Un celebre scatto di Sebastião Salgado e il fotografo a Trieste per la mostra nel 2024. Foto Lasorte
Un celebre scatto di Sebastião Salgado e il fotografo a Trieste per la mostra nel 2024. Foto Lasorte

La morte di Sebastião Salgado: dal debutto alle sue ultime mostre a Nord Est

Il grande fotografo brasiliano è morto all’età di 81 anni. Nel 2024 a Trieste la mostra fotografica ”Amazônia”

 

Claudio Ernè

Si è spento per sempre a Parigi lo sguardo lucido e sensibile di Sebastião Salgado. Il celebrato fotografo brasiliano aveva 81 anni e pochi fidati amici sapevano della malattia che ha portato venerdì 22 maggio alla morte uno dei più grandi interpreti dalla fotografia del nostro tempo.

Salgado con le sue immagini ha seminato speranza in un mondo che sembra votato alla dissoluzione. Ha fatto rifiorire l’idea che la salvezza dell’ambiente e dell’uomo non possono essere oscurate dalla bulimia dei profitti. Alla sua meritoria opera il regista Win Wenders ha dedicato uno splendido documentario dal titolo “Il sale della terra”: oggi questo film diventa l’epitaffio per un poeta dell’immagine che ha assunto il ruolo di difensore dell’umanità e dell’ambiente.

Salgado ha infatti fatto conoscere per primo al mondo lo sfruttamento di centinaia di minatori alla ricerca spasmodica dell’oro su pendii fangosi e scoscesi, veri gironi danteschi scavati dall’uomo; ha mostrato le ultime tribù che vivono nella foresta amazzonica, insidiata dalla deforestazione e dalla speculazione.

Per lanciare questo messaggio Salgado e sua moglie Lélia Wanick, hanno costruito a partire dall’ultimo segmento del Novecento numerosi percorsi espositivi rigorosamente in bianco e nero, approdati e apprezzati nei più accreditati atelier del mondo. Hanno fatto stampare libri che hanno assunto il ruolo di pietra di paragone per ogni tipografo. Neri saturi, bianchi squillanti e una gamma infinita di grigi, dal più tenue e delicato a quello simile alla superficie del carbone.

 

L’Amazzonia e le sue tribù, un universo da custodire: inaugurata a Trieste la mostra di Sebastião Salgado
La redazione
L'inaugurazione della mostra nelle foto di Andrea Lasorte

La mostra a Trieste

Lo scorso anno la mostra dedicata all’Amazzonia (”Amazônia”) e agli abitanti di quel polmone verde del pianeta, è stata allestita all’interno dell’ex Pescheria centrale di Trieste (Salone degli Incanti) e ha richiamato nelle navate migliaia e migliaia di visitatori. I due autori hanno creato nel grande edificio posto in riva al mare zone di penombra dove il bianco e nero delle fotografie di grande formato emergeva con prepotenza, sollecitato dal fascio di luce di centinaia di spot. Ogni immagine era ridefinita dalla luce di un faretto. I ritratti dei capi tribù amazzonici con i quali l’autore ha vissuto a lungo e ha parlato nel corso di sette anni - tanti ne sono stati necessari per completare questo reportage – hanno riportato i visitatori agli albori dell’umanità, a un periodo lontano almeno diecimila anni in cui l’uomo viveva come essi vivono oggi faticosamente. Lavorano la terra, cacciano, si spostano in nuovi territori quando capiscono che quelli che hanno occupato fino a quel momento stanno diventando meno fertili e hanno bisogno di una pausa di riposo.

«Queste tribù sono di origine asiatica, hanno superato lo stretto di Bering quando l’Alaska e la parte estrema della Siberia erano unite. Poi sono scese, sempre a piedi, a piccole tappe, spostandosi verso Sud e hanno raggiunto l’Amazzonia» ha affermato Sebastião Salgado mentre allestiva la grande rassegna. «Conoscono la natura e le sue risorse: prima erano raccoglitori, poi sono diventati agricoltori e hanno tratto delle piante il loro sostentamento ma anche sostanze antinfiammatorie e antibiotiche».

Apre a Trieste la mostra sull'Amazzonia di Salgado

Dal debutto ai ghiacciai in mostra al Mart

Il debutto del reporter brasiliano sulla scena mondiale della fotografia era avvenuto con la presentazione del progetto “La mano dell’uomo”, un colossale impegno che lo aveva impegnato per sei anni in 26 paesi del pianeta. Molti ricordano il suo splendido reportage sui pozzi di petrolio del Kuwait, incendiati dall’esercito di Saddam Hussein in ritirata. Operai coperti di greggio lucido, fiamme nel cielo invaso e stuprato da colonne di fumo. Un disastro ambientale che ha suggerito a molti il probabile scenario del day after atomico.

Un ammonimento in cui si inserisce anche la mostra dedicata ai ghiacciai. È stata inaugurata poco più di un mese fa nell’ambito del Trento Film Festival nelle sale del Mart di Rovereto.

Nelle immagini l’uomo non compare. Eppure queste fotografie scattate in Patagonia, nella Penisola antartica, in Canada, tra i monti dell’Himalaya, mostrano tutta la fragilità di quell’ambiente, a dispetto della immensa estensione dei ghiacciai, entrati anch’essi in una crisi che sembra irreversibile. È l’ultimo regalo che Sebastião Salgado ci ha lasciato. —

 

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