Cinema al cento per 100, ecco le nostre recensioni dei film in sala dal 2 ottobre

“Testa o croce?”, il western surreale della coppia Alessio Rigo de Righi – Matteo Zoppis. “Together” porta in alto il body horror. Valeria Bruni Tedeschi in un ruolo, finalmente, misurato nel film “L’attachement” di Carine Tardieu. Antonio Capuano racconta una dolorosa storia di separazione nel suo ultimo “L’isola di Andrea”

Marco Contino e Michele Gottardi
Il film "Testa o croce?"
Il film "Testa o croce?"

Dopo il folgorante esordio con “Re Granchio”, la coppia di registi Alessio Rigo de Righi – Matteo Zoppis firma un western a pasta densa che trascolora nel surreale. E Alessandro Borghi, buttero che canta stornelli, fa perdere … la testa.

Che horror! L’esordiente Michael Shanks usa il genere per costruire una potente metafora sull’identità nei rapporti di coppia. “Together” comincia come una ordinaria storia di relazioni amorose un po’ arrugginite e procede come un body-horror (anche estremo), con un finale perfetto.

“L’attachement” di Carine Tardieu racconta la sottile differenza tra amore e attaccamento. Perché non basta vivere accanto a una persona e condividerne le scelte esistenziali o educative. «Occuparsi degli altri richiede forza». Delicato.

Il cinema di Antonio Capuano è sempre dalla parte più genuina del mondo, attento a sfumature e a spicchi di umanità: “L’isola di Andrea” racconta una storia di dolorosa separazione. Bravissimi i “genitori” Teresa Saponangelo e Vinicio Marchioni ma, ancora più emozionante, la prima volta sullo schermo del giovanissimo Andrea Migliucci

 Testa o croce?

Regia: Alessio Rigo de Righi – Matteo Zoppis

Cast: Alessandro Borghi, Nadia Tereszkiewicz, John C. Reilly, Mirko Artuso, Gianni Garko, Gabriele Silli

Durata: 104’

 

Mentre il leggendario Buffalo Bill (John C. Reilly) si trova in Italia centrale con il suo Wild West Show ai primi del ‘900, il ricco signorotto locale Rupè (Gianni Garko, il mitico Sartana degli spaghetti-western) lo ingaggia perchè gli consegni la testa di Santino (Alessandro Borghi), un buttero accusato di avere ucciso suo figlio (Mirko Artuso) e rapito la di lui giovane moglie Rosa (Nadia Tereszkiewicz). Inseguito anche da altri cacciatori di taglie, Santino diventa, proprio malgrado, simbolo della rivolta popolare ma imprevedibili circostanze gli faranno … perdere la testa. Per Rosa, intanto, comincia un surreale percorso di emancipazione.

Dopo il folgorante esordio con “Re Granchio”, che sembrava uscito da un sogno salgariano, la coppia di registi Rigo de Righi/Zoppis torna a raccontare una storia a due facce, proprio il titolo del film. “Testa o croce?” è un western a pasta densa che, nella prima parte, omaggia quel genere dove la frontiera è rappresentata dalle terre selvagge di una Tuscia popolata da latifondisti, briganti (come Zecchino/Gabriele Silli, già protagonista di “Re Granchio”), rivoluzionari, ubriaconi e poveri diavoli come, in fondo, è Santino: uno che ha vissuto più con le bestie che con i cristiani, che canta stornelli per la sua bella Rosa e cerca l’America senza sapere dov’è.

La coppia di registi porta in scena una ballata dal basso, tenacemente attaccata alla terra: i protagonisti dormono sull’erba, guadano paludi piene di rane, si immergono in una natura insidiosa ma, allo stesso tempo, protettiva.

Fino alla svolta del conflitto a fuoco tra i “peones” e gli uomini di Rupè, quando il racconto prende una piega surreale e Rosa ne diventa il baricentro, non solo drammaturgico, ma anche “politico”, con la sua fame di “liberazione” da un mondo che le sta stretto sin dal corsetto che porta. Paradossalmente, i registi sembrano più liberi ed esprimono il loro cinema migliore nella prima parte in cui, pur nella linearità e nella canonicità del genere, mantengono uno sguardo originale come due canta-storie, abili a fondere realtà e mito, fango e leggenda. Come se il registro, quasi pasoliniano, della seconda parte suonasse più programmatico.

