Prima della Scala, applausi per “Una Lady Macbeth nel distretto di Mcensk” di Šostakovič

La prima del 7 dicembre alla Scala ha visto Riccardo Chailly dirigere “Una Lady Macbeth nel distretto di Mcensk” di Šostakovič. Applausi interminabili e ovazioni per la regia 

Camilla Gargioni
La prima della Scala
La prima della Scala

Il primo piano della telecamera è sul volto di Riccardo Chailly, bacchetta in mano per traghettare la Scala nella prima di stagione. Ieri il sipario del teatro scaligero si è alzato, come da tradizione nella sera del 7 dicembre, su Una Lady Macbeth nel distretto di Mcensk di Šostakovič. Applausi del pubblico senza fine (oltre 11 minuti), ovazione alla regia. Un’opera scelta nei cinquant’anni dalla morte del compositore sovietico, che ha da subito innescato dibattito e polemiche.

Da un lato, la trama: la giovane sposa Katerina (il soprano Sara Jakubiak) che, con la complicità dell’amante, uccide il marito e il tiranno suocero, ma finisce per suicidarsi in Siberia tradita da tutti. Dall’altro, l’avviso del teatro: «Lo spettacolo include scene che potrebbero turbare la sensibilità del pubblico».

E ancora, la scelta di un’opera russa. Le scene dei quattro atti scorrono da vicino sullo schermo della diretta su Rai 1: Katerina affronta amore e violenza, non ci sono censure, la narrazione è potente. Non c’è sottotono politico nelle sue azioni, è una donna che cerca riscatto, che si lascia guidare dall’eros.

A prendere le redini della diretta televisiva, ci sono Milly Carlucci con una maglia tempestata di brillanti, insieme a Bruno Vespa, papillon impeccabile, dal Ridotto Toscanini. «La storia ce la racconta la protagonista, la narrazione prende vita dalla sua confessione alla polizia», spiega Carlucci. Un flashback, che nelle riprese risulta vividissimo: gesti, costumi, dettagli di scena dalle pietanze sul tavolo alle sigarette tra le labbra dei protagonisti, mentre scintilla la lama di un coltello.

I cadaveri vengono occultati tra i flash, la tensione non cala. Mai, come un thriller al cinema. Ma, prima ancora di entrare nell’opera, c’è l’attesa nel foyer. Poche autorità, con la doppia assenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e della premier Giorgia Meloni. Si è fatto notare invece il ministro della Cultura Alessandro Giuli, in palco reale, a rappresentare il governo, di cui non è mancato il sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi.

Al centro, la senatrice a vita Liliana Segre, applaudita prima che l’orchestra intoni le note dell’inno di Mameli. Alla destra di Segre, il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso e, alla sua sinistra, il sindaco Giuseppe Sala e ancora il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana. Il primo cittadino si è soffermato sulla riforma delle Fondazioni liriche in atto.

«La Scala è un po’ una cosa a parte, uno statuto a parte. Bisogna far sì che i privati siano sempre coinvolti in queste fondazioni, in queste istituzioni in sostanza», ha detto Sala. «Il modello Scala da questo punto di vista è vincente, quindi il pubblico è decisamente meglio che non esiga un controllo totale sulla direzione dei teatri».

Prima che il pubblico raggiungesse il teatro, all’esterno hanno avuto luogo due proteste: una dalla Cgil con un presidio per il mondo dello spettacolo (con un’eco al caso Venezi alla Fenice), l’altra con manifestanti di Cub e proPal insieme. «Una grande serata con una grande opera, fra le più importanti di sempre», sintetizza il sovrintendente della Scala Fortunato Ortombina. «Il tempo è galantuomo e questa opera è stata ostracizzata. Ed è importante che il 7 dicembre si apra alla modernità. Chissà che in futuro il pubblico non ci chieda di inaugurare con una prima assoluta. Questa è una delle dieci che porterei su un’isola deserta». Anche Ortombina, non manca di portare l’attenzione sull’attualità: «È l’inizio della stagione per tutti i teatri e voglio fare gli auguri anche a chi è più in difficoltà di noi. Ci sono orchestre che rischiano la chiusura», sottolinea.

Non solo politica e le sue assenze («Ce ne faremo una ragione», taglia corto Attilio Fontana): come ogni prima, lo spazio se lo prende anche il glam. Ecco il cantante pop Mahmood alla sua prima “prima”, in elegante nero con dettagli oro. «Sono in estasi per quest’opera, ci sono violenza, sesso, amore - sottolinea Mahmood, che ha iniziato a studiare canto lirico a 12 anni -. Mi affascina l’evoluzione di Katerina».

«Portare alla Scala quest’opera è un atto coraggioso», aggiunge il cantante Achille Lauro, un ricciolo plastico che gli pende sulla fronte, «tratta tematiche attualissime». Tra gli ospiti anche l’attore Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti. «Una figura femminile dirompente», commenta l’attrice Veronica Pivetti dal Ridotto Toscanini, «che restituisce un’immagine fortissima e durissima, molto impegnativa». Tra le voci critiche, il presidente della commissione Cultura alla Camera Federico Mollicone: «Sono perplesso sulla scelta, stride con i valori di rispetto delle donne». La prima della Scala, a livello di incassi, è da record: ha raggiunto i 2.679.482 euro. «Un grande risultato, per noi come impresa e per la voglia di musica», afferma Ortombina. Un dramma universale che fa discutere. E testimonia che l’opera è più viva che mai. —

 

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