La storia dell’incunabolo di Colombo che torna alla Biblioteca Marciana dopo il furto
Rubato oltre quarant’anni fa, riproduce la lettera con cui l’esploratore annunciò ai reali spagnoli la scoperta delle Americhe: è stato recuperato negli Stati Uniti a casa di un collezionista, ignaro del furto. La cerimonia di restituzione a Venezia con i Carabinieri per la Tutela Patrimonio Culturale

«Il trentatreesimo giorno dopo che partii per Cadice, arrivai nel mare indiano, dove scoprii moltissime isole abitate da innumerevoli uomini. E di tutte queste presi possesso per il nostro felicissimo re, celebrato l’annuncio e dispiegate le bandiere, non opponendosi nessuno. E alla prima di quelle imposi il nome di Dio Salvatore, giungemmo con l’aiuto delle sue onde tanto a questa quanto alle altre restanti».
Inizia così, tradotto dal latino, il prezioso incunabolo - documento stampato a caratteri mobili nella seconda metà del Quattrocento - con cui Cristoforo Colombo, al rientro dalle Americhe, annunciava ai Reali di Spagna la scoperta del Nuovo Mondo.
Era stato trafugato negli anni Ottanta dalla Biblioteca Marciana e martedì 27 maggio nella Libreria Sansoviniana si svolgerà la cerimonia di restituzione presente anche il Comandante dei Carabinieri per la Tutela Patrimonio Culturale di Venezia, Generale di Divisione, Francesco Gargaro.
«Saluteremo con gioia il ritorno di un preziosissimo stampato, contenente la prima traduzione latina di una lettera che Cristoforo Colombo scrisse appena ritornato, nel 1493, dal suo primo viaggio, in America. Si tratta di un piccolissimo opuscolo, solo quattro carte, cioè otto pagine, ma è una grande testimonianza di uno dei momenti più decisivi della storia, dopo il quale nulla sarebbe più rimasto uguale» dichiara Stefano Trovato, direttore della Biblioteca nazionale Marciana.
L’epistola “de Insulis Indiae supera Gangem nuper inventis”, stampata a Roma da Stephan Planck dopo il 29 aprile 1493, era stata trafugata, in epoca antecedente al 1988, dalla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia. Il documento è composto da 8 pagine scritte in latino ed è di elevatissima importanza storico-bibliografica e di considerevole valore commerciale.
La lettera di Colombo era nelle mani di un facoltoso collezionista di Dallas, risultato, poi, essere detentore in buona fede. Quest’ultimo, informato della provenienza illecita del bene, sulla base di evidenze e riscontri raccolti dal Comando Carabinieri del nucleo Tutela Patrimonio Culturale, non si è opposto alla confisca posta in essere dalla Procura di Philadelphia e alla definitiva restituzione allo Stato italiano.
Nel mercato statunitense erano confluiti alcuni rari incunaboli di Cristoforo Colombo, oggetto di monitoraggio da parte degli investigatori americani per la presunta presenza di falsi e di altri documenti evidentemente trafugati da biblioteche italiane ed europee.
Le verifiche sono state condotte dai Carabinieri dell’arte e dagli investigatori americani di H.S.I. (Homeland Security Investigation), con il fondamentale contributo del Prof. Paul Swope Needham, curatore della sezione libri antichi della Biblioteca Universitaria di Princeton (USA), esperto di riconosciuta competenza e collaboratore della polizia americana.
L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma, è nata dalla prosecuzione delle attività che nel 2016 hanno consentito il recupero di un altro esemplare della lettera di Colombo trafugata dalla Biblioteca Riccardiana di Firenze e sostituita con un falso. Nella lettera di Colombo troviamo una piccola cronaca della scoperta di isole sconosciute.
Colombo non era probabilmente cosciente di aver scoperto nuove terre, tuttavia aveva compreso di non essere sbarcato nella parte di Oriente che desiderava raggiungere. Non appena si incontrarono, gli uomini di Colombo e gli isolani si scambiarono dei doni, poi gli europei tentarono di convertire gli indigeni al Cristianesimo e di renderli dei devoti sudditi del re di Spagna. Colombo e i suoi uomini vennero scambiati per degli dei scesi dal cielo. Dalla lettera è possibile ricavare un’immagine complessiva dell’Amerindo.
«Gli abitanti non portano vestiti: solo le donne si coprono le parti intime con delle foglie o con dei veli. Non conoscono il ferro né le armi, poiché sono un popolo pavido. Possiedono tuttavia delle armi rudimentali. Sono di indole semplice, onesta e generosa nell’offrire doni» e così via.
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