Sanremo 2026, Conti sfida l’algoritmo: nel cast 30 big per riportare la canzone italiana al centro

Dal pop d’autore ai giovani di Spotify, fino al ritorno di Patty Pravo: il direttore artistico costruisce un festival che mescola generazioni e stili per liberare Sanremo dalla dipendenza delle piattaforme

Leandro Barsotti

Carlo Conti arriva al Tg1 delle 13.30 con la lista in tasca come fosse un referto da comunicare al Paese. E quando snocciola i nomi dei 30 big di Sanremo 2026, si intuisce che il suo quinto festival da direttore artistico non è una semplice somma di generi, ma un tentativo — forse il più esplicito degli ultimi anni — di disintossicare Sanremo dalla dipendenza dalle classifiche di Spotify. Non è un mistero che negli ultimi anni le piattaforme musicali abbiano cambiato gli equilibri, ridotto i tempi del successo, sorpassato le radio nell’imposizione di un prodotto. Carlo Conti tenta invece un atto di equilibrio: restituire centralità alla musica italiana nelle sue tante espressioni, non solo in quella che domina le playlist.

Tutti i nomi

 

La lista è lunga e ragionata: Tommaso Paradiso, Chiello, Serena Brancale, Fulminacci, Ditonellapiaga, Fedez & Masini, Leo Gassmann, Sayf, Arisa, Tredici Pietro, Sal Da Vinci, Samurai Jay, Malika Ayane, Luchè, Raf, Bambole di Pezza, Ermal Meta, Nayt, Elettra Lamborghini, Michele Bravi, J-Ax, Enrico Nigiotti, Maria Antonietta & Colombre, Francesco Renga, Mara Sattei, LDA & Aka 7even, Dargen D’Amico, Levante, Eddie Brock e Patty Pravo. Una parata che mette insieme il nuovo, il nuovissimo, l’usato sicuro e anche l’antico: la scommessa e la certezza, lo streaming e la tradizione.

I giovani dell’algoritmo

Ci sono i giovani di Spotify, quelli che vivono dentro l’algoritmo e parlano con naturalezza alla Generazione Z: il ribelle Chiello, il talentuoso Sayf, il misterioso Samurai Jay, lo strutturato Tredici Pietro (figlio di Gianni Morandi) e il sognante Nayt. Ci sono poi i nuovissimi, gli artisti che non arrivano da numeri bulgari ma da un percorso personale, spesso laterale, su cui Conti ha deciso di puntare come gesto culturale prima ancora che televisivo: Maria Antonietta & Colombre, e soprattutto Eddie Brock, indicato da alcuni addetti ai lavori come la sorpresa dell’anno, una specie di nuovo Olly, che avrebbe pronta una ballata spaccacuori capace di crescere di ascolto in ascolto.

I big classici

Accanto a loro compare la colonna vertebrale del cast: i big classici, quelli che hanno un pubblico fedele e una storia che si misura più nei ricordi che negli streaming adolescenziali. E allora Francesco Renga, Ermal Meta, l’elegante pop di Raf, il redivivo Enrico Nigiotti, l’ex The Giornalisti Tommaso Paradiso, a caccia di una nuova era personale; le voci di Malika Ayane e Arisa, il rap di Luchè e J-Ax. Presenze che non servono a riequilibrare il cast, ma a ricordare che Sanremo è ancora un osservatorio popolare prima che un termometro legato ai followers. E sopra tutti ecco la scelta simbolica di quest’anno: la regina veneziana Patty Pravo, il mito da riscoprire come vuole la recente tradizione del festival, un omaggio a una carriera che attraversa decenni, stili e generazioni senza mai perdere centralità.

Le anime del pop

Dentro questi trenta nomi convivono tutte le anime della musica italiana: il rap, ormai lingua nazionale; la musica napoletana, che continua a produrre talenti e contaminazioni; le ballate, che restano la spina dorsale emotiva della nostra canzone; addirittura il punk femminile delle Bambole di Pezza, segnale di un mondo che Sanremo ha spesso percepito da lontano; il pop più mainstream, da Elettra Lamborghini ai duetti nati per sorprendere come quello dell’onnipresente Fedez con Masini o quello del figlio di Gigi D’Alessio, LDA, che canterà con Aka 7even.

Il sound italiano

È un festival a campo largo, sì, ma con un valore aggiunto: un tentativo serio di ricomporre un’idea di musica italiana che negli anni si è frantumata in nicchie, alcune popolarissime, altre invisibili, tutte però legittime.

Un mosaico che vuole restituire allo spettatore un’immagine coerente del Paese, non solo dei suoi trend. L’Italia sta vivendo un momento vivace nella sua canzone, che si traduce anche in maggiore attività live. Ma il rischio di questi ultimi anni è quello di appiattire il gusto verso creazioni che non appartengono alla nostra scuola che prevede attenzione alle parole e gusto per la melodia. Questo festival, dalla scelta dei nomi, cerca di riportare la canzone italiana al centro.

I prossimi appuntamenti

Il 14 dicembre Carlo Conti, nella serata di “Sarà Sanremo” in diretta dal Casinò, svelerà i titoli dei brani. Poi, dal 24 al 28 febbraio, il sipario del Teatro Ariston si alzerà su un festival che prova — finalmente, coraggiosamente — a essere qualcosa di più di un algoritmo televisivo: una fotografia sentimentale della musica italiana in tutte le sue forme. Per finire, una curiosità tutta veneta: l’ennesimo rifiuto ai trevigiani Jalisse (è la 29esima volta). Che ci hanno provato ancora e lo ammettono loro stessi su Instagram: «... e la saga continua, le domande rimangono, ma noi ci rialziamo sempre. Si arriva alla cifra tonda il prossimo anno». E chissà che un giorno, con tutti questi brani scartati da Sanremo, non facciano un album.

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