A Nord Est il motore nascosto dell’industria degli integratori

Ricerca ed export: un’analisi di Adacta Advisory indica il Triveneto come uno dei poli più avanzati della nutraceutica. Biofarma guida la classifica con 275 milioni e il Cagr più alto del quinquennio, segue Labomar con diverse acquisizioni

Roberta Paolini

Nell’officina industriale del Triveneto, la nutraceutica si conferma uno dei motori più veloci della manifattura italiana.

Il distretto degli integratori alimentari27 aziende tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige — ha chiuso il 2024 con 766 milioni di euro di ricavi, spinti da una crescita decennale con un Cagr (la crescita annua media dei ricavi) del 14,6%. Un settore giovane, compatto, polarizzato: le prime dieci imprese drenano oltre il 90,5% del fatturato complessivo e occupano l’88% dei 2.423 addetti totali.

Lo afferma un report realizzato da Adacta Advisory per IlNordEst Economia.

A guidare la classifica è Biofarma, gruppo da 275 milioni di ricavi e margini in recupero (Ebitda al 18%), la realtà più dinamica del distretto: negli ultimi cinque anni ha registrato il Cagr più alto (29%), sostenuto dall’ingresso nel capitale del fondo Ardian e da un’aggressiva strategia di acquisizioni internazionali.

Seguono Labomar (101 milioni) e Specchiasol (71 milioni, dati aggregati con Named), pilastri di un settore che mescola nutraceutica, dispositivi medici e cosmetica evoluta.

«Settore dinamico, ma norme Ue obsolete»
La redazione
Il presidente di Biofarma, Germano Scarpa

Il punto più solido è la stabilità della redditività industriale.

Mentre l’Ebit flette dal 2021, l’Ebitda del distretto resta ancorato attorno al 14%, con punte che fanno scuola: Bios Line svetta con una marginalità del 30,8%, grazie a un modello ibrido che integra integratori e cosmetica naturale; Salix e Laboratorio della Farmacia si collocano tra il 12% e il 19%.

La struttura proprietaria racconta una trasformazione profonda: cinque dei primi dieci player hanno una matrice di private equity.

Una presenza non marginale, che ha inciso sulla geografia del settore.

Il caso Labomar è emblematico: ingresso del Fondo Italiano nel 2012, cessione a Neuberger Berman, riacquisto totale da parte del fondatore Walter Bertin nel 2018, quotazione nel 2020, delisting nel 2023 e — nel solo 2024 — tre nuove acquisizioni, due delle quali all’estero.

Nel perimetro M&A, il documento censisce 21 operazioni in dieci anni.

Un mosaico in cui il Triveneto gioca quasi sempre in attacco: sei acquisizioni dirette di imprese italiane o estere arrivano dall’area locale, tutte firmate Labomar. Specchiasol, sostenuta da White Bridge, ha chiuso quattro operazioni dal 2021, consolidando un gruppo verticale tra nutraceutica e dispositivi medici.

Biofarma ha spinto soprattutto oltreconfine, rilevando anche la statunitense US Pharma Lab.

Su un totale di 21 deal, si contano 6 operazioni PE-backed, 6 round di growth capital, due vendite e una fusione. Il decennio osservato è stato particolarmente vivace sul fronte delle operazioni straordinarie.

Biofarma, sostenuta da Ardian, ha consolidato il percorso tra Italia, Francia e Stati Uniti. I fondi veneti — da 21 Invest a Gradiente, da Alcedo a Palladio — hanno firmato operazioni mirate che hanno portato al controllo di Omega Pharma, Ekalab, Giurati Group e al 40% di Bios Line.

«Il private equity ha accelerato la crescita del comparto», commenta l’ad di Adacta Advisory Paolo Masotti. «Quando un settore è sano e mostra prospettive solide, l’M&A diventa un moltiplicatore industriale».

Il profilo finanziario del distretto appare solido: gli indicatori di indebitamento restano entro soglie conservative, con l’unica eccezione di Giurati Group, che mostra un rapporto tra posizione finanziaria netta e Ebitda da monitorare.

Il resto del comparto si muove in un equilibrio raro: crescita sostenuta, appetibilità per i fondi e un attivismo M&A che ha trasformato il Triveneto nel polo italiano più avanzato della nutraceutica.

La fotografia del 2024 suggerisce che la corsa non è finita.

Modelli industriali scalabili, export in espansione e una filiera che incrocia ricerca, salute e cosmesi hanno ritagliato al distretto un ruolo strategico nella nuova economia del benessere.

Nessun altro sistema produttivo regionale, oggi, pare muoversi con la stessa combinazione di capitali, innovazione e velocità.

«Il settore dei food supplements in Italia vale circa quattro miliardi e continua a crescere sospinto da due macro-tendenze: il maggior investimento delle persone sulla salute e la diffusione della pratica sportiva», afferma Masotti. «Questi fattori stanno sostenendo giro d’affari e marginalità, rendendo l’industria attraente sia per le famiglie imprenditoriali sia per il private equity».

Dal campione sono escluse Unifarco e Zeta, analizzate nello studio sulla farmaceutica pubblicato sul IlNordEst Economia il 3 novembre, pur avendo una quota di business negli integratori

 «Le imprese del campione si collocano stabilmente in cima alla classifica dei player nazionali», aggiunge Masotti. La crescita mediana nell’ultimo decennio è a doppia cifra.

La redditività presenta un andamento più sfaccettato: l’Ebit si è contratto dopo anni di stabilità, mentre l’Ebitda mantiene una traiettoria solida, superiore ai livelli del 2015.

La distanza tra le due grandezze riflette la stagione intensa di acquisizioni che ha riguardato soprattutto i produttori conto terzi. «In molti casi la caduta dell’Ebit è solo un effetto contabile», precisa Masotti. «Le M&A hanno generato goodwill significativi ora oggetto di ammortamento.

L’Ebitda resta la metrica più fedele delle performance industriali».

Il caso Biofarma lo conferma: gli ammortamenti sulle immobilizzazioni materiali sono saliti a 50 milioni, comprimendo l’Ebit ma non la redditività. La ricerca mette a confronto i modelli di business: da un lato le aziende che producono per conto terzi, come Biofarma e Labomar; dall’altro quelle che operano con marchi propri, come Bios Line, Solgar, Named–Specchiasol e Laboratorio della Farmacia. «Sono due modelli che coesistono e performano bene», osserva Masotti.

«Possedere marchio e distribuzione offre un vantaggio competitivo, ma nel farmaceutico e negli integratori anche il ruolo di produttore puro è molto valorizzato nella catena del valore».

Non esiste dunque una formula unica: innovazione di prodotto e qualità produttiva sostengono la tenuta del settore in modo complementare.

La fotografia di Adacta Advisory restituisce l’immagine di un comparto «dinamico, attrattivo e in profonda trasformazione», conclude Masotti. «E il Nord Est si conferma uno dei poli più rilevanti dell’industria italiana degli integratori, grazie alla capacità delle sue imprese di muoversi con visione e rapidità». —

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