Vite del Novecento oltre le frontiere: il corto di Massi alla Mostra del Cinema
Al Lido di Venezia l’anteprima della sua animazione d’autore: il film fa parte di un progetto che attraversa la storia dei confini

Volti che emergono dall’ombra, che ci interrogano, vite del Novecento sul nostro confine, tra Gorizia e Nova Gorica, che sono diventate Storia collettiva: a farle riemergere attraverso la poesia della sua animazione d’autore è Simone Massi nel cortometraggio Confini, canti, un gioiello disegnato a mano che venerdì sarà l’evento di chiusura della Settimana Internazionale della Critica alla Mostra del Cinema di Venezia.
Il film fa parte del progetto “Corti senza Confine”, voluto dalla Regione Friuli Venezia Giulia/Direzione Centrale Cultura con Fvg Film Commission – PromoTurismoFVG nell’ambito di Go! 2025, che ha visto selezionati otto film brevi ambientati a Gorizia e Nova Gorica per raccontare lo spirito della Capitale Europea della Cultura e un nuovo modo di superare il concetto di frontiera.
Questi film saranno mostrati dal 30 settembre al 3 ottobre alle Giornate Fice, organizzate dalla Federazione italiana del cinema d’essai e dall’Associazione palazzo del cinema – Hiša Filma, proprio a Gorizia e Nova Gorica. Il film di Massi ha invece venerdì la sua anteprima proprio al Lido, chiamato dalla Settimana della Critica come evento di chiusura: un viaggio attraverso il Novecento che parte da piazza della Transalpina, luogo simbolico che evoca diverse tragedie della storia e diversi confini.
Come la frattura, anche linguistica, tra Italia e Jugoslavia richiamata dalla figura di Lojze Bratuž, compositore goriziano della minoranza slovena che nel 1936 morì dopo un’aggressione fascista per aver diretto un coro in lingua slovena: «Iniziare e finire con la piazza della Transalpina, emblema della caduta dei confini, era una delle condizioni del progetto “Corti senza confine”», spiega Massi.
«Avere questa immagine di riferimento è stato importante perché mi ha spinto a un lavoro di ricerca storica, di elaborazione, sintesi e restituzione di temi e avvenimenti che conoscevo appena e che si sono rivelati incredibilmente preziosi, in quanto carichi di valori universali e senza tempo».
Nello spazio simbolico della Transalpina storie e volti dei singoli che hanno abitato il confine convergono in una Storia collettiva che coinvolge figure iconiche del territorio: ripercorriamo la cesura che la morte del fratello Guido ha provocato nella vita di Pasolini, anche in frammenti sonori della voce del poeta e della madre Susanna Colussi, cogliamo nel profilo di Franco Basaglia altri sconfinamenti.
Riferimenti cruciali, spiega Massi: «Raccontare un secolo in dieci minuti è decisamente complicato. L’animazione, fortunatamente, si presta a questo tipo di impresa ma ha bisogno di riferimenti importanti che possano dar luce e sostegno. Ciò detto: ho pensato a un volo d’uccello che portasse a incontrare Lojze Bratuž, Guido Pasolini e Franco Basaglia, tre figure tanto straordinarie quanto poco conosciute che hanno dato e dedicato la vita per il superamento del confine».
Confini, canti è realizzato con la consueta tecnica di Massi, pastelli a olio su carta, con uno stupefacente lavoro artigianale in controtendenza rispetto alla direzione delle immagini sintetiche con le quali l’intelligenza artificiale sta prendendo terreno al cinema: «Ognuna delle 2.604 tavole che compongono il cortometraggio è stata realizzata a mano. È un’ostinazione che porta ad allungare oltremisura i tempi di lavorazione, con conseguente perdita di guadagno. In un’epoca come questa è un concetto difficilissimo da spiegare e far capire, specie in un ambiente ottuso e corrotto com’è quello cinematografico. Forse è anche per questo che l’animazione non è cambiata e continua a rispecchiare l’uomo e l’autore, ostile ai compromessi, ai tempi e alle mode».
Quella di Massi è una scelta di poetica e di vita: continua ad abitare tra le colline del suo paese, Pergola, nelle Marche. Lì nascono i suoi film, lunghi, ipnotici piani sequenza di messe in abisso in cui ogni immagine scaturisce dal movimento e dalle ombre della precedente.
Un’estetica applaudita nei festival di tutto il mondo che, racconta il regista, «nasce per gioco, nel 1995, con la realizzazione di Immemoria, il mio cortometraggio d’esordio concepito e realizzato all’interno del palazzo ducale di Urbino, all’epoca sede della Scuola del Libro. Di lì a breve il gioco è diventato necessità, un modo di ragionare che obbliga al movimento, alla ricerca, al superamento di ogni ostacolo, frattura e confine».
Riproduzione riservata © il Nord Est