Tutto il talento sperimentale di Serena Brancale

La cantante arriva a Padova martedì 17 giugno allo Sherwood Festival e si racconta senza filtri: il gusto per l’originalità, il rapporto con Amoroso e il presente in tivù da giudice

Tommaso Miele

Serena Brancale sta portando tutta la sua energia sui palchi d’Italia (e nel mondo) con il suo “Anema e Core Tour”: show potenti, colorati e ricchi di contaminazioni in perfetto “stile Brancale” tra jazz, soul, elettronica, dialetto e groove dal vivo, in un mix capace di incuriosire il pubblico fino all’ultimo brano di ogni esibizione. Dopo essersi esibita su prestigiosi stage internazionali e aver conquistato il pubblico con una serie di live nei celebri Blue Note Club di Tokyo, Shanghai e Seul, la cantautrice pugliese, reduce anche dal boom sanremese di quest'anno, è ospite dello Sherwood Festival di Padova martedì 17 giugno (dalle ore 21, con biglietti disponibili su sherwoodfestival.it). La tournée tricolore della poliedrica artista, che proseguirà fino a metà settembre toccando ogni angolo della Stivale, sosterà anche Oltreoceano il prossimo 7 luglio per un’esclusiva data al Blue Note di New York, tra i locali simbolo della storia della musica statunitense.

Che concerto ci possiamo attendere a Padova?

«Inizio col dire che sarà la mia prima volta allo Sherwood, e sono molto curiosa. Un festival che non conoscevo, lo ammetto, ma scorrendo il programma ho visto la sfilza di nomi presenti. Caspita, ci sarà sicuramente da divertirsi! Quest’anno sto portando sul palco un viaggio personale, un percorso che abbraccerà dieci anni di carriera e le canzoni del mio ultimo album “Anima e Core”; ma dentro ci sarà un po’ di tutto, una selezione di quello che ho prodotto in questo periodo di tempo. Dai momenti dedicati ai brani in dialetto barese al folk, dall’omaggio a Quincy Jones al jazz, davvero una mistura che rappresenta perfettamente quello che sono».

Chi la accompagnerà sul palco?

«Sono molto felice per la domanda, dato che di solito non me la fa mai nessuno. Bisogna sottolineare sempre con forza l’importanza di chi sta sul palco e contribuisce in modo fondamentale alla riuscita degli spettacoli: con me innanzitutto Dropkick, il dj mago del finger drumming e del drumpad con cui ho collaborato per scrivere “Baccalà” e “La zia”. L’ho conosciuto su Instagram e mi ha subito conquistata. Poi saranno presenti Marco Bottoni, nelle vesti di polistrumentista con chitarra, basso e pianoforte; Nausica e Corinne ai cori, Giulia Gentile al violino e ben sei ballerine, ovviamente pugliesi come me!».

È reduce da alcune date tra Cina e Corea, e il tour internazionale volerà anche negli Stati Uniti. Quali emozioni e che atmosfera sta respirando?

«Una sensazione di orgoglio totale, la definirei serietà interiore, quasi responsabilità. Intesa come vanto di poter portare un’ora e mezza di concerto in italiano in altri luoghi del mondo: ci ho messo tutto l’amore che ho, puntando particolarmente su “Anema e Core”. In Cina ho cantato praticamente gli stessi brani che suoneremo a Padova, è stato bello, anche perché mi sono sentita rispettata».

Da qualche settimana è arrivato in radio anche “Serenata”, brano nato in coppia con Alessandra Amoroso: esperienza positiva?

«Direi bellissima ma soprattutto molto naturale, è arrivato tutto in maniera sincera, vera, senza mediazioni particolari da parte dei nostri management. E penso che ascoltandola si percepisca il nostro feeling. Alessandra è una grande artista».

Di recente ha iniziato anche una nuova esperienza: giudice nel talent televisivo musicale “Like a Star”. Soddisfatta?

«Mi sto trovando benissimo, probabilmente perché è un ruolo che ho sempre sognato di ricoprire. Anche quando sono impegnata nelle masterclass amo parlare con i ragazzi, sono sempre interessata alle esperienze pregresse di chi abbia voglia di mettersi in gioco. Nel contesto in particolare si viaggia alla grande: Amadeus è un preside fantastico, Elio è un maestro. Per loro, abituati da anni alla tv e al gioco dei talent show, forse è più complesso lasciarsi andare. Invece per me, che sono stata codificata come “La zia”, l’emozione scorre a fiumi. In gara non sono tutti cantanti, e nel dietro le quinte si possono ascoltare storie molto belle».

Il jazz, lo studio del violino, la formazione classica: quanto di questo fa ancora parte di lei nella sua musica?

«Ho attraversato varie fasi, seguo ogni volta strade diverse, ma la realtà è che tutto quello che ci forma ci rimane addosso. Come la musica classica: l’impostazione resta, così come permane quella modalità d’intonazione con la voce tipica del jazz. Sono le basi che restano. E sicuramente un giorno ci tornerò, al jazz puro».

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