Zaia: «Non può esistere un’Italia moderna senza le Regioni forti»
Il presidente del Veneto, in occasione del Festival delle Regioni, rilancia sul progetto dell’autonomia differenziata: «È un argomento ancora più attuale in questa situazione di complessità globale. E al mio successore dico: non perdere lo standing e la reputazione raggiunti»

Inizia oggi, 18 maggio, a Venezia la quarta edizione del Festival “L’Italia delle Regioni”: un viaggio tra innovazione e tradizione alla scoperta delle eccellenze regionali, con incontri, eventi e tavoli di approfondimento, a cui partecipano esponenti di governo, accademici e stakeholder provenienti da tutti i 21 territori rappresentati dalla Conferenza delle Regioni. Domani ci sarà il presidente Mattarella, martedì la premier Meloni. Con il presidente Zaia abbiamo affrontato i temi al centro del confronto.
Presidente Luca Zaia, inizia il festival. Qual è l’importanza delle Regioni in un contesto sempre più europeo e mondiale?
«Innanzitutto non sarà solo un festival, ma un laboratorio d’analisi istituzionale e politica sull’assetto del nostro Paese. E sul suo futuro. Tutto questo a Venezia, città iconica per la sua storia di Repubblica illuminata. Le Regioni sono fondamentali perché rappresentano il livello istituzionale più vicino ai cittadini».
Anche in un contesto così globale?
«In un mondo globale e interconnesso i problemi si fanno più complessi e le risposte devono essere veloci e territoriali. Concrete, vicine alla gente. Le Regioni hanno questa capacità assieme agli enti locali. Possono tradurre le grandi sfide in politiche operative, calibrate sulla realtà dei territori».
Quali saranno i temi chiave?
«Innovazione nella tradizione. Questo festival affronterà soprattutto le riforme, ne sono convinto. La necessità che il futuro dell’Italia passi dal coraggio di mettere a terra l’autonomia, il premierato, il federalismo fiscale. Ma anche la riforma della giustizia e in generale un cambiamento di approccio che abbandoni il conservatorismo, il “si è sempre fatto così” che è un freno all’innovazione e una palla al piede per i nostri giovani».
Cosa succederà, dunque, a Venezia in questi giorni?
«Venezia sarà per tre giorni la capitale del confronto fra Regioni e istituzioni, con una cornice di dialogo che coinvolge non solo i presidenti ma anche il governo, il Parlamento e il Quirinale. Il cuore del Festival sarà proprio questo: discutere insieme del futuro della Repubblica partendo dalle autonomie. Con la consapevolezza che non si può pensare a un’Italia moderna senza Regioni forti e responsabili».
Com’è il suo rapporto con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella?
«Il presidente Mattarella è un faro: rappresenta, per capacità di visione e standing personale, le fondamenta più solide delle nostre istituzioni. È un riferimento, per tutti noi che lavoriamo nella “cosa pubblica”. Ha sempre mostrato una profonda attenzione al tema dell’autonomia come strumento di responsabilità e buon governo. Ricordo come proprio in un precedente festival ha lanciato un esplicito richiamo all’articolo 5 della Costituzione, che riconosce e promuove le autonomie».
E il rapporto con Meloni?
«Con Giorgia, con la premier Meloni, c’è amicizia e sinergia. C’è un confronto istituzionale franco, leale, rispettoso. Ha ridato centralità al nostro Paese, con una capacità di relazioni internazionali che non vedevamo da molti anni. Ha coraggio e visione, con lei c’è un dialogo aperto sulle riforme. Sono davvero lieto di poterla accogliere martedì alla Fenice».
In una stagione di dazi e geopolitica l’autonomia è ancora un tema attuale?
«È ancora più attuale. L’autonomia è la risposta italiana alla complessità globale. È la capacità di far funzionare meglio i servizi, di valorizzare le eccellenze, di rafforzare la competitività dei territori in un mondo che cambia. L’autonomia è mettere ogni Regione in condizione di dare il massimo dentro un progetto nazionale condiviso. È rendere lo Stato più forte perché più efficiente».
Quale può essere il ruolo del Veneto in un contesto nazionale di regionalismo?
«Abbiamo dimostrato al Paese che è possibile gestire la cosa pubblica in modo serio, virtuoso, trasparente. Che si può innovare senza sprecare, fare sanità pubblica di qualità, investire nel sociale, nelle imprese, nella cultura. Il ruolo del Veneto oggi è quello di testimoniare che un’autonomia responsabile non solo è possibile, ma è auspicabile. Non chiediamo privilegi. Chiediamo solo di poter lavorare meglio».
Cosa pensa di aver dato lei in termini di valore aggiunto?
«Credo di aver dato orgoglio e consapevolezza ai veneti, gente che produce risultati, che costruisce valore ma che per troppo tempo non ha avuto un riconoscimento adeguato, né in termini di immagine né di peso istituzionale. Oggi, un veneto che si muove in Italia lo fa a testa alta. Non siamo solo una terra di imprese e artigiani, siamo una regione che sa innovare a livello globale, pianificare nuovi processi, dialogare con le istituzioni nazionali ed europee».
Cosa manca ancora in termini di regionalismo?
«Manca il pieno riconoscimento del valore delle Regioni come pilastro della Repubblica. Siamo ancora in una fase in cui troppo spesso si guarda al centro per avere soluzioni che invece devono nascere dai territori. Serve più fiducia, più coraggio, più cultura del federalismo responsabile. E serve anche un grande investimento nei giovani e nell’innovazione. Il Veneto, da questo punto di vista, è pronto».
Cosa dovrà fare il suo successore?
«Il Veneto che oggi riconsegno è una regione che ha standing internazionale e una reputazione unica. Non bisogna perdere questo livello. Dovrà poi mantenere ogni parola data alla nostra gente. Ma soprattutto, dovrà difendere e portare avanti l’autonomia, facendone un’architrave dello sviluppo regionale».
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