Serbia in ginocchio dopo la furiosa tempesta: case scoperchiate e raccolti andato in fumo
Decine di paesi ancora senza acqua corrente ed elettricità. L’epicentro a Ruma. Dichiarato lo stato di calamità anche a Sid

BELGRADO I segni della tempesta arrivata improvvisa mercoledì sera, una cosa «mai vista prima», così la descrivono all’unisono tutti i testimoni oculari, sono i campi di grano, centinaia e centinaia di ettari di preziose colture abbattute dal vento. E i girasoli, migliaia di fiori pronti per essere raccolti e che invece rimarranno quest’anno a terra, senza dare olio. Ma sono anche le case, semplici abitazioni di campagna, risultato di anni di sudati risparmi, con i camini caduti, tetti sventrati, tegole volate via per decine di metri e finite sulle strade, alberi schiantati, piloni della luce – in cemento – spezzati letteralmente a metà.
È lo scenario che si presenta attraversando villaggi e cittadine della Serbia nordoccidentale, regione dello Srem, da Sid – a un passo dal confine con la Croazia, da dove l’uragano si è propagato mercoledì sera con un’energia incredibile – passando per paesini come Kuzmin, Kukujevci, Erdevik e poi procedendo verso sud, verso Belgrado, la Serbia meridionale e oltre, non prima di aver lambito anche la Bosnia. Scenario di un Paese sotto choc, dove gli effetti dei cambiamenti climatici si toccano ormai con mano, anzi, sulla propria pelle e sul portafoglio.

«Ci sono dieci case dove il tetto è volato via», racconta già dal mattino presto Milan, un anziano di uno dei villaggi funestato dalla “supercella”, mentre altri – gli occhi che raccontano di una notte passata senza chiudere occhio – confermano di non aver mai visto niente del genere in tutta la loro vita. Conferma anche Ratko, un pensionato che si è ritirato nel paesino di Erdevik per coltivare la terra. «Era il tardo pomeriggio, stavo raccogliendo le cipolle nel campo quando, d’un tratto e senza preavviso, il cielo si è oscurato e ha cominciato a infuriare un vento impetuoso, sono riuscito a scappare per miracolo», racconta di quel mercoledì che ha sconvolto gran parte dei Balcani centrali.

Una sua vicina, ancora in lacrime, continua intanto a indicare sgomenta il tetto sventrato e piange per gli elettrodomestici da buttare per la casa allagata, mentre il contadino Sava parla di «150 tegole volate dal tetto e di tanti alberi del frutteto atterrati», ma si dispera più che altro per «il raccolto completamente perduto». Zdravka, moglie di un meccanico specializzato in trattori, intanto spazza via dall’ingresso di casa rami e foglie cadute.
«Ho due grossi cani, quando si è alzato il vento erano nel cortile e venivano trasportati dalle raffiche – racconta – e allora mi sono nascosta nella legnaia con loro, ho iniziato a piangere e a pregare che finisse in fretta». Poco più lontano, verso Sremska Mitrovica, scene e testimonianze simili, in un paesaggio violato dalla tempesta, con campanili asburgici decapitati della guglia, terreni agricoli e parchi devastati.
Ma è tutta la Serbia a contare i danni di quella che i media hanno battezzato la «super-tempesta del secolo», mentre moltissimi paesini, soprattutto nel nord, continuano a rimanere senz’acqua corrente, elettricità e con copertura cellulari ridotta. Non ci è scappato fortunatamente il morto, malgrado le voci circolate in serata, ma cinque sono i feriti gravi ricoverati a Belgrado, città dove persino gru sono state abbattute dal vento e l’aeroporto chiuso per alcune ore, mentre sono stati oltre 300 gli interventi dei vigili del fuoco in tutto il Paese.
Intanto le autorità hanno dichiarato lo stato d’emergenza a Sid, Sremska Mitrovica e Ruma, tra le città battute con più violenza dall’uragano. In tutto il Paese sono state decine i feriti leggeri, molti gli evacuati, i danni ancora incalcolabili, in particolare per le auto distrutte dagli alberi caduti. Nella vicina Bosnia-Erzegovina c’è stata anche una vittima, con molti feriti nel distretto di Brcko, oltre alle tre in Croazia e a quella registrata in Slovenia.
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