Ius scholae, la mossa di Tajani per trattare sulle nomine

Non c’è nessuno in tutto l’arco parlamentare disposto a credere che il leader azzurro sarà davvero disposto a portare a casa coi voti delle opposizioni la proposta di ius scholae. Per molti è solo un modo per fare la voce grossa al tavolo delle trattative. In ballo i candidati alle regionali, ma non solo

Carlo BertiniCarlo Bertini
Antonio Tajani, leader di Forza Italia
Antonio Tajani, leader di Forza Italia

Malgrado le buone intenzioni e la dovizia di particolari con cui ha voluto argomentare la differenza tra la proposta di Forza Italia e quella della cittadinanza in 5 anni bocciata dal referendum, non c’è nessuno in tutto l’arco parlamentare disposto a credere che Antonio Tajani sarà davvero disposto a portare a casa coi voti delle opposizioni la proposta di ius scholae.

Perfino nel suo partito sono molto scettici, per non dire in FdI e Lega: dove sono convinti che sia una mossa tattica per alzare la posta in vista delle trattative sulle candidature alle regionali. E non solo.

Nel Pd c’è chi ricorda come vi siano in ballo molte altre poltrone, dalla presidenza Rai alle nomine in scadenza delle partecipate dallo Stato, finanche le autorità portuali da rivendicare, visto che agli azzurri toccherà ben poco della torta elettorale.

Come spesso accade di questi tempi, è il senatore semplice Matteo Renzi che si incarica di guidare il bulldozer per disseppellire il terreno dalle “finte” aperture del centrodestra: è lui a ricordare a Tajani, presente in Senato per il question time, che l’amo dello ius scholae lo aveva già lanciato in pompa magna lo scorso agosto senza che se ne facesse poi nulla.

L’interessato si fa scudo della prassi che gli impone di rispondere sulla politica estera e non replica, ma l’eco dell’accusa di Renzi si ritrova perfino nelle battute degli azzurri più altolocati.

«Citofonare Tajani», rispondono quando gli si chiede il senso di questo rilancio. A dimostrazione che a diversi big azzurri non convinca «per niente» l’uso di questa arma spuntata per fare la voce grossa al tavolo delle trattative. Nei prossimi giorni è prevista un’accelerazione sulla scelta dei candidati in Veneto, Campania e sul pacchetto di richieste che ogni alleato avanzerà.

E che lo ius scholae sia arma spuntata lo dimostra la stroncatura senza appello ribadita da FdI e il pregresso di cui si discute tra i banchi del Pd: dove circola un appuntino esaustivo che placa gli entusiasmi di chi vorrebbe veder cadere il governo Meloni per mano di Tajani.

«Bisogna vedere fin dove si spingono: avevano aperto sul tema del sorteggio per rendere meno netta la separazione delle carriere e hanno ritirato la proposta. Anche sulle madri detenute si sono tirati indietro, idem sulla proposta di legge Giachetti per aumentare i giorni di liberazione anticipata e alleggerire l’affollamento delle carceri». Tutti esempi per far capire che l’affidabilità di questi passi avanti degli azzurri è scarsa.

Si può ipotizzare che l’attivismo di Tajani abbia un bersaglio preciso, Matteo Salvini: il quale, oltre a essere miracolosamente risalito nei sondaggi malgrado l’Autonomia sonnecchi e la pace fiscale pure, potrebbe portare a casa la candidatura unitaria del centrodestra in Veneto. Ma deve essere spinto a dire sì al ritorno di Flavio Tosi (ora segretario di FI in Veneto) come sindaco di Verona nel 2027, nonostante l’antipatia tra lui e Luca Zaia, nonché ad accettare una candidatura FI alla guida di Venezia.

In Rai, inoltre, resta bloccata la nomina del nuovo presidente e, in generale, le poltrone da assegnare sono ancora tante.

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