Film delle feste, le scelte di quattro registi del nord

Il racconto delle pellicole che hanno amato da ragazzi: Il Padrino, Amore e morte, ma anche i classici Disney e La vita è meravigliosa. Tra gli intramontabili anche Vacanze di Natale ambientato a Cortina

Marco Contino

Un rito da celebrare. Una porta aperta sui ricordi, capace di innescare l’effetto “Ratatouille” come accade al critico gastronomico del cartoon Pixar che, alla prima forchettata del piatto, viene investito da un vortice di memorie calde e confortanti. I film delle feste hanno questo potere: la vista, invece del gusto, spalanca emozioni, dando inizio ad una intima liturgia della visione.

Anche chi i film li dirige per lavoro, non si sottrae a precisi rituali televisivi durante le vacanze che spaziano dal “classico” all’“alternativo.

Abbiamo chiesto a quattro registi del Nord-Est di confidarci i loro film delle feste da godersi sul divano di casa. Da Francesco Sossai a Laura Samani; da Claudio Cupellini ad Antonio Padovan.

Il regista feltrino, con “Le città di pianura”, si è imposto come la rivelazione di questo 2025: oltre un milione e mezzo di incassi e un probabile ruolo da protagonista nella stagione dei David di Donatello (intanto, il prossimo 20 gennaio, ”Le città di pianura” riceverà al Trieste Film Festival il premio attribuito dal Sindacato Critici per il miglior film italiano dell’anno). Sui film delle feste Sossai si muove tra tradizionalismo, memorie intime e scelte assolutamente inaspettate: «Per me “Mamma, ho riperso l’aereo” è proprio il film natalizio per eccellenza - confessa.

Ma lo è anche “Il padrino” di Coppola. Sarà per quella sequenza in cui Al Pacino e Diane Keaton comprano i regali in un negozio di giocattoli; sarà perché quel dvd me lo regalò mia mamma, o, ancora, perché ho visto per la prima volta “Il padrino” davanti alla tv vicino all’albero di Natale addobbato: questa sovrapposizione di memorie me lo fa associare alle feste. Un altro film che adoro vedere è il primo “Vacanze di Natale”: con quella ambientazione a Cortina, lo trovo sempre bello».

Tutt’alto che natalizio, invece, è l’ultimo film che Sossai svela di guardare ogni 26 dicembre: «Dopo la sbornia di cibo, pranzi e famiglia, torno a casa e guardo “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini».

La regista triestina Laura Samani, che all’ultima Mostra del Cinema di Venezia ha presentato il suo secondo lungometraggio nella sezione Orizzonti (Un anno di scuola), invece, non ha un film delle feste come evento rituale. «Però – dice – ho un ricordo da condividere. Quando ero piccola, durante le vacanze natalizie, guardavo sempre molti film.

A casa c’erano i VHS con i film passati alla tv che i miei genitori avevano registrato per me e mia sorella. Molte volte i nastri erano incisi più volte e spesso mancava l’inizio del film. Poteva capitare di avere sulla stessa cassetta l’inizio di “Quattro bassotti per un danese”, un frammento di “Fantaghirò” e poi “Elliot, il drago invisibile”.

Una sorta di “Fuori orario” tutto nostro, un dialogo fantastico tra epoche e personaggi diversi! Ancora adesso, per questo motivo, associo alcuni film alle feste di Natale ed è irrilevante che io non conosca il finale di qualcuno di loro».

Il padovano Claudio Cupellini, uno dei più affermati registi italiani (“Una vita tranquilla”, “Alaska”, “La terra dei figli”, due serie come “Gomorra” e “Storia della mia famiglia” e un film in preparazione dal titolo provvisorio “Il sopravvissuto”) non ha dubbi: «Un film che vedo sempre durante le feste da quando ero piccolo, prima ancora di voler fare cinema, è “Amore e guerra” di Woody Allen.

Magari è considerato come una delle sue opere minori ma io lo trovo veramente esilarante e divertente e, comunque, essendo ambientato in Russia, la neve ce l’ha.

Me lo ha fatto conoscere mio fratello e, spesso, celebro questo rito di visione seriale con un mio caro amico giornalista che conosco da quando sono piccolo. Ricordo che, insieme, più di una volta, guardandolo, siamo caduti letteralmente dal divano dalle risate».

Antonio Padovan, originario di Vittorio Veneto, dopo aver portato per la prima volta al cinema l’ispettore Stucky (Finché c’è prosecco c’è speranza), aver toccato la luna con “Il grande passo” e aver raccontato una storia di vedovanza solidale (“Come fratelli”, in uscita su Sky il 3 gennaio), confida come per lui l’immaginario dei film delle feste sia più americano che italiano. «Sarò banale, ma i miei titoli natalizi sono “La vita è meravigliosa” e “Miracolo nella 34esima strada”.

Però, per me che sono nato negli anni ’80, “Mamma ho perso l’aereo” è il sogno di ogni bambino ed è speciale. Perché in realtà è un B-movie: solo che gli attori, tra cui Joe Pesci - che è, praticamente, un personaggio dei “Looney Tunes” - ma soprattutto la musica di John Williams lo hanno trasformato in un cult. Cioè hanno preso un piccolo film o lo hanno fatto diventare un classico. Magia pura». 

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