Allarme crisi aziendali, metalmeccanica e tessile-abbigliamento i settori più vulnerabili

Molte aree del Nord Est colpite da situazioni di difficoltà occupazionali. Il punto sui tavoli di crisi aperti tra Veneto e Friuli Venezia Giulia

Nicola Brillo

 

Il Nord Est si appresta a chiudere l'anno con numerose crisi aziendali, che coinvolgono differenti settori. Dal territorio veronese con Breviagri a quello triestino con Tirso, la crisi colpisce molte aree di Veneto e Friuli Venezia Giulia. Una situazione di instabilità economica e occupazionale.

La Cgil del Veneto ha realizzato una stima delle crisi aziendali in essere. Tra gennaio e settembre 2025 ci sono stati oltre 70 tavoli gestiti dall’unità di crisi presso la Regione Veneto. Un numero che supera la situazione dello scorso anno. Nel corso di tutto il 2024 sono stati infatti 70 tavoli, alcuni dei quali tutt’ora aperti, con oltre 15 mila dipendenti coinvolti. Circa la metà delle aziende coinvolte ha meno di 100 addetti. Altre crisi aziendali, segnala ancora la Cgil Veneto, soprattutto quelle relative a grandi gruppi come Coin e Progest, sono gestite direttamente dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

Il settore metalmeccanico rappresenta circa il 50% delle crisi aziendali. Gli altri settori maggiormente coinvolti sono tessile-abbigliamento, alimentare-industria, servizi, commercio e logistica. Circa due terzi del totale dei lavoratori coinvolti provengono da tre settori principali: metalmeccanico, logistica e alimentare-industria. Sul fronte della dimensione aziendale, i lavoratori provenienti dalle imprese di grandi dimensioni rappresentano oltre i due terzi del totale dei lavoratori coinvolti nelle crisi aziendali.

Le province maggiormente coinvolte dalle crisi aziendali gestite nei tavoli della Regione Veneto sono Venezia, Vicenza, Padova e Verona. Tra nomi i più noti e “storici” in difficoltà c'è il Gruppo Coin, che finalmente ha raggiunto il piano di risanamento e rilancio, grazie anche all’ingresso di Invitalia nel capitale societario.

Il settore del turismo, nonostante i numeri in crescita, non è privo di difficoltà. L'hotel Bauer di Venezia, chiuso nel 2022 con 200 dipendenti, ha dovuto attendere fino ai mesi scorsi per un rifinanziamento da 280 milioni da parte dei proprietari (data riapertura prevista 2027).

Le aziende Cam e Cam Evolution di Chioggia con 43 dipendenti hanno depositato recentemente presso il Tribunale di Venezia istanza di liquidazione giudiziale in proprio. La speranza è che nel corso della liquidazione giudiziale possano emergere possibili acquirenti. Likum ha annunciato la chiusura delle attività produttive presso entrambi gli stabilimenti di Ponte di Piave e Oderzo. L’azienda ha dichiarato di voler procedere urgentemente alla richiesta di una cassa integrazione per cessazione attività fino al 31 dicembre 2025 per i 97 lavoratori.

Salendo nel Bellunese troviamo in difficoltà Ceramica Dolomite, storica realtà dei sanitari per bagno in ceramica di Borgo Valbelluna. L’azienda ha annunciato di ridimensionare la forza lavoro del 25%, con una riduzione di organico di 80 “tempo pieno equivalenti” su un totale di circa 300 addetti. Anche Deimos, azienda metalmeccanica che impiega circa 70 dipendenti, e che ha il proprio stabilimento a Cavassico Superiore a Trichiana, presenta difficoltà. La Hydro Extrusions di Feltre con 120 lavoratori ha deciso di non rinnovare il contratto a 20 lavoratori in “staff leasing”. Nel Veronese difficoltà per Breviagri e Xailog Technologies.

In Friuli Venezia Giulia, secondo una stima della Cisl regionale, nel settore metalmeccanica risultano una trentina le aziende che utilizzano la cassa integrazione, per un numero di dipendenti coinvolti che va dai 4 mila ai 4500.

Se si aggiungono anche gli altri settori di industria e terziario della regione, il numero delle aziende raddoppia. La situazione di difficoltà si trascina da tempo per l’Electrolux di Porcia, nonostante ultimamente siano arrivati segnali positivi con nuove commesse. L’azienda di cucine Snaidero di Majano, con i 250 dipendenti, da mesi lavora a giorni alterni. La Savio, specializzata in produzioni di testine di tessitura con circa 300 lavoratori, ha disdetto la contrattazione di secondo livello sul premio di risultato e sul piano industriale già concordato con le organizzazioni sindacali.

Cassa integrazione per la divisione ghisa di Zml, azienda maniaghese specializzata nella pressofusione dell’alluminio, nella fusione della ghisa e nella produzione di filo di rame, che dà lavoro a circa 500 persone. «Al 31 giugno scorso la cassa integrazione ordinaria e straordinaria autorizzata aveva già superato le ore di tutto il 2024, oltre un milione e trecentomila – spiega Cristiano Pizzo, segretario regionale di Cisl Fvg –. Complessivamente oggetto di richiesta di armonizzatori in Fvg erano una sessantina con oltre 7 mila lavoratori coinvolti. La richiesta di cassa integrazione per noi è un segnale di allarme sulle difficoltà. Poi fortunatamente non tutte le aziende passano al tavolo di crisi, ma occorre vigilare e intervenire ben prima che si passi agli esuberi».

Non ce l’ha fatta invece la Tirso di Muggia, che ha concluso l’attività produttiva il 30 settembre scorso senza che si facessero avanti acquirenti, lasciando a casa moltissime donne, il 70% tra i 152 assunti.

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