Se lo scatto si fa terapia: Zannier e la bellezza delle pazienti oncologiche
Presentato il Calendario Tricostarc 2025 firmato dal fotografo 92enne di Spilimbergo. Realizzato alla Giudecca di Venezia, valorizza la bellezza di chi ha perso i capelli a causa delle cure

Per i pochi che non lo conoscono, Italo Zannier è senza dubbio uno dei “padri fondatori” della moderna cultura fotografica italiana, da storico e critico, con innumerevoli mostre e pubblicazioni a cui ha prestato la propria opera di ricercatore e divulgatore, ma anche come autore fotografo, che lo ha visto, a partire dai primi anni Cinquanta del secolo scorso, nella natia Spilimbergo, tra i protagonisti della fotografia di ispirazione neorealista e poi di indagine sul territorio, fino alle più recenti e intriganti incursioni nella fotografia “concettuale”.
Spirito curioso e vulcanico, Zannier nei suoi settant’anni di attività ha attraversato tutte le possibili declinazioni del panorama fotografico, e forse al suo ricchissimo curriculum mancava davvero solo lo shooting per un calendario. L’occasione, benemerita per il suo valore etico e solidale, gli è stata fornita dall’associazione Tricostarc ets che da quindici anni promuove, attraverso un calendario realizzato ad hoc da fotografi di fama internazionale, la sensibilizzazione verso i pazienti affetti da patologie oncologiche, che a causa delle cure chemio e radioterapiche, hanno subito la perdita dei capelli, con conseguenti ripercussioni psicologiche.
Il progetto
Nel concreto, il progetto è nato per fornire un supporto diretto e materiale a questo aspetto collaterale della malattia, attraverso la messa a disposizione gratuita di ausili tricologici.
Una vera e propria “Banca della parrucca”, che ha permesso a tante pazienti di ritrovare l’autostima e con essa la forza necessaria per affrontare un percorso quasi sempre lungo e complesso. «Al solo ospedale San Giovanni– Addolorata al 31 dicembre 2022 sono state date in comodato d’uso più di 600 parrucche con un risparmio per la Comunità di oltre mezzo milione di euro» ha evidenziato il Direttore del Centro di Senologia e Presidente Fondazione Prometeus, Lucio Fortunato.
In questo senso la valorizzazione attraverso l’immagine fotografica e l’apporto dello sguardo sapiente dei fotografi professionisti, amplifica e permette di condividere con tante persone che vivono quotidianamente questi problemi, una visione gioiosa e rassicurante, nonostante tutto. “Un inno alla bellezza”, attraverso i volti e i corpi di quattro reali pazienti oncologiche, che l’autore dell’edizione 2025 del “Calendario Diakronica – Bellezza nel tempo”, Italo Zannier, si è prestato con entusiasmo a seguire per le strade di una dei luoghi più particolari di Venezia, l’isola della Giudecca, dove l’autore vive ormai da anni, senza altro ausilio se non di una fotocamera e del suo estro creativo.
Le parole di Zannier
«La scelta di scattare alla Giudecca e non nei luoghi iconici di Venezia – ha spiegato Zannier – è dovuta al fatto che è un’isola, un borgo, nel quale la gente si conosce, ed è più facile trovare l’interazione autentica». E così è stato, a giudicare dalle immagini realizzate per il calendario e dal backstage, che vede il novantaduenne Zannier, perfettamente a suo agio nel dirigere il set, in una giornata tutta dedicata alla fotografia.
«Una donna che ha perso i capelli ha un modo diverso e personale di dare un segno a se stessa, bionda o mora, coi ricci o liscia, una tela bianca» ha commentato ancora Zannier durante le riprese, portando “verità” alle immagini.
Alla fine del processo di realizzazione, sono state selezionate 22 fotografie, stampate e autenticate in copia unica e consegnate durante la presentazione del 23 novembre nell’Aula Magna “Franco Frattini” dell’Università degli Studi Link di Roma.
Questa modalità di configurazione dell’immagine finita, che Zannier ha battezzato fotofania, nasce come riflessione all’imperante immaterialità della fotografia contemporanea, fatta di codici informatici e non più di depositi materici di sostanze chimiche, com’era nella fotografia analogica. Le stampe finite e non i files digitali rappresentano l’opera, la visione del suo produttore, non più manipolabile, riproducibile solo a partire dalla sua materialità cartacea. Una piccola rivoluzione, l’ennesima lezione magistrale da un grande vecchio della fotografia, che a dispetto dell’età rimane giovane, giovanissimo nel pensiero.
Riproduzione riservata © il Nord Est