Bollicine d’alta quota nelle Valli del Natisone
Un giovane viticoltore friulano, Massimiliano Zufferli, affinerà mille bottiglie autoctone nelle antiche cantine abbandonate di Drenchia e Grimacco

Le bollicine, si sa, vanno di moda e così i viticoltori cercano sempre nuovi e accattivanti modi per proporre ai consumatori prodotti di nicchia, che abbiano una storia unica alle spalle, che possano raccontare cosa c’è dentro la bottiglia.
È il caso dello spumante delle Valli del Natisone, estremo lembo a est del Friuli Venezia Giulia.
Un vino d’alta quota e di periferia, affinato in un ambiente lontano dai più celebrati contesti enologici regionali come il Collio o i Colli orientali: questo l’obiettivo che un giovane imprenditore valligiano, Massimiliano Zufferli, 35 anni, si propone di raggiungere.
Ovvero creare uno spumante metodo classico di Drenchia e Grimacco. Zufferli, per tradizione familiare, è legato al territorio del monte Colovrat, dove punta a far rivivere le antiche cantine dei Comuni più marginali e sperduti, spesso piccoli gioielli di architettura rurale in abbandono.
Prossimamente le prime mille bottiglie saranno trasferite per l’affinamento (serviranno due anni) sulle alture di Drenchia, che promettono di dare un valore aggiunto: per quanto, infatti, non vi siano evidenze scientifiche sui benefici di un’affinazione in altura, memorie di famiglia rendono Zufferli convinto dell’esito.
«Quand’ero bambino – racconta – alcuni parenti ci regalavano periodicamente delle bottiglie di vino da loro prodotto in pianura. Assaggiandolo dopo averlo lasciato a lungo a riposo nelle nostre cantine, qui nelle vallate del Natisone, mio nonno si accorse che il gusto si era molto evoluto, migliorando. Ne dedusse che le condizioni climatiche tipiche di questa fascia prealpina possono incidere in maniera significativa».
Si punta a un prodotto d’eccellenza, dunque (il metodo utilizzato è appunto quello classico, il più lungo e complesso, lo stesso alla base del celebre Champagne), che si configura come un tassello in una visione ben più ampia: obiettivo di Zufferli, che a questa progettualità ha dedicato la tesi conclusiva del suo master di primo livello in “Innovazione dei sistemi agrosilvopastorali della montagna”, è infatti recuperare, far rivivere e promuovere la conoscenza delle vecchie cantine valligiane, per salvare un pezzo di storia locale e per innescare sinergie positive, che possano stimolare processi di rinascita.
Alla riapertura delle cantine dei nonni paterno (a Drenchia Superiore) e materno (a Canalaz di Grimacco) si unisce la prospettiva dell’allestimento di uno show room e un punto degustazione a Ponte San Quirino, porta di accesso alle Valli del Natisone.
Sarà anche un modo per far riscoprire aspetti della quotidianità locale ormai lontani e tramontati: per quanto non siano, per questioni morfologiche, geologiche e climatiche, terra di vigneti, le vallate che si frappongono fra Cividale e la Slovenia hanno registrato, in passato, produzione vinicola per consumo domestico.
Venivano coltivati prevalentemente vitigni di Americano, ma anche di Ribolla e di altre specie autoctone, di cui ormai ne rimangono pochissime: ne usciva un vino molto tannico, secco e astringente al palato, «che faceva saldamente parte dell’alimentazione dei nostri avi».
Il progetto in corso, invece, attingerà la materia prima da tre vigneti della fascia confinaria, dalla Benecia al Carso: «La peculiarità – anticipa l’imprenditore – è la spiccata acidità, come per il migliore Champagne metodo classico, ma il carattere originale di queste uve consentirà di ottenere un prodotto totalmente diverso da quello francese. —
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