In vigore le sanzioni Usa alla Nis, il presidente serbo Vučić: «Riserve ok da qui al 2026»

Nel breve periodo sono coperte le forniture di carburanti e combustibile per il riscaldamento. Ma poi?

Stefano Giantin
Il discorso del presidente serbo Aleksandar Vučić sulle sanzioni al colosso dell’energia Nis. FOTO ANDREJ CUKIC
Il discorso del presidente serbo Aleksandar Vučić sulle sanzioni al colosso dell’energia Nis. FOTO ANDREJ CUKIC

Il giorno del redde rationem. Sarà ricordato così, in Serbia, il 9 ottobre, data in cui sono diventate efficaci le temutissime sanzioni Usa contro il gigante serbo degli idrocarburi, Naftna Industrija Srbije (Nis), finito nel mirino di Washington al tramonto dell’amministrazione Biden perché controllato dai russi di Gazprom. Non c’è stata un’inversione di marcia neppure con la presidenza Trump, che, dopo numerosi rinvii, ha proprio confermato che è arrivato il momento di fare sul serio, trasformando Nis in un “paria” a livello globale perché ramo della galassia russa delle imprese energetiche.

Cosa succede ora? «Nis sta lavorando per affrontare questa situazione», ha fatto sapere ieri mattina il management dell’azienda, dal 2008 sotto controllo russo. Ma nulla di drammatico attende per ora i serbi, ha ribadito Nis, specificando di avere «sufficienti riserve di greggio per la raffinazione» e che tutte le centinaia di stazioni di servizio disseminate in Serbia e nei Paesi confinanti «sono ampiamente rifornite di tutti i tipi di carburante». Qualche passaggio sicuramente potrebbe diventare più difficile nel breve periodo, ad esempio pagare con bancomat o carte di credito “occidentali”, che difficilmente potranno essere processate da Nis. Chi andrà a fare benzina, dunque, potrebbe essere obbligato a usare i contanti o carte serbe come la “Dina”.

Ma è sul medio-lungo periodo che le preoccupazioni sono crescenti. E giustificate. Le sanzioni sono «una brutta notizia per la Serbia per svariate ragioni», ha confermato ieri il presidente Vučić, in un discorso alla nazione trasmesso dalla Tv pubblica Rts. Discorso durante il quale il leader serbo ha svelato che la grande raffineria di Pančevo ha riserve per operare ancora solo fino al primo novembre. Dopo quella data, il destino del gigante Nis rimane incerto, soprattutto dopo che dalla Croazia è arrivata la notizia che Janaf, gestore dell’Oleodotto adriatico – quello che rifornisce la Serbia –, ha evidenziato l’avvenuta impossibilità di «rispettare le attività concordate» dal contratto di fornitura a Belgrado.

Leggi, il rubinetto del greggio dalla Croazia potrebbe essere chiuso. Ci sono però anche dei motivi di relativo ottimismo. Nelle riserve nazionali ci sono «342 mila tonnellate di diesel e più di 66 mila di benzina», mentre sul fronte dell’olio combustibile, pilastro per il teleriscaldamento delle grandi città, la Serbia è coperta «per un anno», ha assicurato sempre Vučić.

In pratica, tutti i depositi sono pieni fino all’orlo, «non sappiamo più dove mettere» il carburante, ha detto il presidente. In pratica, «fino al nuovo anno non avremo problemi» con benzina, diesel e riscaldamento, la rassicurazione. Ma ci sono anche seri motivi di apprensione su altri fronti, come il carburante per aerei. Di certo, le sanzioni a Nis «avranno conseguenze estreme per l’intero Paese, politicamente, economicamente e socialmente», ha anticipato Vučić.

Come risolvere il problema alla radice? La nazionalizzazione rimane un’opzione non percorribile, ha ribadito Belgrado. «La nostra mano è tesa, siamo pronti» ad acquistare Nis, l’offerta-choc arrivata invece da Zagabria. Le sanzioni «non sono contro il popolo serbo», Belgrado espella i russi da Nis e tutto sarà risolto, ha fatto intanto sapere l’ambasciata Usa a Belgrado. E ancora una volta i giochi si fanno esclusivamente a Mosca. —

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