Le sanzioni alla Nis bloccano l’unica raffineria della Serbia

Produzione interrotta a Pančevo nell’impianto della società controllata da Mosca: corsa contro il tempo per vendere le quote azionarie russe

Stefano Giantin
L'impianto di Pančevo in Serbia
L'impianto di Pančevo in Serbia

Il temutissimo D-day è arrivato puntuale martedì. A poca distanza da Belgrado, una mega-raffineria, l’unica del Paese, un colosso capace di processare quasi cinque milioni di tonnellate di greggio all’anno e fondamentale per la stabilità del Paese, ha silenziosamente ridotto al minimo le attività – anche se non si tratta ancora di una cessazione a tutti gli effetti.

Sta di fatto che, al mattino, il gigante è entrato in una sorta di letargo, il cosiddetto stato di “circolazione calda”, con la produzione interrotta, il motore tenuto al minimo, per mantenere sicuro e stabile il sistema in vista di una ripartenza che, al momento, non si intravede all’orizzonte.

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È lo scenario che comprensibilmente inquieta i serbi e le autorità al potere, osservato martedì a Pančevo, cittadina industriale a pochi chilometri dalla capitale, alla grande raffineria della Naftna Industrija Srbije (Nis), il colosso nazionale degli idrocarburi, ancora controllato da Mosca. E per questo su Nis gravano da inizio ottobre pesanti sanzioni Usa.

Pančevo che, dopo non aver ricevuto greggio via oleodotto dalla Croazia a causa delle misure punitive di Washington, da martedì è stata obbligata a entrare in una sorta di letargo, ha confermato Nis. La raffineria «lavora a ritmo ridotto» e «abbiamo ancora quattro giorni fino al completo spegnimento», ha precisato da parte sua in Tv il presidente Aleksandar Vučić, visibilmente preoccupato. E i timori sono fondati, perché se Washington non tenderà la mano, leggi una sospensione delle sanzioni, non in vista, da giovedì il blocco sarà totale, ha anticipato Vučić.

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Il discorso del presidente serbo Aleksandar Vučić sulle sanzioni al colosso dell’energia Nis. FOTO ANDREJ CUKIC

Nello scenario più cupo, quest’ultimo, la Serbia rischia grosso, perché per far ripartire un gigante delle dimensioni di Pančevo servirebbero «14 giorni», forse anche venti, ha previsto il leader serbo. Non è finita, perché ora c’è anche il rischio delle «sanzioni secondarie» contro le banche che operano nel Paese balcanico, se saranno colte in fallo, ossia a cooperare con Nis. Unico fattore relativamente positivo, le riserve strategiche di carburante, che dovrebbero permettere alla Serbia di andare avanti per svariate settimane.

Ma bisogna nel frattempo, prima che sia troppo tardi, sanare il vulnus principale, ossia sciogliere il nodo della proprietà di Nis con l’uscita totale di Gazprom dal management dell’impresa. Come si muoverà Belgrado? Ancora una volta con i guanti di velluto, senza nazionalizzare, per non irritare Mosca. «Siamo pronti a subire tutte le conseguenze per i prossimi 50 giorni, a sopportare che la raffineria non funzioni», perché in quel frangente sarà lo Stato a garantire «un approvvigionamento sufficiente», ha spiegato Vučić.

«Ma dopo 50 giorni, se non si raggiunge un accordo di acquisto» delle quote russe da parte di qualche compratore – che sia ungherese o arabo – «non avremo scelta». Anche in quel caso «non nazionalizzeremo immediatamente, ma istituiremo una nostra amministrazione e poi offriremo il prezzo più alto possibile e pagheremo il prezzo più alto possibile ai nostri amici russi». Per ricomprare Nis.

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