Sul red carpet di Venezia a 75 anni: «Il mio sogno da attrice non era poi così folle»
Rita Bosello, padovana, sul grande schermo e alla Mostra di Venezia. Scelta due volte da Amelio, ora è nel film Duse e nella serie su Tortora: «Faccio la mamma, anche se figli non ne ho mai avuti»

Chi ama il cinema lo sa: non bisogna mai smettere di sognare. Come ha fatto l’attrice Rita Bosello di San Giorgio Delle Pertiche, che a 75 anni è apparsa improvvisamente sul grande schermo, infilando quattro film da red carpet.
È stata la madre del poeta Aldo Braibanti in “Il signore delle formiche” (2022) di Gianni Amelio, che l’ha ingaggiata per un cameo anche nel suo successivo “Campo di battaglia” (2024), entrambi presentati alla Mostra del cinema di Venezia, dove quest’anno Bosello si è vista in “Duse” di Pietro Marcello, nei panni della governante della Divina attrice, e in “Portobello”, serie tivù di Marco Bellocchio, dove interpreta la madre di Enzo Tortora.
In aggiunta la vedremo a breve su Rai1 nella fiction “Giovannino Guareschi”, ancora nelle vesti della madre del protagonista, lei che, ironia della sorte, genitore nella vita non lo è mai stata («ma non serve avere avuto figli», tiene a precisare, «basta avere l’istinto materno, e io ce l’ho»).
Bosello ha scoperto il talento per la recitazione alle scuole elementari, grazie al suo maestro Marcello Barbieri e a 13 anni faceva già parte delle compagnie teatrali locali. Ma negli anni Sessanta non era facile per le ragazzine di provincia diventare attrici, e nonostante Bosello abbia coltivato con dovizia e impegno questa sua aspirazione, facendo corsi professionalizzanti, seminari importanti (anche con la Biennale di Venezia), e migrando per un periodo a Milano, ha dovuto fare i conti con le necessità economiche. Tornata a casa, per oltre trent’anni è stata infermiera in psichiatria all’ospedale di Padova.
«Non potendo lavorare in teatro», racconta Bosello, «ho portato il teatro nel mio lavoro, realizzando spettacoli con i pazienti, assieme alla regista Raffaella Brancalion e allo psichiatra Leopoldo Giannini. Non ho mai abbandonato l’arte drammatica, frequentando varie compagnie amatoriali, come Tradizioni venete Dixicato, e dedicandomi alle letture animate nella biblioteca di San Giorgio. Finché un giorno di cinque anni fa risposi a un annuncio: Amelio cercava una donna anziana, magrolina e con l’accento del nord. Il provino andò bene e ancor di più le riprese, il regista mi riempiva di complimenti, accendendo in me la voglia di entrare nel mondo del cinema».
Bosello si affida allora all’agenzia Mira Project di Vicenza, che le fa prendere il volo nelle grandi produzioni nazionali.
«In “Duse” sono una contadina veneta che con il marito, l’attore padovano Carlo D’Addio, viene sfollata durante la Grande guerra», continua Bosello, «e portata da Eleonora Duse a lavorare nella sua dimora romana. Il mio personaggio doveva essere una moglie sottomessa, paurosa, sempre sottovoce, ma io ho voluto fare, con il permesso del regista, una contadina molto decisa, attiva e indipendente, portando modernità a questa donna d’altri tempi».
Per “Portobello” l’attrice ha lavorato invece sul ritrovare verità in un personaggio realmente esistito. «Bellocchio mi ha figurato la madre di Tortora come una persona resiliente», svela, «capace di affrontare il dramma dell’incarcerazione del figlio con coraggio, perché sorretta dalla fede. All’epoca non avevo la televisione e il caso l’ho seguito tramite ciò che sentivo in giro, l’incredulità ma anche il dubbio, e la paura della mafia, che colpendo Tortora aveva colpito il cuore del popolo».
I personaggi di Bosello, seppur non protagonisti, sono definiti con cura e sempre funzionali all’ingranaggio narrativo come all’atmosfera emotiva dell’opera. Se le si chiede cosa significhi tutto questo per lei oggi, la risposta commuove: «C’è il rammarico di non essere riuscita a farlo da giovane, quando avrei potuto interpretare tanti ruoli diversi, ma anche la soddisfazione di poter dire: vedi che non mi ero sbagliata a voler fare l’attrice».
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