Ma lo scompenso è un difetto perdonabile per due autori che si confermano tra i più interessanti del panorama italiano. (Marco Contino)

Voto: 6,5

***

Together

Regia: Michael Shanks

Cast: Dave Franco, Alison Brie

Durata: 102

Il film "Together"
Il film "Together"

“… tonight is the night when two become one”/“questa notte è la notte in cui da due diventeremo una cosa sola” … Cantavano così, nel 1996, le Spice Girls. Un brano che si fa lentamente strada nel body-horror più sorprendente dell’anno, esordio alla regia di Michael Shanks. “Together” (altra illuminazione distributiva di “I Wonders Pictures” di Andrea Romeo, dopo il successo di “The Substance”) è una potente metafora sull’identità nei rapporti di coppia.

I protagonisti sono Tim e Millie (Dave Franco, fratello di James, e Alison Brie che sono anche marito e moglie nella vita: sorta di “mise en abyme” drammaturgica che ricorda, quella più celebre, di “Eyes Wide Shut” con Cruise/Kidman, coppia dentro e fuori dalla finzione).

Stanno insieme da 10 anni ma, da un po’, sono distanti (anche nell’intimità).

Quando lei accetta di trasferirsi per lavoro fuori città, in un isolato paesino circondato dai boschi, Tim (che coltiva, ancora, il sogno di sfondare nella musica) la segue più per dipendenza psicologica che per convinzione. Amore e abitudine sono già diventati inestricabili. Ma durante un’escursione e una accidentale caduta dentro una grotta, succede qualcosa di inspiegabile …

Usciti indenni dalla voragine, prima Tim e poi Millie cominciano a provare una irresistibile e famelica attrazione l’uno per l’altra, come se fossero sempre (e letteralmente) sul punto di fondersi. “Together”, attraverso il genere - che, ovviamente, è debitore del cinema di Cronebergh, prima di tutto, ma anche di altri autori (dallo Żuławski di “Possession” all’Ari Aster di “Midsommar”) – è un piccolo, originale e prezioso saggio sulla disgregazione delle identità individuali quando il legame di coppia diventa fagocitante.

Quanto di originale di Tim e Millie è rimasto dal giorno in cui hanno deciso di condividere le loro vite? Quanto “pesa” l’amore e quanto la paura di separarsi nella decisione di continuare a camminare insieme? Dove comincia, davvero, l’uno e finisce l’altra? Ecco che, allora, il corpo, con le sue mutazioni, diventa terreno di contaminazione, prova “carnale” della tossicità delle relazioni e, al tempo stesso, mitologica convergenza di anime gemelle a cui aspirare o da cui fuggire. Michael Shanks tesse con pazienza (senza rinunciare a qualche improvvisa e traumatica accelerazione negli incubi di Tim) i fili di questa riflessione, conducendo lo spettatore da un quotidiano dramma di coppia a un body horror, anche piuttosto estremo, con un finale quasi perfetto, summa di quella metafora identitaria che attraversa tutto il film.

Si perdona anche qualche ingenuità di scrittura (in particolare, il riferimento al mito dell’androgino raccontato da Aristofane nel “Simposio” di Platone poteva rimanere una suggestione senza eccedere in ulteriori spiegazioni). “Together” resta uno di quegli horror preziosi e intelligenti che il nostro sistema produttivo farebbe bene a coltivare, invece di liquidarli come generi “minori”. (Marco Contino)

Voto: 7

***

L’attachment- La tenerezza

Regia: Carine Tardieu

Cast: Pio Marmaï, Valeria Bruni Tedeschi, Vimala Pons, Raphael Quenard, César Botti

Durata: 106’

Il film "L'attachement"
Il film "L'attachement"

 

“L’attachment”, l’attaccamento, che in italiano è stato co-tradotto con “La tenerezza” è una storia di affetti incrociati, tratta dal romanzo "L'intimité" di Alice Ferney, un film di delicati sentimenti spesso inespressi o mal indirizzati da una coralità di protagonisti non riconducibili a vite borghesi, poggiate su schemi consolidati di famiglie strutturate. Una in realtà ci sarebbe, quella di Cécile e Alex (Pio Marmaï), che si rompe già all’inizio del film quando la donna, incinta, muore di parto e lascia al marito il figlio Elliott di cinque anni, di un precedente compagno (Raphaël Quenard), e la neonata Lucille.

