Amped, i software triestini contro i deep fake: «Abbiamo completato la filiera investigativa»

Amped Software, azienda triestina di Area Science Park fondata da Martino Jerian, ha messo a punto strumenti forensi per smascherare deep fake e analizzare prove video

Giulia Basso

Novecento immagini pedopornografiche sequestrate a Venezia a fine ottobre. Tutte false, create con l’intelligenza artificiale. Un caso che racconta la nuova frontiera del crimine digitale e il paradosso investigativo del nostro tempo: su cento immagini di abusi, novantanove potrebbero essere sintetiche e una reale.

«Se non riesco a capire quale è vera e quale fake, come faccio a salvare quell’unico ragazzino che veramente esiste?», si chiede Martino Jerian, fondatore di Amped Software, azienda triestina di Area Science Park i cui strumenti forensi sono lo standard mondiale per smascherare deepfake e analizzare prove video. 

Quando nei telegiornali vediamo identificare un criminale da riprese di sorveglianza apparentemente indecifrabili, dietro c’è spesso Amped Five, software di punta dell'azienda fondata nel 2008, che permette agli esperti forensi di leggere dettagli invisibili: una targa da cinque pixel di altezza, una cerniera su una giacca. Ma oggi la battaglia è distinguere il vero dal falso. «L’area dell’autenticazione è quella cresciuta di più negli ultimi due anni», conferma Jerian. Amped Authenticate, rilasciato inizialmente nel 2013 ma esploso con l’emergenza deepfake, viene usato dalle forze dell’ordine per verificare l’autenticità di immagini e video. Non solo pedopornografia sintetica, ma anche quello che Jerian definisce “l'alibi del deepfake”: criminali ripresi in flagrante che dichiarano “sembro io, ma è un fake”. Un fenomeno sempre più diffuso che rischia di minare la fiducia nelle prove video.

Nel 2024 Amped Software ha avvicinato i 7 milioni di fatturato tra sede italiana e controllata americana (aperta nel 2019 a Brooklyn), quasi quadruplicando rispetto agli 1,8 milioni del 2018. Il percorso non è stato sempre lineare, perché proprio nel 2024 Amped ha cambiato i principi contabili della società italiana, che sono scesi a 3 milioni, dai 5,3 del 2023, a causa del «differimento a esercizi successivi di ricavi per un totale di 2,2 milioni di euro», recita il bilancio. A testimoniare la crescita, però, è anche il team, passato da una decina di persone nel 2018 a 50 collaboratori da 11 Paesi. Circa 7.000 le licenze vendute: un terzo negli Stati Uniti, un terzo in Europa e un terzo nel resto del mondo.

Ma è sull’etica dell’AI che l'azienda triestina traccia una linea netta. DeepPlate, lanciato nel 2024, legge targhe illeggibili con l’AI, ma è «strumento investigativo, non probatorio. Quando migliori un’immagine con l’AI stai creando una nuova immagine - spiega Jerian -. È per certi versi assimilabile a un deepfake: ti dà l'illusione di avere qualcosa di attendibile, ma non lo è». Su un volto in bassa qualità, l'AI crea dettagli inesistenti, cambia la forma degli occhi. «L'intelligenza artificiale può assistere, mai sostituire l’analista umano», ribadisce il fondatore. La gamma di prodotti copre la filiera investigativa: Five per laboratori forensi, Replay per agenti in prima linea, Authenticate per smascherare manipolazioni.

A 17 anni dalla fondazione, Amped resta triestina. Crescita organica, mantenendo il pieno controllo dell’azienda. Quanto al problema della fuga dei cervelli, Jerian lo conosce bene: «Ma nel nostro piccolo abbiamo invertito la tendenza: abbiamo gente da fuori che si trasferisce qui». La sfida principale resta quella culturale: in un mondo dove il 25% dei contenuti social è sintetico, distinguere il vero dal falso nelle aule di tribunale non è più solo un problema tecnico. È una questione di giustizia. 

 

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