Dai licenziamenti alla cittadinanza: i quesiti del referendum 2025, spiegati bene

Si punta fra l’altro a ripristinare il diritto al reintegro eliminato con il Jobs Act. E a dimezzare i tempi per ottenere lo status di italiano: da dieci a cinque anni. Tutto quello che c’è da sapere

La redazione
Un precedente seggio elettorale per i referendum (Bonaventura)
Un precedente seggio elettorale per i referendum (Bonaventura)

Appuntamento 8 e 9 giugno, quando 46 milioni di italiani saranno chiamati a votare i referendum sul lavoro e la cittadinanza promossi dalla Cgil e da +Europa. Quale sia la percentuale di sì e no per ogni quesito, il fallimento o il successo dipenderà dalla partecipazione al voto, il cosiddetto quorum, che deve superare il 50 per cento più uno degli aventi diritto, quindi circa 24 milioni di elettori alle urne necessari per far considerare validi i risultati.

Cinque schede di diverso colore, si potrà ritirarne anche solo una, nessun obbligo di votare tutti i quesiti, si può scegliere su quale esprimersi. Particolare non di poco conto, le persone fuori sede, lontane dalla propria residenza, potranno votare a distanza. Una norma al suo esordio, voluta per dare una spinta alle percentuali di partecipazione al voto in tutte le tornate.

I cinque quesiti propongono di modificare le leggi sui licenziamenti e sulla sicurezza del lavoro e quella per ottenere lo status di italiano. I referendum sono sostenuti dalle opposizioni, pur con diverse posizioni nel merito; e osteggiati in toto dai partiti della maggioranza di governo, che sperano non venga raggiunto il quorum.

Date, quesiti e voto ai fuorisede: la guida ai Referendum 2025 su Lavoro e Cittadinanza
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Un cittadino al voto in una foto di repertorio

Il primo ristabilisce il reintegro nel posto di lavoro per licenziamento ingiustificato, abolito con il jobs act nel 2015; il secondo punta a eliminare il limite esistente per gli indennizzi dei licenziamenti delle piccole imprese; il terzo pone dei limiti al ricorso dei contratti a termine, per contrastare la precarietà; il quarto estende la responsabilità delle imprese negli appalti in caso di infortuni; infine, il quinto propone di riportare da 10 a 5 anni l’obbligo di residenza nel nostro paese per ottenere la cittadinanza italiana.

Licenziamenti illegittimi

Nel dettaglio, il primo referendum (scheda verde) affronta le tutele in caso di licenziamento: se il lavoratore dimostra che è illegittimo, oggi ha diritto ad un risarcimento del datore di lavoro, ma non al reintegro. Votando sì, il lavoratore oltre al risarcimento potrà chiedere di essere riassunto. Votando no, resta tutto come ora. In sostanza si propone di abrogare la norma identitaria del jobs act, il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti introdotto nel 2015.

Verrebbe ripristinato l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori del 1970. Una tutela persa dopo il 2015 in società con più di 15 dipendenti. Anche se in dieci anni questa norma è stata indebolita da diversi pronunciamenti della Consulta e della Cassazione , che hanno bollato l’incostituzionalità di alcune sue parti.

Le tutele nelle piccole imprese

Il quesito della scheda arancio affronta il tema delle indennità in caso di licenziamento nelle piccole imprese: tema importante perché le imprese con meno di 15 dipendenti sono il 95% del totale. Oggi funziona così: per i licenziamenti illegittimi le piccole aziende sono tenute a versare un risarcimento con un tetto massimo di sei mensilità. Votando sì, questo tetto verrebbe eliminato e la somma verrebbe decisa caso per caso da un giudice del lavoro, senza limiti.

I contratti di lavoro precari

La scheda grigia contiene il quesito sui contratti a tempo determinato, utilizzati dalle aziende senza dover specificare il motivo: votando sì i datori di lavoro saranno di nuovo obbligati a indicare la motivazione per cui stipulano contratti precari. Cancellando le norme in vigore dal 2015 si ristabilisce l’obbligo di una “causale” per i contratti a tempo determinato più brevi di 12 mesi, oggi in vigore solo per i contratti a tempo determinato che durano più di un anno.

Infortuni sul lavoro

Il quesito della scheda rosa mira a cambiare la disciplina di sicurezza sul lavoro, introducendo il principio della responsabilità solidale negli appalti: si chiede di abrogare la norma che solleva il committente (chi affida un lavoro in appalto) dalla responsabilità sugli infortuni, oggi in capo dell’appaltatore (chi riceve l’incarico di fare il lavoro) e del subappaltatore (chi, in alcuni casi, svolge il lavoro per conto dell’appaltatore).

Votando sì, anche il committente sarà responsabile in solido delle irregolarità che possono causare infortuni sul lavoro legati al tipo di attività che svolgono le imprese appaltatrici o subappaltatrici. Quindi verrebbe esteso l’obbligo di risarcimento verso chi subisce un danno da infortuni. Con conseguenze significative sul settore dell’edilizia.

Cittadinanza

Tra tutti è forse il referendum più politico, perché il dibattito sulle regole per chiedere la cittadinanza italiana spacca in due gli schieramenti. Si parla qui del tempo di residenza necessario per concedere la cittadinanza ai cittadini maggiorenni non-Ue. Oggi tutti quelli che studiano e lavorano legalmente in Italia devono attendere dieci anni di permanenza consecutivi prima di poter chiedere la cittadinanza italiana. Votando sì sulla scheda gialla il numero di anni richiesto scende da dieci a cinque, come era prima del 1992. In tempi di forti tensioni sul tema dell’immigrazione, questo nodo è il più dibattuto e divisivo.

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