L’albergo dei Papi è tornato alle origini ed è pieno di storie

Alberto Beggiolini racconta in un libro il Park des Dolomites di Borca di Cadore, hotel di lusso, ospedale e scuola: centoventi anni, tanti personaggi e adesso il rilancio

Nicolò Menniti Ippolito
L'hotel Park des Dolomites
L'hotel Park des Dolomites

La scalinata è la stessa. Diverse sono le persone. Di volta in volta a scenderla – o a mettersi in posa per la fotografia – possono essere Gugliemo Marconi, Franklin Delano Roosevelt, D’Annunzio e la Duse, oppure un gruppo di crocerossine, un gruppo di ufficiali, o ancora seminaristi guidati da due futuri Papi: Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I.

La “dolomia” del Park Hotel des Dolomites a Borca di Cadore racconta, a modo suo, molta storia del Novecento, e ora che l’enorme edificio è tornato a nuova vita - una vita che mette insieme tutto il suo passato - Alberto Beggiolini, tra i più noti giornalisti veneti, ne ha ricostruito la vicenda in un libro (anche fotografico), che restituisce la complessità di un edificio che è andato al passo con il tempo.

La storia raccontata in Il Park Hotel des Dolomites. Centovent’anni di storia ai piedi dei giganti comincia nell’epoca d’oro dei grandi hotel montani. Quei «veri e propri transatlantici incagliati nel paesaggio d’alta montagna» che tra fine Ottocento e inizio Novecento diedero una scossa importante al turismo montano. Edifici che provavano a mettere insieme grandezza, eleganza, modernità, assicurando a una clientela di lusso, comunque non più solo aristocratica, un sorprendente affaccio sul paesaggio, comodità, aria sana sana, divertimento.

L’hotel

Per intenderci, del 1896 è il Badrutt’s Palace di St. Moritz, destinato a ospitare il gotha della ricchezza mondiale, del 1901 è il Miramonti di Cortina, e nel 1902 comincia la costruzione del Palace Hotel des Dolomites (questo il primo nome) collocato tra Pelmo e Antelao, a metà strada tra Borca e San Vito di Cadore. A identificare il luogo ideale per la nuova avventura è un veneziano trapiantato a New York, Angelo Zucchi, mentre il progetto è affidato a Francesco Marsich, l’uomo che aveva da poco costruito l’“Hotel des Bains” al Lido di Venezia.

Si trattava di sfruttare la nuova moda del turismo montano, che in tutta Europa si stava sviluppando velocemente con la nascita di nuove località, che in parte integravano, in parte sostituivano quelle termali e lacustri in voga nella seconda metà dell’Ottocento.

Il nuovo hotel aveva l’energia elettrica, un ascensore a pressione idraulica, il riscaldamento centralizzato, l’ufficio postale, 150 stanze, bagni in camera, una scuderia con 50 cavalli: tutto quel che il moderno turista poteva chiedere alla sua epoca.

Ospiti celebri

Vi soggiornarono personaggi importanti, dal principe Umberto a Roosevelt, ma presto l’avventura si complicò, perché con lo scoppio della guerra l’hotel si trovò praticamente sul fronte (Cortina era allora ancora austriaca).

Ed ecco allora che l’hotel viene requisito e si trasforma in ospedale di guerra, con duecento posti letto. Dopo Caporetto cade in mani austriache, non senza essere stato saccheggiato dalla popolazione in fuga. È solo la prima delle morti e resurrezioni dell’hotel. Negli anni Venti il turismo montano riprende e a gestire l’hotel arriva lo stesso gestore del mitico Storione liberty di Padova.

Ma il mondo sta cambiano, il turismo si sta imborghesendo, la clientela di lusso è minoritaria e alla fine degli anni trenta c’è un nuovo cambio e l’edificio viene ceduto alla fascista GIL (Gioventù Italiana del Littorio). Altra guerra e nuova vita. L’edificio incontra Girolamo Bortignon, allora vescovo della Diocesi di Belluno, che lo affida ai padri Cavanis di Venezia per trasformarlo in una scuola che in quegli anni sarà fondamentale per l’evoluzione culturale del Cadore.

Il convitto del seminario

Nel 1954 Bortignon, diventato vescovo di Padova, lo acquista per farne un convitto la sede estiva del Seminario. Lo intitola a Pio X e ospiterà il cardinale Roncalli e don Albino Luciani: gli ultimi tre Papi veneti in un’unica immagine. Nel 2009 il ritorno alla vocazione turistica, senza perdere però - come ricorda nella prefazione al libro Graziano Debellini, presidente del TH group, che ora lo gestisce – la vocazione sociale che lo ha arricchito in tutte queste traversie. E le Olimpiadi saranno – ricorda Debellini- il coronamento di questo lungo viaggio nella storia. —

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