Bertè e i suoi 50 da ribelle: «Sarò sempre dalla parte delle donne»

La cantante si esibirà sabato 27 settembre al Palaverde di Villorba: «Non sono una signora è un inno di emancipazione: fare la scaletta è un’impresa, la mia discografia è una Treccani»

Tommaso Miele

Tutto pronto al Palaverde di Villorba sabato 27 settembre per il concerto di uno dei simboli della musica italiana: Loredana Bertè è pronta a emozionare il pubblico nella tappa trevigiana del suo “50 da Ribelle-Tour 2025”.

Prosegue il suo viaggio live nei palasport con una tournée autunnale che rappresenta anche il manifesto della sua carriera: in bilico e oltre, artista libera e unica, senza paura di sbagliare. Biglietti in vendita su Ticketone e in biglietteria al Palaverde dalle 19, mentre le porte apriranno al pubblico alle 19.30 (inizio live alle 21).

Mezzo secolo di carriera, da eterna ribelle. Quali sono i momenti indimenticabili?

«Veramente difficile scegliere. Posso ricordare alcune canzoni però, e direi “Dedicato” o “E la luna bussò”, che ha portato per la prima volta il reggae in Italia. Oltre a “Non sono una signora”, diventato un vero inno di emancipazione per le donne. Poi anche “Pazza”, con la quale ho vinto il Premio della critica Mia Martini, per me il più grande riconoscimento in assoluto».

Quali canzoni ascolteremo e chi la accompagnerà sul palco?

«Sarà un viaggio nella mia musica tra rock, pop e reggae con i brani più conosciuti del mio repertorio, da quelli del passato a quelli più recenti: “Sei bellissima”, “In alto mare” e “Dedicato”, arrivando fino a “Pazza”. Ogni volta fare la scaletta è un’impresa, perché la mia discografia è una Treccani. In questo ultimo tour estivo ho inserito anche un brano rap che ho scritto nel 1997, si chiama proprio “Rap di fine secolo” e per l’attualità delle parole sembra scritto oggi: "...Guerre e guerre di religione, e genocidi di popolazioni. Fame, peste e carestia, e l'America per polizia...". Sul palco con me ci sarà la mia inseparabile BandaBertè: ascolterete arrangiamenti pazzeschi! E due coriste, Aida Cooper e la giovane Annastella Camporeale».

Che rapporto ha con il pubblico trevigiano?

«Sono proprio contenta di tornare in Veneto, e di ritrovare il mio pubblico che non ha mai smesso di seguirmi. Come si suol dire: aspettatemi, arrivo».

Ha scritto in un post social che si sente “Da schifo” per Gaza. La musica può esorcizzare la stupidità umana?

«Di fronte a quello che stiamo vedendo anche la musica non può esorcizzare: la vergogna è totale. Gli artisti possono però aiutare a tenere alta l’attenzione, per non distogliere mai lo sguardo da tali atrocità. Sconcerta che questa lotta va avanti da decadi e che invece di sedarsi è arrivata a un punto di non ritorno con una città che ha 4500 anni rasa al suolo e oltre 20 mila bambini uccisi e abbandonati da tutti. Che uomo è un uomo hce non protegge i propri cuccioli? Gli animali sono più umani di noi».

Come vive la promozione dell’immagine in un mondo sempre più consacrato alla sovraesposizione?

«Un conto è la cura dell’immagine e della persona, di come si va sul palco: ognuno è libero, perché siamo artisti. Un altro discorso è l’apparire troppo sulle piattaforme, sono due aspetti molto diversi».

Quali sono le sue eredi?

«Preferisco sempre parlare più di figlie e figli di Loredana: quando li incontro in tv o nei concerti sono molto felice. C’è tutta una generazione di nuove artiste, ognuna con la propria distinta personalità, che sta facendo molto bene... Non voglio fare nomi, ma una cosa è certa: sono e sarò sempre dalla parte delle donne».

Riproduzione riservata © il Nord Est