Festival del Cambiamento a Gorizia, come costruire una pace giusta in Europa
Da Gorizia, modello di convivenza, la lezione per affrontare le crisi globali: gli ospiti principali e tutto quello che c’è da sapere sull’evento

Se la Capitale europea della Cultura, questa capitale, è un modello di convivenza e collaborazione per l’Europa che potrebbe e, forse, dovrebbe essere, allora appare naturale che proprio in riva all’Isonzo, dove oggi c’è una sutura al posto delle vecchie divisioni, ci si interroghi sul futuro dell’Europa e dell’ordine internazionale. Possibilmente, un futuro di pace.
Accadrà l’8 ottobre, quando la città ospiterà il “Festival del Cambiamento: Gorizia città della pace giusta”, l’evento internazionale organizzato dalla Camera di commercio Venezia Giulia assieme a International Strategic Network e MedOr Italian Foundation, anche con la collaborazione della Regione e con il patrocinio di Unioncamere e dell’Università di Trieste.
Proprio l’ateneo giuliano offrirà una sede di prestigio come il Conference center del suo polo didattico di via Alviano, dove i lavori del festival inizieranno alle 9.30. «Quando abbiamo pensato a questo appuntamento, ci è parso naturale scegliere Gorizia come sede – spiega il presidente della Camera di commercio Venezia Giulia Antonio Paoletti, fotografando il senso profondo dell’iniziativa –. E questo non soltanto perché è Capitale europea della Cultura assieme a Nova Gorica, ma perché è un luogo simbolo del dialogo finalizzato all’abbattimento dei confini e al superamento delle divisioni. Un qualcosa di cui oggi c’è assoluto bisogno, così come parlare di pace giusta, fondata su equità e sicurezza condivisa. Questo deve essere il vero orizzonte del cambiamento».
Il programma del festival è ricco e articolato. Ai saluti istituzionali seguiranno quattro panel distinti: il primo avrà come tema centrale il futuro dell’Europa in un contesto di crisi multiple.
Moderati da Flavia Giacobbe, direttrice di Formiche e Airpress, dialogheranno tra gli altri il deputato greco Dimitris Avramopoulos e l’ambasciatore Ettore Sequi, già segretario generale del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale.
Il secondo panel (moderato dal vicedirettore del Corriere della Sera Federico Fubini) si concentrerà invece sull’impatto economico dei conflitti, analizzando come la frammentazione delle catene globali del valore influenzerà produzione, commercio e mercati, e come i processi di ricostruzione potranno ridisegnare le geografie economiche creando nuove opportunità di sviluppo.
Parlerà tra gli altri l’ambasciatore Francesco Maria Talò, inviato speciale dell’Italia per il Corridoio India-Medio Oriente-Europa. «Sono estremamente contento di partecipare a un’iniziativa che ragiona sul cambiamento, perché ce n’è bisogno – spiega Talò -. Gorizia nella sua storia ha saputo cambiare e in tal senso lancia un segnale positivo ad un’Italia e un’Europa che rischiano di restare ferme di fronte ad un mondo che corre. E il Corridoio Imec che il Governo mi ha incaricato di seguire è un’opportunità, anche per Gorizia, Trieste, il Friuli Venezia Giulia. Il difficile è passare dai convegni alle infrastrutture, ma è un inizio, da affrontare con la consapevolezza che dobbiamo andare avanti con grande impegno».
Ancora, il terzo panel esplorerà il ruolo del multilateralismo e della diplomazia, mentre l’ultimo, moderato dal vicedirettore del Gruppo Nem Fabrizio Brancoli, sarà un viaggio nelle testimonianze dei giornalisti che il fronte, le guerre, gli sconvolgimenti degli assetti internazionali li hanno vissuti e raccontati in prima persona.
Da Lorenzo Cremonesi a Fabio Tonacci, tanto per citarne alcuni, fino a Fausto Biloslavo. «In fondo chi meglio di coloro che hanno visto da vicino il buio della guerra può parlare della luce in fondo al tunnel? – dice Biloslavo –. Certo, non è semplice una pace giusta. Nel caso dell’Ucraina credo sarà dura, anche se l’importante è che tacciano le armi. E chissà che proprio alla vigilia del festival di Gorizia, dove si è dimostrato come sia possibile andare oltre le tragedie della guerra, non possa arrivare la bella notizia di un accordo a Gaza?».
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