Sandra (Valeria Bruni Tedeschi, qui in un ruolo finalmente maturo, meno isterico di “Duse”), invece, è la vicina, libraia impegnata, vetero femminista, una vita da single per scelta o per necessità, che di colpo scopre la solidarietà iniziando a occuparsi dei figli di Alex. Ma più in generale, nel film c’è molta solidarietà femminile (ma i baby sitter sono maschi), forse per il tocco e lo sguardo della regista o dell’autrice del libro.

A Tardieu va il merito di non aver svilito la trasposizione in un melò sdolcinato, ma anzi aver tenuto in piedi il racconto giocando su piccoli colpi di scena, scarti narrativi che danno senso al film e aiutano a entrare nel merito: la differenza tra amore e attaccamento. Perché non basta vivere accanto a una persona, condividerne le scelte esistenziali o educative, essere empatici, insomma. Quella tenerezza di condivisione esistenziale rischia di sfaldarsi alle prime difficoltà sociali o familiari, come nel caso della nuova compagna di Alex, la sua pediatra Emilia (Vimala Pons).

Perché, come ricorda Sandra, «occuparsi degli altri richiede forza» e non sempre ne siamo consapevoli, prima che in grado. Ma il film dà vita anche a molte speranze, è ricco di affetti trasversali, spesso mescolati in modo indefinito, oltrepassando con lievità il confine tra amore e attaccamento. E come spesso accade nei film francesi, la bellezza composta della sceneggiatura va di pari passo con una elegante e precisa direzione attoriale. (Michele Gottardi)

Voto: 7

***

L’isola di Andrea

Regia: Antonio Capuano

Cast: Teresa Saponangelo, Vinicio Marchioni, Andrea Migliucci, Marina Ferrara

Durata: 105’

Il film "L'isola di Andrea"
Il film "L'isola di Andrea"

Il cinema di Antonio Capuano è sempre dalla parte più genuina del mondo, attento a sfumature e a spicchi di umanità che non sempre lo schermo trattiene ed evidenzia. In questo suo ultimo film, fuori concorso all’ultima Mostra del Cinema, Capuano narra una dolorosa storia di separazione tra una coppia ancora giovane (lui 34, lei 29) che deve trovare una soluzione per il loro figlio Andrea di 8 anni.

Non riuscendo a mettersi d’accordo tra loro per gestire i tempi di ripartizione nella gestione genitoriale, si rivolgono al Tribunale dei minorenni per richiedere una sentenza giudiziale che stabilisca in via definitiva quanti giorni il bambino debba passare con la madre e quanti con il padre. Per far questo il magistrato organizza dei colloqui con i genitori per identificare chi è più disponibile tra Marta e Guido e le modalità della gestione del bambino.

La cosa però scatena una sotterranea guerra psicologica, in cui ognuno dei due cerca di essere migliore dell’altro e anche di se stesso. Ne emergono più i difetti che la disponibilità affettiva dei due, che pure c’è e molta (bravissimi Teresa Saponangelo e Vinicio Marchioni), anche se i genitori fanno di tutto, anche inconsciamente, per apparire peggiori di quanto non siano in realtà. Comportamenti che Capuano filma con precisione, registrandoli con lo sguardo del documentarista, che a volte sconfina in quello dell’entomologo, senza tuttavia appesantire il racconto.

L’altro grande protagonista del film è Andrea (Migliucci, esordiente sullo schermo) che conferma la bravura di Capuano nella direzione dei piccoli interpreti, sin dai tempi degli esordi di “Vito e gli altri”. Qui Andrea evidenzia bene l’instabilità caratteriale del figlio sballottato, le sue ansie di ribellione, le sue fughe, sino al finale dell’“Isola che non c’è” di Edoardo Bennato, cantato a squarciagola in una sorta di sfogo liberatorio. (Michele Gottardi)

Voto: 6

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