Fenomenologia di Pippo Baudo in 12 punti

Guardiano delle tradizioni, cavaliere delle balaustre, onnipresente e liturgico. A lunghe falcate (iconiche anche quelle) ha attraversato decenni di comunicazione visuale, da padrone di casa

Fabrizio BrancoliFabrizio Brancoli

 

Pippo Baudo incarna la differenza tra due frasi: “fare” la televisione oppure “essere” la televisione. Lui sta nella seconda categoria. Quella dell’essere, come avrebbe detto Parmenide, che come lui veniva dalla Magna Grecia. Cerimoniere, talent scout, guardiano della Conservazione televisiva, veleggiatore della politica applicata al tubo catodico (qualcuno ricorda che cosa fosse, un tubo catodico?), psicologo improvvisato. Con le sue lunghissime falcate,iconiche pure quelle, ha attraversato mezzo secolo di spettacolo. Per raccontarlo, più che una biografia serve una fenomenologia.

1. Il custode della TV nazional-popolare

La sua non era una tv di nicchia: era un’Italia intera che si specchiava nello schermo. Baudo non divideva: la signora di provincia e l’avvocato metropolitano, i ragazzini e i nonni. Se c’era lui, lo spettacolo era “per tutti”.

2. La balaustra di Sanremo

1995: un uomo minaccia di buttarsi dalla galleria. Pippo lo intercetta, lo blocca, lo dissuade. Una scena che sembra comica, ma che racconta un’epoca: Baudo non era solo conduttore, era arbitro dell’ordine pubblico, pronto a salvare persino la vita in diretta. O a farci pensare che fosse così.

3. La bulimia dei programmi

Per anni sembrava che non ci fosse spazio senza di lui: Domenica In, Fantastico, Serata d’onore, il Festival di Sanremo. Onnipresente, ubiquo, rassicurante, eccessivo, impegnato a interdire ogni alternativa a se stesso. L’Italia guardava Baudo, anche quando magari avrebbe voluto cambiare canale.

4. Il padrone di casa

Non presentava: accoglieva. Gli ospiti erano i suoi ospiti, il pubblico i suoi commensali. Lo chiamavano“Superpippo: una forma di regalità e lo scettro era il microfono.

5. Il talent scout

Dietro il punto esclamativo vivente, c’era il fiuto da cacciatore: da Heather Parisi a Lorella Cuccarini, da Beppe Grillo a Andrea Bocelli. Vedeva la scintilla prima degli altri.

6. Le rivalità da Olimpo televisivo

Mike Bongiorno, Corrado, Raimondo Vianello, e poi Tortora e altri: un’arena di titani. Pippo era quello più istituzionale, più “Rai”. La colonna di granito di un tempio.

7. Il compositore che pochi ricordano

Scrisse canzoni per Al Bano, Pippo Franco e perfino Califano. In un’altra vita avrebbe potuto fare il musicista.

8. L’amore da gossip con Katia Ricciarelli

Non poteva mancare il capitolo rosa: il matrimonio con la soprano Katia Ricciarelli, seguito e commentato come una soap nazionale. Due voci potenti e due personalità forti. Per anni furono la coppia “lirico-televisiva” che sembrava incarnare il melodramma italiano.

9. Il Sanremo come regno personale

Non tredici Festival, ma il suo Festival. Baudo non conduceva Sanremo: lo governava, lo plasmava, lo proteggeva dagli imprevisti. Ogni edizione portava la sua impronta inconfondibile, e spesso il suo zampino salvifico.

10. Il gesto e la voce

Quel dito alzato, quell’accento catanese mai camuffato, quella risata fragorosa. La sua fisicità era tv: imponente e rassicurante, teatrale ma diretta. Un corpo assegnato al rettangolo orizzontale che illuminava i salotti.

11. L’amplesso televisivo con Benigni

1980: Sanremo. Entra Benigni e lo bacia in bocca, si abbarbica a lui come al tronco di un albero. È nella storia della TV: il cerimoniere impassibile che, per una sera, si prestò a un rito fisico e comico quasi sacrilego. Una rotta di collisione fra ordine e caos.

12. L’ultimo gigante

Con Baudo si chiude un’era: un un conduttore era insieme garante, guida, autorità. Dopo di lui la comunicazione visuale si è frantumata in mille canali e piattaforme. Lui resta l’eco di un tempo in cui la tv, davvero, era una sola. —

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