quello demografico, che Baban definisce senza mezzi termini «una glaciazione».
«Noi abbiamo un gap del capitale umano perché si incrocia con la demografia che ha il collasso», spiega. «C’è una coincidenza tra i boomers, che erano forse anche le prime generazioni che hanno costruito il fenomeno della locomotiva del Nord Est, e che si stanno pensionando o stanno pensando al cambio della generazione al comando, e dall’altra parte i giovani formati che scelgono altri luoghi perché non reputano sufficientemente attrattivo questo territorio».
Il problema, osserva, è che «questo gap non si colma perché quelli che entrano sono formati diversamente, sono formati meno e dal punto di vista numerico sono decisamente di meno».
L’impatto economico
Il risultato è «un saldo negativo da troppo tempo» che produce «un impatto economico evidente, perché parte tutto dall’offerta del capitale umano, dalla disponibilità quantitativa e qualitativa di competenze per guidare le aziende con un tasso di capacità di innovazione strategica completamente diverso».
Mentre Baban richiama la necessità di una presa di coscienza collettiva, la riflessione della Fondazione si allarga al modo in cui il Nord Est sta dentro le nuove geografie globali del valore.
L’immagine complessiva è quella di un Nord Est che possiede ancora energie, competenze e una tradizione industriale forte, ma che deve riconoscere la rapidità del cambio d’epoca. Restare fermi significherebbe perdere terreno. —
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