Ezio Mauro porta a teatro il segreto di Lenin
Il giornalista porta al Miela di Trieste una lettura del suo ultimo libro sulla mummia del capo bolscevico, una riflessione a quasi 102 anni di dalla sua scomparsa

A quasi centodue anni dalla scomparsa di Vladimir Il’ič Ul’janov, detto Lenin, avvenuta il 21 gennaio del 1924, permangono i misteri su quale fu effettivamente la malattia, la ragione, che lo portò alla morte, e sui retroscena dell’esperimento scientifico e politico che ha sfidato la natura per rendere il leader eterno, attraverso l’imbalsamazione del suo corpo, conservato nel mausoleo sulla Piazza Rossa.
Il giornalista e scrittore Ezio Mauro, con la lettura scenica “Il segreto di Lenin”, tratta dal suo libro “La mummia di Lenin” edito da Feltrinelli, al Teatro Miela di Trieste, giovedì 16 ottobre alle 20.30, immerge in un “thriller storico”.
Condivide con il pubblico un’indagine e una riflessione sul significato di questo simulacro, sul “potere della presenza”, su come la memoria di Lenin – temuta, nascosta e proibita – sia sopravvissuta al crollo dell’URSS. E il reading è anche una riflessione sulla Russia di ieri e di oggi, e su un corpo che, nella sua fissità, continua a inquietare il presente e a proiettare la sua ombra sulla politica internazionale. L’evento, realizzato da Bonawentura con il contributo della Fondazione CRTrieste e in collaborazione con la Libreria Minerva, apre al Miela la nuova stagione della rassegna Pequod – Itinerari di letteratura e giornalismo.
Mauro, giornalista e scrittore, è stato direttore dei quotidiani La Stampa e Repubblica. E i segreti su Lenin hanno iniziato a tormentarlo (“anche perché lì dove c’è il segreto, lì dove perdura un mistero, si apre lo spazio per un’indagine giornalistica”) dal 1987, quando andò a Mosca per La Stampa. Tanto che anche negli anni in cui è rimasto in Unione Sovietica come corrispondente per Repubblica ha continuato ad accumulare materiali, incontri, dettagli su questo tema, visitato luoghi, raccolto testimonianze su una storia affascinante nelle sue dinamiche e nei suoi silenzi. Per “Il segreto di Lenin” ha curato la riduzione dal libro, mentre l’adattamento in quadri teatrali è di Massimiliano Briarava, che con lui si alternerà nella lettura e che ha curato anche il sound design, e di Carmen Manti, che firma il lavoro grafico e iconografico. «Il corpo di Lenin, dopo la sua scomparsa – sottolinea Mauro - è diventato il corpo mistico della rivoluzione, del bolscevismo. Sono diventati tutt’uno».
La sua morte fu inaspettata, anche se era malato da tempo.
«Aveva 53 anni e di colpo si sono trovati di fronte alla scomparsa del numero uno dello Stato. Lenin era il leader del governo, il leader assoluto del partito e il presidente del consiglio dei commissari del popolo. Inizialmente hanno pensato che il suo corpo sarebbe dovuto durare un numero di giorni sufficiente per dare modo a tutta la popolazione venuta da ogni parte della Russia di sfilare davanti alla sua salma».
Poi, vista la partecipazione enorme a questo rito, hanno pensato che dovesse durare per l’eternità.
«Nella gelida Mosca sembrava che il freddo potesse conservare il corpo, ma si sono resi conto che si stava deteriorando. Allora hanno convocato l’anatomista ucraino Vladimir Vorob’ëv. Aveva perfezionato una tecnica inventata da un anatomopalotologo russo alla fine dell’800 e conservato in modo strabiliante degli organi umani. Si trattava però, ora, di incidere con il bisturi il corpo mistico del partito e dell’Unione Sovietica insieme con il corpo materiale di Lenin. Vorob’ëv cercò di sottrarsi, poi dovette capitolare».
Grigory Zinoviev, uno dei dirigenti del partito, che era stato compagno di esilio di Lenin, diceva del corpo: “Durerà per cent’anni e più”.
«La storia della mummia di Lenin ci immerge anche nelle dinamiche della sua successione, di come, resosi conto che non sarebbe mai più tornato al potere, cercò di indirizzare le sue preferenze su Lev Trotski e di mettere fuori gioco Iosif Stalin, da lui definito un uomo rude e aggressivo. Lo fece con un suo testamento politico, sotto forma di lettera al congresso del partito. Solo la moglie Nadežda Konstantinovna Krupskaja, che peraltro tentò di opporsi all’imbalsamazione, avrebbe potuto aprirla e leggerla, dopo la sua morte».
Fu tradito invece nella sua volontà.
«Già durante l’indebolimento di Lenin, ancora in vita, si comprende quanto quel corpo fosse considerato un involucro che apparteneva al partito. Alla sua morte venne tramutato in simbolo, ma allo stesso tempo finì nelle mani di Stalin. E io dico che non è stato imbalsamato perché “continuasse a vivere”, ma perché “continuasse a morire” e Stalin potesse assurmene in pieno l’eredità. Diventò l’unico interprete del pensiero di Lenin, che piegò a suo vantaggio».
Cosa rappresenta oggi la mummia di Lenin?
«Un’epoca finita e anche qualcosa di incongruo perché, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, anche in parlamento ci sono state diverse richieste di toglierla dal centro della Piazza Rossa e di portarla al cimitero, accanto alla madre di Lenin. Però secondo me non viene fatto anche per superstizione. Putin alcuni anni fa ha detto che deve ancora passare del tempo, per le generazioni che sono state legate a quell’epopea. Nel momento in cui Putin, però, dice che la caduta dell’Unione Sovietica è stata la più grande tragedia del secolo, quella presenza che sembrava incongrua dopo l’ammainarsi della bandiera rossa, nella sua predicazione imperiale ritorna ad avere un senso, perché testimonia la grandeur di un’esperienza di potenza». —
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